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Lavanderia a Vapore – Collegno | Piemonte dal Vivo

Il Blog TeatroD@ms Torino, è lieto di invitare tutti i nostri cari lettori all’incontro organizzato presso l’università con la Lavanderia a Vapore, che incontrerà gli studenti e non solo, per presentarsi e raccontare i propri progetti e la sua ricca programmazione di danza e teatro dell’anno 2017/2018.

L’incontro si terrà mercoledì 22 novembre ore 12, aula 25 di Palazzo Nuovo.

Vi aspettiamo Numerosi!!

La Lavanderia è un centro coreografico di notevole importanza nel contesto italiano ed europeo, nonché sede di rassegne, progetti e programmazioni di danza e di teatro di alta qualità.

Team TeatroD@ams

NID Platform 2017 – Le mode e le manie italiane della danza contemporanea

La piattaforma nel gergo del mercato dello spettacolo dal vivo è uno spazio espositivo nel quale gli artisti possono presentare i loro lavori direttamente ad un gran numero di operatori, riuniti a raccolta, che diversamente sarebbe difficile raggiungere. Direttori di teatri, di circuiti e di festival sono chiamati a vedere quella che viene considerata dalla commissione preposta alle scelte la migliore offerta di spettacolo di cui dispone un determinato territorio. Qui si possono incontrare direttamente artisti e compagnie senza mediazioni e (in teoria) senza pregiudizi, per acquistare, promuovere, supportare le produzioni che si reputano più adatte al settore di riferimento. Un “testa a testa” fra domanda e offerta che prende anche il nome, più appropriatamente, di vetrina.

Nel caso della NID Platform, manifestazione giunta quest’anno alla sua quarta edizione e tenutasi a Gorizia, al confine italiano con la Slovenia, il prodotto al centro dell’attenzione del mercato è la nuova danza italiana: New Italian Dance è infatti il significato dell’acronimo che le dà il nome. L’obiettivo della vetrina è quindi, oltre a vendere le produzioni proposte, quello di creare una solida rete attraverso la circuitazione coreografica che arrivi ad attrarre anche operatori stranieri, così da far competere la danza locale sui mercati internazionali.

Diciassette spettacoli, proiezioni cinematografiche, lezioni, convegni e tavole rotonde animano Gorizia nei quattro giorni della vetrina, rilevando e consolidando l’importanza e l’autonomia che l’arte tersicorea è andata rapidamente assumendo negli ultimi anni, attraverso una capillare diffusione del suo linguaggio su più strati sociali. Un processo di crescita che è frutto di precise politiche di multidisciplinarità e di audience development oggi condivise da tutto il sistema dello spettacolo, a loro volta inserite nella più vasta direzione dell’internazionalizzazione dei mercati. Strategia, questa, espressamente finalizzata ad una migliore e più fertile comunicazione tra sistemi, tanto produttivi quanto culturali, di diversi paesi. L’europeismo, o mondialismo che dir si voglia, svolge infatti in epoca contemporanea un ruolo per niente secondario ai fini della nuova definizione storica, estetica e filosofica dell’attività artistico-culturale propria di ogni paese, settore, contesto umano. Per quel che riguarda la produzione coreutica basti sottolineare che quest’anno si è scelta come regione ospitante la vetrina di danza il Friuli-Venezia-Giulia, al confine strategico fra Italia e Slovenia. Ma se un confronto con l’Europa si è effettivamente ed inevitabilmente aperto sotto ogni aspetto, la coreografia italiana sarà in grado di far valere un suo linguaggio definito e condiviso, all’altezza di quelli rivali ed altrettanto capace di veicolare lo spirito nazionale (se di uno spirito nazionale ancora si può parlare)? La domanda è viva e necessaria. Le mode che l’appuntamento NID ha presentato al pubblico di operatori riguardano tendenze già più o meno sviluppatesi e consolidatesi all’interno del contesto della produzione della danza contemporanea. Ma quanto di italiano c’era in quello che abbiamo visto? Per farci un’idea proviamo a delineare una panoramica delle principali mode (e manie) ivi emerse ed i relativi nomi di punta che le han generate, soffermandoci sui soli spettacoli cui abbiamo assistito.

La più “classica” ed intramontabile tendenza riguarda una certa inclinazione esistenzialista, proveniente direttamente dalla tradizione drammaturgica novecentesca. Questa è sicuramente il motore di In girum imus nocte et consumimur igni, lungo e travagliato spettacolo di Roberto Castello, celebre coreografo torinese proveniente dalla storica esperienza dei Sosta Palmizi, che riflette sulla condizione umana appoggiandosi alle riflessioni ideologiche di Guy Debord, tra la denuncia e la commiserazione. Alla stessa linea guida appartiene Everything is ok, un solo del giovane autore Marco D’Agostin che porta in scena il tacito disagio dello sguardo contemporaneo, costantemente sovraccaricato di immagini fino alla soglia della volgarità.

Una seconda attitudine sembra essere quella che interessa la riflessione digitale e la condizione umana nell’epoca del web, spesso condotta con tanto di software e computer direttamente utilizzati sul palco in tempo reale. A cimentarsi in questa sperimentazione è lo spettacolo Home alone, di Alessandro Sciarroni. Il coreografo marchigiano tenta però di strutturare il lavoro sposando anche i dettami di quella che si presenta come una terza tendenza della danza contemporanea: la produzione di spettacoli coreutici pensati appositamente per un pubblico giovane. Il risultato, un collage di più stilemi, confusi e non adeguatamente portati a compimento, sembra mancare di entusiasmo creativo. Anche Il gatto con gli stivali, realizzato appositamente per i più piccini da Roberto Lori, con la direzione artistica di Simona Bucci, adotta una drammaturgia ed una coreografia ancora troppo povere per convincere tanto gli adulti quanto i bambini.

Altra moda tutta contemporanea è quella di un’estetica del gesto tanto accurata da motivare da sola l’intero spettacolo di danza. È il caso di We_pop, breve pezzo di Davide Valrosso, fra i più giovani autori della vetrina, il quale, in scena con Maurizio Giunti (entrambi danzano nella Compagnia Virgilio Sieni), costruisce e decostruisce delicate linee plastiche e precisissime trame coreografiche che nel loro costante mutamento definiscono una sintesi tra universo concettuale e universo pop. Tendenza questa ampiamente condivisa da Trigger, attraente assolo di Annamaria Ajmone, coreografa e danzatrice altrettanto giovane, che abita spazi non teatrali costruendovi plastiche coreografie site-specific, scritte nel rispetto e nel dialogo con l’architettura degli ambienti in cui si inserisce e dei corpi del pubblico seduto intorno a lei. La danzatrice risponde alla condivisa necessità di abitare luoghi storici e/o inconsueti secondo modalità nuove e inattese, percorrendo quella che è sicuramente una diretta linea ideologica già propria di Virgilio Sieni, e che va oggi ampiamente diffondendosi tra i nuovi coreografi italiani.

Una danza meta-coreografica è poi quella di Silvia Gribaudi, autrice di R.OSA_ 10 esercizi per nuovi virtuosismi, che, attraverso il corpo atipico, per misure e capacità tecniche, di Claudia Marsicano, riflette con acume ed ironia sullo stesso mondo della danza, dello spettacolo e dell’apparire.

