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La donna serpente

Dalla buca d’orchestra si sgranchiscono i violini, si scaldano le corde delle viole. A poco a poco si risvegliano tutti gli strumenti in un tocco di bacchetta. Sale in platea uno sciame di note irrequiete e d’un tratto un cono di luce illumina i volti di ballerini che compaiono poco per volta. Lo sfondo scenografico è discreto ed essenziale composto da soli elementi geometrici, neutri, che permettono di far risaltare pienamente gli attori in scena. Inizia un racconto animato da creature fantastiche, la fiaba dell’immortale fata Miranda e del suo amore per il mortale Altidòr, re di Téflis. È la lotta tra un sentimento sconfinato e il volere dell’autorità paterna, sviluppati in un gioco di voci, in un dialogo tra un soprano e un baritono, tra i toni leggeri dei flauti e quelli cavernosi delle percussioni a caratterizzare l’opera di Alfredo Casella.

La regia dello spettacolo è affidata all’attore e regista Arturo Cirillo, che lavora su La Donna Serpente sottolineandone il velo leggero di crudeltà che ne attraversa le righe, in cui i protagonisti si vedono obbligati ad un cammino di purificazione attraverso il dolore. Anche qui, come in ogni fiaba, è presente lo scontro tra il male e bene, incarnati rispettivamente in Demogorgone (padre di Miranda) e Miranda, che viene rappresentato attraverso mutamenti scenici inaspettati, alternanze improvvise di luci e ombre, intermezzi comici, accadimenti tragici e magici, nel trionfo della massima potenzialità espressiva.

È un movimento altalenante tra eroicità e debolezza spettaccolarizzate, nel sottile confine tra amore e maledizione che si sfidano in una prova iniziatica: una prova d’inganni, viene ordita da Demogorgone per Altidòr, ignaro della propria responsabilità verso il destino della sua sposa. Inevitabile è il passaggio attraverso il dolore, cantato e danzato nella costante moderazione, rifuggendo gli eccessi dei toni melodrammatici. La metamorfosi è il punto centrale dell’opera inscenata con maestria nell’alternanza di canto e ballo: con il corpo squamato e la lingua biforcuta, la donna canta la sua triste sorte accasciata in un angolo, assorta nei suoi aspri dolori, mentre una ballerina ne sottolinea, con il corpo contorto, la disperazione.

Il racconto, che inizialmente si sviluppa con un ritmo lento e poco coinvolgente, e con l’orchestra che pare non essere ancora decisa al decollo, continuerà con più scioltezza e fluidità fino al terzo atto. È una rappresentazione che si mantiene viva anche se talvolta tende a perdersi in una leggera prolissità portando a volte il pubblico a distrarsi.

Si agitano gli archi, una cascata di campanellini accompagna le voci femminili del coro in festa; l’attenzione degli spettatori viene ricuperata abilmente con un ultimo lazzo di personaggi comici, un botta e risposta tra cantanti e orchestra: trionfa la gloria nel banchetto in onore del Re e della Regina. Gloria a Miranda e Altidòr, gloria ai loro spiriti innamorati. Il palco brulica di voci sprigionando emozioni che invadono il pubblico, tutti i personaggi entrano in scena per festeggiare gli innamorati stretti nei loro abbracci e circondati dall’eco “Tutto è vano ciò che amor non è.”

Teatro Regio, Giovedì 14 Aprile 2016 – Domenica 24 Aprile 2016

LA DONNA SERPENTE di Alfredo Casella Opera fiaba in un prologo, tre atti e sette quadri. Musica di Alfredo Casella.

Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Fattoria Vittadini

Nuovo allestimento
in coproduzione con Festival della Valle d’Itria

Quinta puntata de “I Tre Moschettieri”

La quinta puntata de “I Tre Moschettieri”, esperimento di “teatro a puntate” prodotto dalla fondazione TPE (Teatro Piemonte Europa) in scena al teatro Astra e diretta da Andrea Baracco sul testo riscritto da Ghigo de Chiara, soddisfa le aspettative e la curiosità destate.

