Nell’accogliere gli spettatori, le sale del Museo del Risorgimento di Torino – già sede della prima Camera dei deputati del Regno d’Italia – incorniciano la rappresentazione di Giacomo. Un intervento d’arte drammatica in ambito politico di Elena Cotugno e Gianpiero Borgia, con lo sfarzo di ori, dipinti e lampadari. Nel buio che cala e nel fischiettio che si diffonde, mentre Cotugno si muove tra le sedie, il pubblico è chiamato ad allenare il distacco dal proprio vissuto politico ed emotivo, e a discernere la storia – personale – dalla Storia.
Colpita da una forte luce che le riempie il volto, nel primo segmento l’attrice indossa un abito elegante abbellito da strati di pizzi e una lunga giacca maschile, tiene lo sguardo basso e le ciglia serrate, mentre incarna in sé, come una medium, lo spirito della Storia: uno spirito che si manifesta dal passato e impregna il presente.
La voce dell’attrice produce una reboante melodia di parole che ha il suono di una preghiera, a causa degli immensi spazi del palazzo Carignano. Questi, sono amplificatori e distorsori al contempo: producono delle risonanze in grado di rimescolare i confini delle parole e inducono una vibrazione nello spettatore. L’onda del suono, poi, si dissolve nei pochi lunghi e decisivi silenzi.
Quando il ritmo serrato lascia il posto alla quiete, la mente dello spettatore si riempie di pensieri e riflessioni che ne annichiliscono lo spirito, poiché le domande e le affermazioni dell’Onorevole Matteotti richiamano l’attenzione sull’attualità. I sermoni sulla libera espressione e la libera partecipazione alla vita politica e sociale lasciano intendere che la Democrazia – come istituzione, allora, come ideale, oggi – non sia semplicemente in pericolo, ma svanita.
Ora, il secondo segmento narrativo si anima del vociare e rumoreggiare del Parlamento, mentre tutto il baldanzoso baccano trabocca dal corpo e dall’estensione vocale di una sola artista, Cotugno. Da sé, rimette in scena il circo della farsa fascista, capace perfino di schernire i difensori della Democrazia additandoli come pagliacci attraverso negazionismi, brutalità, intimidazioni e vittimismo. Ecco che i sostenitori del processo democratico si ritrovano paradossalmente derisi quali ultimi figuranti di una messinscena fallimentare e fuori moda.
Nel movimento finale, laddove ogni tensione si scioglie prima dell’applauso, rimane il dubbio di un interrogativo: a chi si rivolge lo spettacolo, chi è l’interlocutore dell’allestimento? Qualora l’intenzione fosse prendere per le spalle e far trasalire le vittime del torpore contemporaneo, che induce all’astensionismo e al boicottaggio dalla partecipazione publica, tali persone si troverebbero a teatro di propria iniziativa o sarebbero piuttosto da stanare, catturare e trascinare in sala?
“Noi abbiamo detto loro: state calmi; non rispondete alle violenze. Lo abbiamo ripetuto in tutti i toni […] Ci hanno detto vigliacchi […] ma nonostante tutto, abbiamo detto: non bisogna reagire. […] Noi andremo a Roma. Noi domanderemo in Parlamento conto di questi fatti, domanderemo se il capitalismo assume la responsabilità del fascismo, domanderemo al governo se assume la responsabilità completa delle sue autorità e dei suoi agenti. Ma se non ci si risponderà […] badate che l’esasperazione è al colmo, badate che anche la nostra autorità sulle masse ha dei limiti, al di là dei quali non può andare”.
Ilenia Cugis
Un ringraziamento a Giulia per avermi inviato la sua copia dei verbali per la citazione a conclusione del pezzo.
Progetto di Elena Cotogno e Gianpiero Borgia
testi di Giacomo Matteotti con interruzioni d’Aula
drammaturgia di Elena Cotugno e Gianpiero Borgia dai verbali delle assemblee parlamentari del 31 gennaio 1921 e del 30 maggio 1924
con Elena Cotugno
costumi Giuseppe Avallone
artigiano dello spazio scenico Filippo Sarcinelli
ideazione, coaching, regia e luci Gianpiero Borgia
coproduzione TB e Artisti Associati Gorizia
con il sostegno della Presidenza del Consiglio dei ministri
con il patrocinio di Comune di Fratta Polesine, Fondazione Giacomo Matteotti, Fondazione di Studi Storici “Filippo Turati” e Fondazione Circolo Fratelli Rosselli