Infine citiamo ancora il doppio spettacolo della compagnia Aterballetto di Reggio Emilia, punto di riferimento per l’intera produzione coreica italiana, che già pochi giorni prima aveva registrato il sold out alla sua prima assoluta per Torino Danza. Cristiana Morganti è la coreografa del primo pezzo, Non sapevano dove lasciarmi…, al quale restituisce l’influenza della sua lunga collaborazione con Pina Bausch, attraverso citazioni, commistione di stili teatrali e coreici, attenzione nei confronti delle singole personalità degli interpreti. Il secondo pezzo è Wolf, dell’autore israeliano Hofesh Shechter, proveniente dalla Batsheva Dance Company di Ohad Naharin, e che della celebre compagnia ha conservato, esportandoli, i caratteri di potenza e di aggressività corale perfettamente inscritti in coreografie impeccabili, debitrci di quel “metodo Gaga” che ha reso famoso Naharin in tutto il mondo.

A questo punto vien da chiedersi quale sia, o quali siano, se ve ne sono, fra tutti gli stilemi qui sintetizzati (in modo assolutamente non esaustivo) quelli più specificatamente italiani? La domanda è aperta a tutti e da tutti la nostra danza necessita di una risposta. Ne va di una sana intesa critica, fondamentale al ristabilirsi di un rapporto di fiducia tra spettatore e mondo dello spettacolo. Nonché della possibilità di orientarsi nel complesso orizzonte contemporaneo in cui opera la danza stessa, nel quale non esistono più generi specifici e dove l’offerta sembra diventare pressoché illimitata. A sostegno di una rifondazione della fiducia dello spettatore ricordiamo che lavorare per incrementare il pubblico dello spettacolo dal vivo non significa né andare acriticamente incontro alle sue passioni, né convincerlo ad amare le novità: in entrambi i casi il rischio è di preservare la distanza fra spettatore e mondo dello spettacolo. Sul piano di un’etica della cultura, dove ancora se ne possa delineare una, creare un bisogno che non esiste è quanto di più anticulturale l’industria della cultura possa fare. In un indesiderabile contesto del genere si rischierebbe infatti l’affermazione incontrollata di una grossa quantità di produzione artistica che, non facendo più riferimento a nessun orizzonte di senso condiviso, verrebbe promulgata con volgarità nei confronti di un pubblico il quale, pur non avvertendone il bisogno, non saprebbe più far altro che subirla. La questione è molto complessa è non è permesso sottovalutarla.

Quello della NID Platform si è dimostrato tuttavia, al di là delle possibili problematiche di sostanza etica e di confronto internazionalista, un resoconto molto positivo. La danza contemporanea cresce e si vede, si ampliano il mercato ed il relativo pubblico interessato, gli spazi dedicati (festival, centri di produzione, programmazione all’interno dei teatri) aumentano di giorno in giorno. Ma soprattutto si sviluppa il rispetto nei confronti di una materia che aggrega e produce cultura ormai ben al di là della ristretta “comunità della danza”. La qualità coreografica è un prodotto gradualmente più riconoscibile e riconosciuto dal pubblico.

Se come emerso da dibattiti e conferenze tenutesi nel periodo della vetrina, la danza contemporanea si dimostra oggi il linguaggio che meglio veicola le più complesse tematiche sociali e i cruciali quesiti umani del nuovo millennio, e lo fa tra l’altro proponendo la ricerca più avanguardistica, quanto essa ha ancora da invidiare ad altre meno incisive forme d’intrattenimento? La specificità dell’espressione coreutica avverte davvero la necessità di essere “appoggiata” da quella teatrale? Tale prospettiva, che ha sicuramente motivo di esistere sul piano produttivo-economico, richiede una particolare accortezza nei confronti delle nuove estetiche coreiche affinché queste si conservino autonome e ne venga rispettato il naturale sviluppo.

 

Tobia Rossetti

CONFERENZA STAMPA FERTILI TERRENI TEATRO: TRE REALTA’ UNITE PER IL TEATRO CONTEMPORANEO

Il 24 Ottobre 2017 si è svolta, presso il Centro Culturale Polo del ‘900, la conferenza stampa di tre teatri che ormai fanno parte da tempo dell’orizzonte teatrale torinese. La novità di queste stagioni teatrali non sta nel fatto che vogliano parlare di alleanza e integrazione attraverso lo spettacolo, ma che in prima persona ci mostrino cosa vuol dire la parola “unione”: tre spazi, tre realtà e tre storie diverse che per la stagione 2017/2018 hanno deciso di creare una collaborazione per portare nella città di Torino il teatro contemporaneo, per far conoscere la nuova drammaturgia e per offrire al pubblico nuovi stimoli.

Tre stagioni teatrali che si incontrano: La Dolce Rivoluzione, Schegge INforOUT e Santa Cultura in Vincoli, organizzate rispettivamente da Tedacà e Il Mulino di Amleto, Il Cerchio di Gesso e Acti-Teatri Indipendenti, che trovano la propria dimora in tre teatri della periferia di Torino che vogliono così porsi all’attenzione dei cittadini: BellArte nel quartiere Parella, Cubo Teatro nella zona di Vanchiglietta e San Pietro in Vincoli vicino Porta Palazzo. Durante gli anni questi tre teatri hanno cercato di formare il pubblico, di porre l’attenzione sul teatro d’innovazione contemporaneo e proprio per questo sono diventati un punto di riferimento per giovani compagnie che hanno trovato uno spazio di prova e rappresentazione, e per artisti di livello nazionale che hanno individuato una dimensione ideale per esprimersi. Vista quindi la comunanza di intenti, è stato quasi automatico per le tre realtà incontrarsi e generare una stagione teatrale innovativa e comune, in collaborazione anche con Concentrica 2017, organizzata dal Teatro della Caduta.

Il primo intervento della presentazione di queste “tre stagioni in una”, coordinata dal direttore artistico di BellArte Simone Schinocca,  è stato dell’Assessora della Città di Torino – Attività e Manifestazioni Culturali Francesca Paola Leon che vede in questa proposta la giusta strada da percorrere, quella di collaborazione e scambio tra giovani artisti. Lo scambio infatti è sempre una vittoria,   e grazie ad esso quest’anno il pubblico dei tre teatri potrà ampliarsi e i cittadini potranno conoscere nuove stagioni e nuove modalità di fare teatro rispetto a quelle a cui erano abituati.

In seguito il Presidente della circoscrizione 4 Claudio Cerrato, che si presenta come affezionato già da anni alle iniziative del teatro BellArte, sottolinea la grande capacità e l’impegno di questi giovani che, partiti da realtà periferiche, sono riusciti ad ampliare la proposta a tutta la città, con un cartellone ricco e interessante, di spettacoli autoprodotti in grado di far pensare e sensibilizzare il pubblico.

Questa avventura ha due partner: la Compagnia di San Paolo e la Fondazione Piemonte dal Vivo, che si mostrano entrambi entusiasti di come questo progetto abbia le potenzialità per dare visibilità ad un tipo di arte che mai come oggi può servire a capire il nostro tempo e che può favorire la comprensione dei linguaggi contemporanei.