Ormai la vicenda di D’Artagnan e dei suoi fedeli compagni Athos, Porthos e Aramis è già avviata, ma Continua la lettura di Quinta puntata de “I Tre Moschettieri”

Clitennestra: il riscatto di una donna e la lotta contro la civiltà decaduta

Martedì 1 marzo e per le cinque serate a seguire, il Teatro Carignano ha ospitato sul suo palcoscenico lo spettacolo Clitennestra, una produzione del Teatro Biondo Stabile di Palermo. Scritto e diretto da Vincenzo Pirrotta, la rappresentazione ha presentato un cast totalmente al femminile: infatti, accanto all’interpretazione di Anna Bonaiuto nel ruolo del personaggio principale (Clitennestra), abbiamo avuto Odette Piscitelli (Oreste), Giulia Andò (Elettra), Roberta Caronia (Corifea) e Cinzia Maccagnano (Corifea), Elisa Lucarelli (Sacerdotessa), Lucia Portale (Coreuta) e Yvonne Guglielmino (Coreuta).

Dopo un lungo sonno durato tremila anni, Clitennestra si risveglia con un unico scopo: spiegare le motivazioni che l’hanno portata a macchiarsi dei noti scempi e riscattare così la propria dignità. Ma a stento riesce a riconoscere la sua Micene, tutto è cambiato, siamo infatti in un mondo immaginario collocato in un futuro impreciso. Continua la lettura di Clitennestra: il riscatto di una donna e la lotta contro la civiltà decaduta

I tre moschettieri al teatro Astra: la rivoluzione in scena.

Il debutto de “I tre moschettieri” è stato un gran successo, la seconda puntata è stata accolta magnificamente sia dal pubblico sia dalla critica; non si poteva mancare all’appuntamento del 13 febbraio per il terzo capitolo di quest’avventura. Chi come me non ha potuto assistere agli spettacoli precedenti non deve preoccuparsi: all’inizio della puntata viene fatto un riassunto di quanto è successo in precedenza e durante lo spettacolo gli attori fanno liberamente riferimento “alla puntata precedente” suscitando le risate dei presenti. Le aspettative erano grandi certo, ma sono state superate ampiamente. Una folata di vento che ha spazzato via tutte le mie credenze e i luoghi comuni sul teatro.

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I Tre Moschettieri: terza puntata

I Tre Moschettieri

Spettacolo coinvolgente e avvincente quello dei Tre Moschettieri tenutosi lo scorso martedì 8 marzo al teatro Astra, in cui è stata messa in scena la terza delle otto puntate dell’opera teatrale che riprende il romanzo di Alexandre Dumas, dirette da 8 diversi registi di spicco (Beppe Navello, Gigi Proietti, Piero Maccarinelli,
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I tre moschettieri: seconda puntata

di Matteo Tamborrino

Il secondo appuntamento con il serial teatrale del TPE è andato in scena dal 27 febbraio al 4 marzo sul “palco stravolto” del Teatro Astra di Torino, per la regia del proteiforme istrione Gigi Proietti.


Foto di scena:
Foto di scena: Luca Terracciano e Maria Alberta Navello

«D’Artagnan e i suoi nuovi amici – così recita il programma di sala (e così reciterà all’inizio della terza puntata anche Lia Tomatis nei panni di una seicentesca Annunciatrice/Popolana) – banchettano e festeggiano con i soldi ricevuti dal Re per il loro coraggio. Un bel giorno Bonacieux, padrone di casa di D’Artagnan, va a trovare il giovane e gli chiede di ritrovare sua moglie Costanza, guardarobiera della Regina, misteriosamente sparita. D’Artagnan gli promette aiuto ma poco dopo lo abbandona nelle grinfie delle Guardie del Cardinale venute ad arrestarlo perché sospetto complice nella sparizione della moglie. D’Artagnan finge collaborazione con i questurini per poter continuare a cercare Costanza che infatti, di lì a poco, ritorna in segreto a casa Bonacieux, rischiando pure lei l’arresto. Ma D’Artagnan la salva mettendo questa volta in fuga le guardie del Cardinale. Perché Costanza è sparita? Il suo segreto ha a che fare con l’arrivo clandestino del Duca di Buckingham, ministro d’Inghilterra, innamorato della Regina? D’Artagnan a sua volta si innamora di Costanza e per lei si ritrova invischiato nei misteriosi intrighi di corte: la Regina, Buckingham, il Cardinale che li vuole svergognare, il Re sospettoso e incollerito, Milady e il misterioso sfregiato, sicuramente due agenti del cardinale».

