L’individualità è per definizione il complesso degli elementi di caratteristica ed esclusiva pertinenza del singolo. Attualmente, cosa ci pone come individui all’interno della collettività? Una tematica complessa, che ci viene mostrata nell’elaborazione dell’installazione performativa Senza Titolo di Romeo Castellucci all’interno della Fondazione Merz. La sala che ospita l’azione è completamente bianca, per non concedere distrazioni allo spettatore, ed è presente un fumo che rende austero il luogo. Al centro della sala è collocata una sbarra d’oro sospesa, che viene colpita dai capelli dei diversi performer, generando così un suono. Appena si entra l’azione è già iniziata, probabilmente mai finita, perché l’azione non prevede una conclusione ma una ciclicità e un continuo sostituirsi di persone che compiono il medesimo gesto. Sono le prime impressioni a rendere la sala un luogo dal tempo altro.
Il movimento degli artisti, sebbene semplice, necessita di un notevole sforzo. Il continuo chinarsi comporta un carico fisico sulla schiena e sul collo. Inoltre, il gesto ha una ricaduta anche a livello psicologico, stante l’offuscamento oscillatorio di colpire la sbarra. L’azione si svolge con una postura ben radicata a terra ed è possibile che di tanto in tanto il performer sospenda, brevemente, l’azione per verificare la distanza che lo separa dalla sbarra allungando il braccio. Un accadimento che rimanda simbolicamente ad una preghiera, ad un atto di espiazioni dei peccati, come se entrassimo in rapporto con dei dannati del purgatorio dantesco. In questo luogo altro, anche il suono appare dolente, grottesco, un rumore che si propaga nelle quattro casse poste agli angoli della stanza e che permette di assimilare riflessioni interiori. Inoltre, anche il sostituirsi nell’accadimento appare ritualistico: il nuovo artista che dovrà procedere a prendere il posto inizia con il bagnarsi i capelli in una bacinella, anch’essa di colore bianco; si avvicina alla sbarra e per un breve tempo l’azione diventa condivisa con chi lo ha preceduto, fino a quando la sostituzione non si compie. L’uscire di scena contempla un movimento studiato e lineare, creando un secondo livello, non inferiore, rispetto al quadro performatico principale.
La ritmicità delle azioni e del suono scandiscono un tempo lento, che permette di riflettere sull’azione ripetuta e su quanto ogni individuo (i performer sono di età e di stature differenti) connoti il medesimo gesto con la propria personalità. La performance crea uno spazio che ci consente di riflettere e apprezzare le diversità e l’individualità, in una idea collettiva di mondo.
Chiara Jadore Cacciari
Concezione e direzione: Romeo Castellucci
Cura del movimento: Gloria Dorliguzzo
Elaborazione del suono: Nicola Ratti
Con: Luce Berta, Sabrina Doro, Emanuele Franco, Cinzia Picchioni, Luna Quadrini, Rodrigo Salemi, Federico Salemi, Elena Savio
Foto: Luca Del Pia