La parola passa quindi ai direttori artistici delle compagnie: Beppe Rosso (San Pietro in Vincoli) ribadisce come la nuova drammaturgia e i nuovi linguaggi siano la vocazione di queste tre realtà ormai unite e che uno spazio piccolo come quello che loro possono offrire (i tre teatri infatti hanno pochi posti) sia in realtà una ricchezza perché può permettere uno scambio tra attore e spettatore e un dialogo impossibili in teatri più grandi e strutturati diversamente. Ammette che questo non è un momento storico che stimola il teatro, ma proprio per questo chi lo ama deve lottare e con la loro stagione teatrale vogliono proprio essere incubatori di idee, proporre riflessioni a tutta la città, non solo nel “sottobosco” della periferia nella quale hanno fino ad adesso lavorato: Torino era la città – laboratorio d’Italia e deve tornare ad esserlo.

Marco Lorenzi (Il Mulino di Amleto) ci racconta la nascita di questo progetto, che non è solo di programmazione, perché nasce da una domanda che si è visto porre da molti durante la visita per lavoro a varie città italiane: cosa sta accadendo in Piemonte dal punto di vista dell’innovazione teatrale? Forse manca un sistema che permetta alla creatività dei giovani di venire fuori, e con il loro progetto vogliono proprio sopperire a questo problema, dato che in realtà ci sono tantissimi giovani e non solo che difendono l’unicità del teatro e non vogliono vederlo scomparire.

Girolamo Lucania (Il Cerchio di Gesso) parla invece di quanto sia per loro fondamentale il lavoro con il pubblico e in particolare il coinvolgimento degli studenti universitari e delle scuole secondarie, che vogliono stimolare a scrivere di teatro, a fare scrittura critica. Inoltre spiega che una delle cose più importanti per loro è far sapere alle compagnie di giovani che le nuove proposte saranno ascoltate e che da loro potranno trovare uno spazio sicuro per esprimersi: Il Paese e la sua comunità devono essere raccontati per lasciare traccia di noi nella storia, e niente meglio del potere delle parole e del segno teatrale può farlo.

L’ultimo intervento è quello dell’Assessora Regionale alla Cultura e Turismo Antonella Parigi, che offre a tutti i presenti diversi spunti di riflessione: premettendo che nelle leggi italiane ci sono dei grossi limiti a causa dei quali gli artisti non sono riconosciuti e che il Paese non sembra creare un sistema che stimoli la nascita di una nuova drammaturgia italiana, la riflessione forse non va fatta sulla singola forma d’arte, ma sul perché la cultura non è più in grado di produrre trasformazioni sociali, creare consapevolezze, comunicare con un pubblico che non investe più nell’arte. Inoltre è forse necessario chiedersi, per chi lavora in teatro, perché il linguaggio teatrale ha subito un arresto nella ricerca e nell’innovazione ormai da anni e per quale motivo l’attenzione si è spostata verso altri linguaggi artistici come la danza e il circo.

Tutti noi abbiamo sicuramente cercato di rispondere interiormente a queste domande e la Conferenza in sé è stata un chiaro spunto di riflessione. Per iniziare non resta dunque che partecipare ad alcune delle iniziative proposte da queste tre rassegne teatrali.

Alice Del Mutolo

Teatro Stabile di Torino stagione teatrale 2017-18, conferenza stampa

Giovedì 11 maggio presso il Teatro Carignano si è tenuta la conferenza stampa del Teatro Stabile di Torino riguardante il programma della stagione teatrale 2017-18 .  Sono intervenuti il presidente Lamberto Vallarino Gancia, il direttore Filippo Fonsatti, il direttore artistico Mario Martone, il nuovo direttore artistico che entrerà in carica dall’inizio del 2018, Valerio Binasco, le assessore alla cultura Francesca Paola Leon e Antonella ParigiBarbara Graffino, membro del consiglio generale della Compagnia di San Paolo.

Il presidente  Lamberto Vallarino Gancia  ha espresso, a nome suo e del Consiglio di Amministrazione, i più sinceri auguri al nuovo direttore artistico Valerio Binasco, ai collaboratori dello Stabile e a Mario Martone, per l’ottimo lavoro che ha svolto negli ultimi dieci anni. Ha introdotto poi il direttore Filippo Fonsatti, ricordando quanto sforzo comporti creare un cartellone teatrale come quello dello Stabile e ha mostrato gli indicatori chiave della stagione scorsa. Lo Stabile di Torino si conferma al secondo posto tra i Teatri Nazionali nella classifica ministeriale grazie ad un’alta qualità dei progetti artistici, al contributo economico garantito dai Soci Aderenti e soprattutto grazie al lavoro svolto dallo staff.

La cultura è fondamentale per la crescita di un territorio. La nuova stagione comprenderà 16 produzioni, di cui 5 nuove produzioni esecutive, 6 nuove coproduzioni e 5 riprese, tra cui 29 spettacoli ospiti e 24 spettacoli programmati per la rassegna Torinodanza. Sono 69 gli spettacoli con grandi titoli di registi e attori che si sono affermati sulla scena scena nazionale e internazionale. Tra le produzioni troviamo molte rivisitazioni di testi classici: Don Giovanni di Molière con la regia di Valerio Binasco, Le baruffe chiazzotte di Carlo Goldoni con la regia di Jurij Ferrini, L’illusion Comique di Pierre Corneile con la regia di Fabrizio Falco e Le Baccanti di Euripide con la regia di Andrea De Rosa. Ma troviamo anche una vasta gamma di produzioni contemporanee come Il sindaco del rione Sanità di Eduardo De Filippo con la regia di Mario Martone, Il nome della rosa di Umberto Eco con la regia di Leo Muscato, L’Arialda di Giovanni Testori con la regia di Valter Malosti, Galois di Paolo Giordano con la regia di Fabrizio Falco, Emone. La traggedia de Antigone seconno lo cunto de lo innamorato di Antonio Piccolo con la regia di Raffaele Di Florio e Da questa parte del mare di Gianmaria Testa con la regia di Giorgio Gallione. Prosegue la collaborazione con le compagnie teatrali della città di Torino: importante la coproduzione di Lear, schiavo d’amore dei Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa che debutterà in prima nazionale al Teatro Gobetti con la regia di Marco Isidori, inoltre anche Mistero Buffo di Dario Fo prodotto dal Teatro della Caduta con la regia di Eugenio Allegri, Alice nel paese delle meraviglie prodotto dal Mulino di Amleto con la regia di Marco Lorenzi e La bella addormentata con la regia di Elena Serra.
Il teatro pubblico non è la casa di un singolo artista, è un cantiere aperto dove i registi al lavoro devono essere numerosi e diversi tra loro, con un orizzonte comune ovvero la direzione artistica per evitare che gli spettacoli siano un assemblaggio di merci su uno scaffale. Per questo nella stagione prossima si punterà ad una riflessione su temi del nostro mondo complesso, dal micro al macro, della dimensione sociale mononucleare a quella di massa destinato a raggiungere la dimensione G-zero. Ad esempio con il pluripremiato Disgraced di Ayad Akhtar, in cui fuoriesce la tensione culturale all’interno del salotto borghese, con la regia di Martin Kušej.

Tra i dati riportati da Filippo Fonsatti è importante sottolineare che tra il 2015 e il 2016 c’è stato un aumento del 85% delle vendite dei biglietti e che purtroppo quest’anno ci sarà un aumento dei prezzi, eccetto che per gli studenti. Si è parlato molto anche di giovani, infatti Lo Stabile collabora con la Scuola di formazione per Attori e ben 128 artisti e tecnici sono under 40 e altri 45 sono under 30. Perché il teatro comprende tutti coloro che lavorano al suo interno, non solo gli attori ma anche i tecnici che lavorano dietro le quinte.
Inoltre c’è il desiderio di variegare le fasce di spettatori, comprendendo molti giovani e offrendo la possibilità a  un pubblico di  estrazione sociale e di grado di istruzione diversi fra loro di dialogare, perciò assieme alla Fondazione CRT, il Teatro Stabile offre gratuitamente 1.000 abbonamenti per cittadini a basso reddito.

A seguire è intervenuto Mario Martone, presentandosi per l’ultima volta pubblicamente come direttore artistico e lasciando in eredità il suo ruolo al successore Valerio Binasco, regista e attore tra i più apprezzati e premiati della scena italiana. Martone ha sostenuto che il teatro è una macchina che ha bisogno di una buona conduzione gestionale, dove è importante l’elemento razionale ma anche una certa imprevidibilità e follia degli artisti. La parola è poi passata a Valerio Binasco che si è presentato entusiasta di continuare a lavorare con solidità e coerenza sulle tracce del collega Martone, con attenzione ai temi della contemporaneità riletti in modo innovativo ed originale, prestando attenzione alla valorizzazione dei giovani talenti. Durante il suo intervento ha sottolineato quanto sia importante che il teatro rifletta e si interroghi sulla realtà che ci circonda.

“Il teatro non è un semplice luogo dove si svolgono le rappresentazioni teatrali ma è un luogo di vita quotidiana.” ha aggiunto Barbara Graffino,  che è intervenuta assieme agli assessori.

Resoconto scritto da Floriana Pace e Andreea Hutanu.

TEATRO STABILE DI TORINO – TEATRO NAZIONALE
@Presidente: Lamberto Vallerino Gancia
@Direttore: Filippo Fonsatti
@Direttore artistico: Mario Martone
@Consiglio d’Amministrazione: 
Lamberto Vallerino Gancia
Riccardo Ghidella (Vicepresidente)
Mario Fatibene
Cristina Giovando
Caterina Ginzburg
@Collegio dei Revisori dei Conti:
Luca Piovane (Presidente)
Flavio Servato
Stefania Branca
@Consiglio degli Aderenti:
Città di Torino
Regione Piemonte
Compagnia di San Paolo
Fondazione CRT
Città di Moncalieri (Sostenitore)

INFORMAZIONI. Biglietteria del Teatro Stabile di Torino: Teatro Gobetti, via Rossini 8 – Torino. Tel. 011 5169555 – Numero verde 800.235.333 – info@teatrostabiletorino.it

XXII Festival delle Colline Torinesi , Conferenza Stampa

Mercoledì 19 aprile presso il Goethe-Institut ha avuto luogo la conferenza stampa di presentazione della XXII edizione del Festival delle Colline Torinesi, un appuntamento da non perdere dedicato alla creazione teatrale contemporanea. Dialogano sull’argomento: Jessica Kraatz Magri, direttrice dell’Istituto Culturale della Repubblica Federale di Germania, Sergio Ariotti, direttore del Festival, Antonella Parigi, assessore della regione e Barbara Graffino (Compagnia di San Paolo).

Qui si racconta e si anticipa un’edizione tutta dedicata alla donna, che porta alla ribalta moltissime autrici (come Sasha Marianna Salzmann, Mirjana Bobic Mojsilovic, Milena Costanzo..), registe (tra le quali Paola Rota, Daniela Nicolò, Fiona Sansone, Chiara Guidi..) nonché interpreti e performer di altissima qualità. E, come se non bastasse, di una donna è anche il segno d’artista del Festival 2017: parliamo di Marisa Mertz, artista italiana di altissimo talento, per di più unica rappresentante femminile della corrente dell’Arte Povera. Ventisette sono le compagnie che presentano i loro lavori, alcuni dei quali sono in prima assoluta (altri in prima nazionale o quantomeno regionale), con nomi di spicco della creazione contemporanea. Diciannove i giorni a disposizione (4/22 giugno).
Italia, Germania, Grecia, Serbia, Somalia e Libano sono invece i Paesi ospiti da cui provengono gli spettacoli internazionali.
Segio Ariotti ha guidato i presenti nella lettura del programma, attraverso un breve ma efficace focus sugli spettacoli, raggruppabili per famiglie tematiche. Delle ventisette rappresentazioni complessive, sei presentano al centro dell’attenzione poetesse e letterate. Tra queste vanno ricordate: Lettere della notte, che vede l’incontro tra Chiara Guidi e Nelly Sachs, scrittrice e poetessa tedesca di origine ebraica, Premio Nobel 1966; L’amica geniale, che prende spunto dal notissimo ciclo di romanzi dell’autrice senza volto Elena Ferrante; Il cielo non è un fondale, un atto drammatico apparentemente “senza trama e senza finale” che prova a restituirci i continui spostamenti di senso tra quello che noi siamo e quello che ci succede intorno; Emily di e con Milena Costanzo, seconda parte del progetto su Sexton, Dickinson e Weil; Amelia la strega che ammalia and friends (dove Amelia è Amelia Rosselli) di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa e Corale numero uno, di e con Elena Bucci, che racconta di una singolare e sventurata eroina zingara, Bronislawa Wajs (nome d’arte Papusza), poetessa anch’essa, liberamente tratto dal testo Sputa tre volte di Davide Reviati, uno dei più interessanti autori di graphic novel internazionale.
Hanno invece a che fare con l’identità di genere, tema principe dell’edizione passata, dal quale il festival non sembra essersi ancora liberato del tutto –continua a spiegare il direttore- , lo spettacolo dei Motus, che ritornano a furor di popolo con Raffiche, reinvenzione di una pièce minore di Jean Genet, in una versione provocatoriamente al femminile; Pedigree, messa in scena di un testo inedito, firmato da Valeria Raimondi e Enrico Castellani, dedicato alle famiglie arcobaleno; 50 Grades of Shame, lo spettacolo del collettivo femminile tedesco She She Pop, appuntamento clou del cartellone 2017; Masculu e Fiammina di e con Saverio La Ruina, che interpreta un uomo che racconta se stesso e la propria identità sessuale davanti alla tomba della madre, e infine un performer greco, Euripides Laskaridis, il quale con Titans, nome dello spettacolo, propone le sue trasformazioni, cercando di comprendere perché facciamo ciò che facciamo e di cosa abbiamo realmente bisogno.
Un altro gruppo di titoli combina teatro e musica. Allora nominiamo: Abebech-Fiore che sboccia fiore che sboccia, spettacolo di Saba Anglana, cantante italo-somala, dedicato al sacro nella cultura d’Etiopia, con un personaggio meraviglioso di nonna sullo sfondo; Personale Politico Pentothal che vede in scena Marta Dalla Via, accompagnata dal vivo da cinque rapper; The black’s tales tour di Licia Lanera, al dancing neo-liberty Le Roi Music Hall, la cui architettura, particolare e suggestiva venne progettata nel ’59 dal famosissimo architetto Carlo Mollino.
Infine l’ultima famiglia tematica, che raccoglie tra gli spettacoli del cartellone quelli che presentano interessanti legami con il cinema. Tra questi: Roberta va sulla luna, Ifigenia in Cardiff, con le regia di Valter Malosti, Pixelated Revolution, So little time, Elephant woman, Zoo(m)out, ed infine il lavoro dei fratelli De Serio, Stanze/Qolalka, pronto ad anticipare il nuovo triennio dedicato alle diaspore. Un altro percorso che si completa al Festival è quello di Elvira Frosini e Daniele Timpano. I due presentano Acqua di colonia che affronta il tema del colonialismo italiano. Da non dimenticare, ovviamente, i molti giovani artisti, in relazione ai quali menzioniamo: Diario di una casalinga serba, tratto dal romanzo omonimo di Mirjana Bobic Mojsilovic, L’inquilino, Human animal, Educazione sentimentale. Un cenno finale naturalmente va alla drammaturga prescelta: Sasha Marianna Salzmann, la quale porta in scena Lingua Madre Mameloschn, il cui spettacolo fa parte del progetto Fabulamundi.Playwriting Europe della Pav di Roma ed è coprodotto dallo Stabile di Genova.

Ma il festival non si riduce al cartellone. Al contrario, porta con sé interessanti appuntamenti, approfondimenti ed esposizioni, che arricchiscono e coronano l’appuntamento torinese. Prosegue il progetto “Mezz’ora con..” a cura di Laura Bevione, che consiste in incontri con gli artisti del Festival (e non solo), al quale si aggiungono “Un teatro pieno di interrogativi”, tre incontri per ricordare il Convegno di Ivrea, che nel giugno 1967 radunò alcuni protagonisti del cambiamento teatrale allora in atto e “Cinema in scena” in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema, che prevede, come ogni anno, proiezioni abbinate agli spettacoli in cartellone. Non solo. Ritorna l’appuntamento con gli allievi del corso di laurea in Dams che raccontano attraverso il loro blog (teatrodamstorino.it) la realtà del festival tramite interviste agli artisti, presentazioni, approfondimenti e recensioni degli spettacoli, e Tipstheater, una piattaforma web ideata da Valentina Passalacqua, Giulia Menegatti e Chiara Lombardo dedicata a spettatori, compagnie teatrali, organizzatori.

Per concludere, e a voler sottolineare la forte transculturalità che permea il Festival e che quest’ultimo a sua volta effonde e restituisce, uso l’espressione inglese “last but not least”, per parlare della complicità necessaria e vitale dello spettatore, al quale si richiede, come ogni anno, curiosità e partecipazione. Per i più affamati e impazienti segnaliamo allora le due settimane speciali (20/4-3/5) durante le quali i biglietti possono essere comprati online a prezzi scontatissimi. In alternativa i punti vendita dal 20 aprile sono il Teatro Astra, Rivendite vivaticket, infopiemonte-Torinocultura, vendita serale (online: www.vivaticket.it).
Vi aspettiamo!

@Contatti (per info e abbonamenti):+3901119740291; +393462195112; +info@festivaldellecolline.it
@Luoghi: Le Roi Music Hall (Via Stradella 8), Scuola Holden (Piazza Borgo Dora 49), Polo del ‘900 (Corso Valdocco ang. Via del Carmine), Pratici e Vaporosi (Via Donizetti 13), Ristorante Marechiaro (Via San Francesco d’Assisi 21), Teatro Astra, Teatro Gobetti, Teatro Marcidofilm!, Serming- Arsenale della Pace (piazza Borgo Dora 61), Casa Teatro Ragazzi e Giovani (Coso Galileo Ferraris 266), Cinema Massimo, Le Petit Hotel.
@Sponsor e collaboratori: Regione Piemonte, Città Di Torino, Compagnia Di San Paolo, Teatro Stabile Torino-Teatro Nazionale, Fondazione Piemonte dal Vivo, Fondazione Crt..
@Media partner: La Repubblica, RaiRadio3, Torinosette, TrovaFestival, klpteatro.it, Radioenergy.

L’ultima performance: la vita

All’interno della stagione del TPE Teatro Piemonte Europa, Eros Pagni va in scena con Minetti di Thomas Bernhard, testo classico del teatro contemporaneo. Un magistrale attore diretto da un amico, Marco Sciaccaluga; due artisti che sono riusciti a trovare una perfetta intesa e a creare una reciproca collaborazione. Lo spettacolo prodotto dal Teatro stabile di Genova è stato in scena a Torino dal 15 al 19 febbraio.

Minetti racconta la storia di un attore ormai anziano, Bernhard Minetti appunto, che viene chiamato per interpretare uno spettacolo che segnerebbe il suo ritorno sulla scena teatrale dopo trent’anni di assenza. Minetti arriva dunque all’albergo e attende il suo amico e direttore del teatro, che gli ha dato appuntamento nella hall la notte di San Silvestro. Quest’ultimo tarda però ad arrivare; durante la lunga attesa l’attore incontra vari ospiti che alloggiano all’hotel, e racconta loro in modo ossessivo la storia della sua vita. Il suo attaccamento quasi morboso al passato si manifesta fin da subito, non solo tramite le storie che racconta, spesso ridondanti e sempre uguali, ma anche nell’atteggiamento che ha nei confronti della sua valigia. Questa, dalla quale non si allontana mai, contiene infatti un oggetto estremamente prezioso: la maschera del Re Lear. Il vecchio attore racconta con passione di come la sua  interpretazione del dramma shakespeariano lo abbia portato al successo, interpretazione però dalla quale non è più riuscito a separarsi, e lo capiamo dai racconti della sua vita quotidiana. Egli stesso afferma che ogni giorno, facendosi la barba o preparando la cena, ripete la parte per almeno venti minuti, e ogni domenica l’intera opera. Minetti spaccia questo comportamento come un “tener viva la memoria”, in realtà guardandolo da un punto di vista esterno sembra più un disperato tentativo di sentirsi ancora un attore vivo e presente sulla scena.    Continua la lettura di L’ultima performance: la vita

Focus su “teatro «en plain air» / pop / urban / site-specific”

Mercoledì 10 ottobre, laboratorio Quazza, ore 17.00. A presenziare alla conferenza ci sono Beppe Navello (direttore del TPE di Torino) e i professori Alessandro Pontremoli (curatore della conferenza), Eva Marinai, Antonio Pizzo e Federica Mazzocchi. Il focus è sul teatro «en plain air» / pop / urban / site-specific.

Manca una presenza importante, quella di Silvia Bottiroli, curatrice di arti performative e Direttrice di Santarcangelo Festival (2012-2016). Per motivazioni personali non è potuta intervenire, ma ha tempestivamente risposto alle domande del professor Pontremoli via email, creando un documento di estremo interesse che abbiamo potuto ascoltare e che ha generato un dibattito intellettualmente stimolante, a cui si è aggiunto dalle ultime file della platea il professor Antonio Attisani.

Beppe Navello ha preso la parola per primo, pronto a correre alla conferenza stampa per presentare la stagione 2016/2017 del TPE. Ci ha raccontato la nascita di Teatro a corte, e ha così introdotto il tema dell’importanza del luogo nella scelta di far svolgere uno spettacolo fuori dal teatro. La scelta di un luogo non convenzionale come, in questo caso, un luogo storico. Gli spettacoli itineranti che hanno avuto luogo nel periodo del festival sono stati prevalentemente scelti all’interno di progetti internazionali, prediligendo quelli che si trovavano a un crocevia di forme, di generi, di stili: spettacoli inediti, circo, video-danza. L’obiettivo di Teatro a corte e dei suoi organizzatori è sempre stato trovare o, meglio, ricercare nuovi spazi di libertà. Il rapporto col luogo storico in cui questi spettacoli si sono svolti è centrale. Si tratta di un rapporto biunivoco che modifica la performance stessa, in uno scambio creativo che restituisce un’esperienza differente da quella che si potrebbe vivere all’interno di un teatro. Lo stesso spettacolo svolto in due location, se gli artisti lavorano in uno scambio attivo col luogo, diventa in ognuna uno spettacolo completamente diverso. L’unicità del teatro che fa sì che la stessa opera non sia mai uguale a se stessa per via di quell’asse verticale che collega gli artisti a un pubblico sempre nuovo, si colora di differenze inedite, di originali metamorfosi nel rapporto col luogo deputato alla performance. Il luogo stesso può così essere osservato e vissuto in maniera nuova.

Silvia Bottiroli
Silvia Bottiroli

Il contributo di Silvia Bottiroli ripercorre il suo lavoro con il Festival di Santarcangelo. Partendo dall’analisi del suo approccio curatoriale e di cosa questa figura significhi, Bottiroli delinea un quadro lucido del significato che può avere nel 2016 all’interno di un festival il teatro site-specific.

“Abbiamo inteso ogni edizione del festival come l’avvio di una traiettoria di ricerca, una corsa a perdifiato dentro alla complessità di alcuni concetti e alle loro implicazioni, cercando al contempo che questi non si trasformassero in gabbie tematiche. […] la nostra scelta derivava da una forma di onestà intellettuale rispetto al lavoro artistico, che non intendevamo ridurre all’interno di un concetto o rendere in qualche modo illustrativo rispetto a un’idea, un’ipotesi o una tesi curatoriale. Allo stesso tempo, per me era forte la necessità di creare un campo di tensione e a volte di battaglia, un contesto teorico leggibile, e soprattutto di affermare attraverso questo gesto che il teatro e la danza contemporanei sono soggetti e non solo oggetti di ricerca”.

Dopo aver esplorato grazie al suo contributo il nuovo rapporto col pubblico, lo statuto delle opere contemporanee nell’opinione pubblica e il superamento dello spettacolo come forma di rappresentazione e presentazione, viene dato il via al dibattito. Il teatro fuori dal teatro, fa notare il professor Pizzo, non è una novità dell’epoca contemporanea. E’ forse più onesto ammettere che la maggior parte della storia del teatro si è svolta al di fuori dei teatri. Come circoscrivere dunque l’oggetto in analisi? Tramite il fatto che questo nuovo rapporto col luogo storico è prettamente postmoderno, risponde Pontremoli. Si tratta di un passaggio fondamentale dallo spettacolo come forma di rappresentazione/presentazione a un nuovo principio di realtà. Questi scambi inaugurano una tavola rotonda estremamente partecipata, in un dibattito in cui si esprimono professori e studenti.

Queste due ore hanno lasciato qualcosa anche a chi non ha osato inserirsi nel discorso ma ha preferito farsi arricchire dalla riflessione collettiva, estremamente ricca di spunti. Speriamo che il contributo di Silvia Bottiroli venga pubblicato presto per poterlo leggere, discutere e, perché no, poter un giorno contribuire anche noi a questo dibattito così fecondo.

Seminario Internazionale di Teatro «In atelier. Processi creativi e dinamiche di relazione nelle “compagnie d’arte”»

Tra il 10 il 14 ottobre, il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Torino, in collaborazione con l’Université Paris 8 e con l’Università Italo-francese/Université Franco-italienne, organizzerà presso la propria sede di Palazzo Nuovo (nonché negli spazi del Rettorato, della Cavallerizza Reale e di Casa del Teatro Ragazzi e Giovani) un imperdibile Seminario Internazionale di Teatro dal titolo In atelier. Processi creativi e dinamiche di relazione nelle “compagnie d’arte”, che coinvolgerà studiosi, formazioni teatrali e relatori provenienti da tutto il mondo. L’evento, coordinato da Eva Marinai, Giulia Filacanapa ed Erica Magris, si preannuncia come una preziosa occasione di approfondimento e sperimentazione, vista la nutrita kermesse di incontri, tavole rotonde, workshop e perfomance. Sono invitati a partecipare tutti gli studenti dell’ateneo e chiunque fosse interessato a scoprire qualcosa in più sul mestiere dell’attore e sulla lunga storia delle “famiglie teatrali”. Tutti gli incontri sono ad ingresso libero (fino ad esaurimento posti). Per iscriversi ai laboratori delle compagnie Gli Omini e Les Têtes de Bois è necessario prenotarsi, scrivendo a eva.marinai@unito.it (i posti sono in esaurimento). Sarà possibile assistere allo spettacolo di Chiara Guidi il 12/10 alle ore 21 presso Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, previa prenotazione (contattare la Segreteria al numero: 011/19740280).

Dopo il salto sarà possibile consultare il programma dettagliato del Seminario. Vi aspettiamo numerosi!

Logo del Seminario Internazionale
Logo del Seminario Internazionale

 

10 ottobre, ore 10.00-12.00 (Aula 7, 1° piano di Palazzo Nuovo, via sant’Ottavio 20) e ore 17.30-19.30 (Laboratorio Quazza, seminterrato di Palazzo Nuovo); 11 ottobre, ore 10.00-12.00 (Aula 7, 1° piano di Palazzo Nuovo)

Gli Omini - ph: Gabriele Acerboni
Gli Omini – ph: Gabriele Acerboni

Gli Omini
Workshop sulla scrittura scenica a partire dai materiali raccolti in strada (racconti, testimonianze, gesti, suoni) condotto dalla
Compagnia: Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi, Giulia Zacchini

Gli Omini vogliono condividere con gli studenti il proprio metodo di lavoro. La compagnia dal 2006 crea i propri spettacoli tramite una ricerca continua sul campo, un campo che è la strada principale di un paesino, il bar, la chiesa, le stazioni, i treni, le scuole, le bocciofile. Negli anni hanno accumulato una quantità enorme di quello che loro chiamano “materiale umano”, una serie di racconti, confessioni, sfoghi che la gente incontrata ha lasciato loro in regalo. Un materiale che è stato lo spunto di molti spettacoli. Spettacoli che hanno in comune, oltre al metodo di costruzione, una comicità amara, la voglia di far riflettere lo spettatore attraverso il riso. Nei due giorni di laboratorio gli Omini metteranno a disposizione parte del loro archivio e allo stesso tempo faranno in modo che gli studenti stessi diventino un po’ Omini, facendoli indagare, ascoltare, scegliere e scrivere, per mettere in scena un piccolo spaccato di realtà.
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10 ottobre, ore 15.00-16.00 (Laboratorio Quazza, seminterrato di Palazzo Nuovo)

Teatro delle Ariette
Teatro delle Ariette

Teatro delle Ariette
Incontro su Teatro naturale? Moi, le couscous et Albert Camus a Parigi – a cura di Giulia Filacanapa e Erica Magris. Con 7′ del video-documentario sulla compagnia, realizzato da Livia Giunti per il progetto PHC Galilée 2016
+ ore 16.00-17.00: Focus su A. Camus e sulle “scritture sceniche” di L’étranger e Caligula
Tavola rotonda: Stefano Pasquini e Paola Berselli, Franca Bruera, Eva Marinai, Armando Petrini

«Abbiamo deciso di fare questo spettacolo per parlare dell’oggi. E per parlare dell’oggi abbiamo pensato di raccontare una storia di
molti anni fa, quando avevo 17 anni. L’incontro con l’amore mi ha aperto le strade della conoscenza, mi ha fatto mangiare per la prima
volta il couscous e mi ha fatto scoprire Lo straniero di Albert Camus, un libro che mi ha cambiato la vita e mi ha messo di fronte
all’eterno conflitto tra uomo naturale e uomo sociale. In questo nostro spettacolo si intrecciano e si confondono il passato e il presente: il passato della storia che raccontiamo e il presente dello spettacolo che stiamo facendo. Perché il teatro si fa solo al presente e parla solo di oggi anche quando racconta storie di molti anni fa » (Stefano Pasquini).

All’incontro con la Compagnia delle Ariette farà seguito un approfondimento sul teatro di Albert Camus e su alcune riscritture italiane, tra cui Caligola di Carmelo Bene e Lo straniero di Marco Baliani.
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11 ottobre, dalle ore 17.00 (Laboratorio Quazza, seminterrato di Palazzo Nuovo)

Silvia Bottiroli
Silvia Bottiroli

Silvia Bottiroli
Curatrice di arti performative, Direttrice di Santarcangelo Festival (2012-2016). Incontro a cura di Alessandro Pontremoli
Focus su Teatro «en plein air» /pop / urban /site-specific
Tavola rotonda: Silvia Bottiroli, Federica Mazzocchi, Beppe Navello, Alessandro Pontremoli, Antonio Pizzo

Scrive Fabrizio Cruciani nel suo volume Lo spazio del teatro: «Lo spazio non è soltanto una qualità della realtà fisica quanto piuttosto una struttura storica dell’esperienza; è qualcosa cioè che costruisce visione». Nel momento storico in cui ogni idea forma di teatro è stata
messa in crisi e smantellata, lo spettacolo sembra ritornare al momento che precede la nascita di questa idea forma: allo spazio del teatro medievale, alla piazza, al sagrato, alla strada. Gli spazi aperti sono tornati ad essere quelli in cui l’evento accade ed è qualificato non solo dall’azione del performer, ma dagli oggetti simbolo di fronte ai quali questa azione si consuma (simboli che acquistano senso e danno senso), e dai corpi di chi è presente a questa azione. Al di là del gioco di parole: la presenza è quella di chi qualifica questo spazio proprio in virtù della sua presenza.
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12 ottobre, ore 10.30-12.30 (Aula Magna della Cavallerizza Reale, Via Verdi 9)

Chiara Guidi (Societas)
Chiara Guidi (Societas)

Chiara Guidi (Societas), Tra voce e infanzia
Incontro a cura di Eva Marinai e Erica Magris
Con il patrocinio dell’Università di Torino

«Credo che il mio lavoro si ponga tra infanzia e voce, per la loro capacità di sollevare qualcosa che non si vede ancora e di credere in
ciò che ancora non è. Per questo voglio stare con la cultura di cui i bambini sono portatori. Stare con gli infanti, coloro che vivono
prima del linguaggio, per ritrovare la mia voce e per serrare in me il mistero della vita» (Chiara Guidi). L’artista ci renderà partecipi della sua poetica, raccontandoci il lavoro sulla “tecnica vocale” e il “metodo errante”, pratica che mette in gioco i due fronti della rappresentazione: l’azione e la recezione, includendo lo sguardo dei bambini e la loro tendenza spontanea a prendere iniziative.
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12 ottobre, ore 21.00 (Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, Corso Galileo Ferraris 266) – costo: 5 € (previa prenotazione)

Chiara Guidi (Societas), Relazione sulla verità retrogada della voce
Performance-concerto di e con Chiara Guidi
Con il patrocinio della Città di Torino e in collaborazione con la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani
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12 ottobre, ore 15.00-16.30 (Aula Multifunzione della Cavallerizza Reale)
* 14 ottobre, ore 15.00-18.00 (Aula Magna del Rettorato, ingresso da via Verdi 8 e da via Po 15)

Compagnie Les Têtes de Bois
Compagnie Les Têtes de Bois

Compagnie Les Têtes de Bois (Montpellier)
Workshop sul teatro con le maschere, condotto da Mehdi Benabdelouhab e Valeria Emanuele
a cura di Giulia Filacanapa
+ * 14 ottobre, ore 18.00: Focus su La magia della maschera tra occidente e oriente
Tavola rotonda: Edoardo Giovanni Carlotti, Giulia Filacanapa, Eva Marinai

Lo stage proposto dalla compagnia francese Les Têtes de Bois é un momento dedicato all’utilizzo scenico della maschera. I partecipanti
avranno modo di scoprire e utilizzare le maschere della Commedia dell’arte, quelle della tradizione balinese, ma anche maschere
contemporanee e maschere di animali. Chi sa suonare uno strumento lo porti. Chi sa cantare si scaldi la voce. Tutti i talenti saranno i benvenuti. Il lavoro sulle improvvisazioni sarà condotto dal regista Mehdi Benabdelouhab che cercherà di guidare l’attore, mostrandogli la strada. A volte si trovano delle pepite d’oro, a volte solo dei granelli di sabbia. A volte nulla. Il nulla, il tunnel. L’importante non è quello che si trova, ma l’atto stesso di cercare.
«Tout est vrai, vous n’êtes qu’à la recherche du vrai» (A. Mnouchkine).

Per questo laboratorio la Compagnia chiede necessariamente una tenuta da lavoro così composta: pantaloni, maglietta manica lunga e calze tutto nero, capelli raccolti.
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13 ottobre, ore 10.00 (Laboratorio Quazza, seminterrato di Palazzo Nuovo)

Alessandra Rossi Ghiglione
Alessandra Rossi Ghiglione

La bottega del dramaturg
di Alessandra Rossi Ghiglione

«Credo che il lavoro e la passione di chi scrive per qualunque forma di teatro sia quella di dare voce ai molti. I molti incontrati nella vita e nell’immaginazione, persone che diventano personaggi e personaggi che prendono carne negli attori. Perché il teatro è sì linguaggio, ma è fra tutti il linguaggio più “addosso” alla vita che conosciamo. La bottega del dramaturg è una sartoria della scrittura, uno spazio sperimentale per un gruppo di giovani dove inseguire la propria personale declinazione di dramaturg: autore flessibile, dotato di creatività e poetica propria e insieme capace di ascolto e servizio nei confronti di altri autori, dal regista, agli attori alla comunità del pubblico».
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13 ottobre, ore 11.00 (Laboratorio Quazza, seminterrato di Palazzo Nuovo)

Cuocolo-Bosetti (Iraa Theatre)
Cuocolo-Bosetti (Iraa Theatre)

Cuocolo-Bosetti, Iraa Theatre (Australia)
incontro a cura di Silvia Mei

«Il Teatro è un arte contaminata. Un’arte contaminata dalla vita. (Il corpo dell’attore, il luogo fisico, la presenza dello spettatore)»
Il teatro di Cuocolo-Bosetti / Iraa Theatre offre un ritorno al quotidiano attraverso elementi e dispositivi di quella stessa realtà.
Rielaborando contenuti quasi esclusivamente autobiografici, coi loro spettacoli invitano a ripensare le consuete barriere tra realtà e
finzione, attore-personaggio, spazio pubblico e privato, spettatore e partecipante, aprendo luoghi di relazione in spazi non deputati
dove la coppia abita o ha transitato.
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13 ottobre, ore 15.00 (Laboratorio Quazza, seminterrato di Palazzo Nuovo)

Giorgia Cerruti e Davide Giglio (Piccola Compagnia della Magnolia)
Giorgia Cerruti e Davide Giglio (Piccola Compagnia della Magnolia)

Piccola Compagnia della Magnolia
Giorgia Cerruti e Davide Giglio, Il Viaggio degli Atridi
Incontro a cura di Giulia Menegatti
+ ore 16.00-17.00: Focus su Mito, ri-scrittura, vissuto
Tavola rotonda: introduce Giulio Guidorizzi; partecipano: Giorgia Cerruti, Davide Giglio, Giulia Palladini, Giulia Randone, Eva
Marinai

Un viaggio tra le metamorfosi del mito e del rito. L’appuntamento intende da un lato ripercorrere il lavoro “di compagnia” della
Magnolia e dei progetti “Teatro Abitato” e Atridi. Metamorfosi del rito, dall’altro indagare il rapporto tra ricadute del mito greco sulla
scena contemporanea e sguardi autobiografici. L’obiettivo è capire qual è il ruolo svolto dalla scena teatrale nell’elaborazione collettiva
della coscienza tragica: scena in quanto topos privilegiato in cui il “discorso mitico” può mettere in atto un processo di rienunciazione,
rinarrazione e riattivazione. «Chi sono i Greci?» significa anche «chi siamo noi?»
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14 ottobre, ore 10.00 (Laboratorio Quazza, seminterrato di Palazzo Nuovo)

Logo di Mapa Teatro
Logo di Mapa Teatro

Mapa Teatro
Storia, Allegria e la Politica del Montaggio

di Giulia Palladini (Kunsthochschule Berlin-Weißensee)

L’intervento rifletterà su alcuni nodi della poetica e della politica del lavoro artistico di Mapa Teatro, piattaforma di artisti attiva a
Bogotà e fondata dai tre fratelli di origine svizzero-colombiana Elizabeth, Heidi e Rolf Abderhalden. A partire da una presentazione delle caratteristiche fondamentali del lavoro di Mapa Teatro, laboratorio artistico permanente attivo da trent’anni a livello internazionale, l’intervento si concentrerà in particolare sugli aspetti distintivi del processo creativo alla base dei loro numerosi progetti, che si muovono in un orizzonte radicalmente transdisciplinare, che comprende il teatro, così come il video e l’installazione. Come esempio della lunga durata e della complessità di tale processo creativo, osserveremo in particolare l’ultimo progetto realizzato
da Mapa Teatro: la trilogia Anatomia della Violenza in Colombia.
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14 ottobre, ore 11.00 (Laboratorio Quazza, seminterrato di Palazzo Nuovo)

Virgilio Sieni
Virgilio Sieni

Famiglie danzanti: Virgilio Sieni a Torino
di Maria Rita Fabris

A partire dalle condizioni politico-economiche che hanno reso possibile la creazione di «Altissima povertà» di Virgilio Sieni alla Galleria Grande della Reggia di Venaria grazie alla mediazione de La Piattaforma di Mariachiara Raviola, l’intervento andrà ad approfondire i principi sottesi alle dinamiche associative e d’impresa culturale proprie delle nuove pratiche di danza (ascolto, sostegno, cura, condivisione, bellezza, comunità), che permettono quel contatto umano, fisico e simbolico, che mentre crea una famiglia danzante fa intravedere una comunità utopica.
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(* Le attività proseguono negli orari sopraindicati)

Per ulteriori informazioni, consultare gli eventi FB:
Seminario Internazionale di Teatro
Il Teatro di Chiara Guidi

 

 

Seminario Internazionale di Teatro (Torino, 10-14 ottobre 2016)
IN ATELIER | DANS les ATELIERS
Processi creativi e dinamiche di relazione nelle “compagnie d’arte” | Processus de création et dynamiques de relation dans les “compagnies d’art”

Direzione scientifica e artistica: Eva Marinai (Università di Torino)

Comitato scientifico e promotore: Silvia Bottiroli (Università Bocconi Milano), Franca Bruera (Università di Torino), Giulia Filacanapa (Université Paris 8 Vincennes-Saint-Denis), Erica Magris (Université Paris 8 Vincennes-Saint-Denis), Eva Marinai (Università di Torino), Federica Mazzocchi (Università di Torino), Giulia Palladini (Kunsthochschule Berlin-Weißensee)

Organizzazione: Giulia Filacanapa, Eva Marinai, Giulia Randone

Anteprima Killing Desdemona

16/06/2016

Ieri pomeriggio (il 16 giugno) ho avuto la possibilità di assistere alla prova generale di Killing Desdemona, presentato al Festival delle colline in Anteprima Nazionale della compagnia BALLETTO CIVILE.
Lo spettacolo ideato da Michela Lucenti e Maurizio Camilli, con musica dal vivo Jochen arbeit è bellissimo.
Premettiamo che “prova” non è mimimamente sembrata, gli attori e i ballerini sono stati all’altezza di una vera e propria replica.

Il lavoro racconta la vicenda dell’ Otello tentando di sottolineare in maniera ancora più marcata la posizione e l’amore di Desdemona. La compagnia ha un uso molto suggestivo dei microfoni grazie ai quali si riescono a creare effetti nuovi, frusciiBALLETTO CIVILE_7, echi lontani e canti che ci trasportano in un altro mondo.
Molto forti e toccanti sono le coreografie di tutti i personaggi che col corpo danno vita alle vere parole del testo: quelle non dette. Ciò accade fin da subito, con Desdemona e il Moro, che entrano in questa sorta di danza mentre cinti l’uno all’altra si amano, e poi anche con gli scontri comici tra Iago e Cassio, tra Otello e Iago, che ci mostrano la vera forza di questa storia di gelosia, amore e rabbia.

Per la rappresentazione di oggi la compagnia ha gia il tutto esaurito.
Non mi resta che augurarvi, cari lettori : buono spettacolo…

KILLING DESDEMONA
Ideazione Michela Lucenti e Maurizio Camilli
Regia e Coreografia Michela Lucenti
Musica originale eseguita dal vivo Jochen Arbeit (Einstürzende Neubauten)
Interpretato e creato da : Fabio Bergalio, Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Ambra Chiarello, Michela Lucenti, Demian Troiano, Natalia Vallebona
Scene e costumi Chiara Defant
Realizzazione scene Alessandro Ratti

Produzione Balletto Civile, Festival delle Colline Torinesi, Ravello Festival, Neukoellner Oper Berlin, Compagnia Gli Scarti
con il sostegno di Mare Culturale Urbano , CTB Centro Teatrale Bresciano , Festival Resistere e Creare, Centro Dialma Ruggiero-FuoriLuogo

Elisa Mina