Una puntata ricca di intrecci e fulcri, dunque, anche se a dominare la scena – per l’intera durata dello spettacolo – è il giovane e abile Luca Terracciano/D’Artagnan, dallo stile fresco e ironico: si muove fluidamente in scena (sempre che di scena tradizionale si possa parlare), coinvolgendo il pubblico, anche solo con sguardi, ammiccamenti e caratteristiche risate, così come i suoi colleghi moschettieri Alberto Onofrietti/Athos, Diego Casalis/Porthos e Matteo Romoli/Aramis. Ad acuire questo senso di inglobamento dello spettatore è sicuramente la disposizione scenografica, che produce interessanti effetti prossemici. Il pubblico si sistema ai lati di una scena centrale (una sorta di lungo corridoio che collega le facciate di due palazzi dirimpettai), su una cascata di gradoni. La scenografia è curata e metonimica: un tavolo per un’abitazione, una vasca d’oro per il Louvre. L’atmosfera sembra fondere rievocazione storica (soprattutto nei mirabili costumi) e comicità dai toni amabilmente kitsch.

Certo questo connubio così particolare è ricercato coscientemente dal regista stesso, che trasforma questa puntata del romanzo in un vaudeville fumettistico, ricco di brevi monologhi a mo’ di didascalia e misuratamente ridanciano, complici anche le battute napoletane di Fabrizio Martorelli/Bonacieux e quelle spagnole della simpatica Maria José Revert/Dama Estefania, nonché gli interventi del dipartito padre Sergio Troiano, spesso in vesti femminili di domestica. Nell’intervista di presentazione Proietti afferma: «Sicuramente ci sarà dell’ironia, ma senza esagerare». Non si cade mai infatti in uno stile meramente macchiettistico. Tuttavia, i punti deboli non mancano: la messinscena è infatti priva di quella pulizia, di quel labor limae, che si pretende da uno spettacolo presentato come grande kolossal e sostenuto da un’impeccabile campagna pubblicitaria sui social e sul web. Le scene di Riccardo Ripani/Buckingham non funzionano: l’attore – dall’ottima dizione, in perfetto stile Paolo Grassi – manca però dei giusti tempi comici nella scena della spada reintrodotta nel fodero e impreziosita dalla battuta “Un momento!” rivolta a D’Artagnan che chiede ripetutamente il suo perdono. Una sequenza su cui Proietti aveva tanto insistito in prova (forse troppo), ma che non riesce. E così anche il momento musicale “Perché sono Bah-king-ham”.

La ragione di queste fragilità è forse da ricercare nell’estenuante lavoro a cui gli interpreti sono sottoposti: prove mattutine e pomeridiane della puntata successiva e repliche serali della puntata in corso. Quella di Proietti – in prova – si presenta come una regia “verticale”, quasi imitativa: non dà soltanto degli input agli attori, ma delle vere e proprie soluzioni sceniche da riprodurre. Il tempo è troppo poco per lavorare diffusamente con gli interpreti. Questo comunque non toglie che ci siano anche importanti elementi positivi. Ad esempio, la coppia dei reali di Francia: lei – Marcella Favilla/Anna d’Austria – domina (anche grazie al poderoso abito) la scena del dialogo con Buckingham, presenti le dame. La sua parodia melodrammatica – e il movimento ritmato della mascella asburgica – è eccellente. Così anche l’effeminato consorte Luigi XIII, interpretato dal bravissimo Gianluigi Pizzetti, che nonostante il fugacissimo cammeo nel finale, propone una maschera facciale davvero peculiare. E infine, le sapide gags del profumo Tonatto, che si inseriscono armonicamente nel tessuto drammaturgico.

Insomma, un ciclo teatrale, quello dei Moschettieri, che merita di essere seguito, ma che necessita ancora di qualche accorgimento da parte degli interpreti.

I TRE MOSCHETTIERI – II puntata
da Alexandre Dumas
testo Aldo Trionfo
coordinamento drammaturgico Andrea Borini
regia Gigi Proietti
regista assistente Lia Tomatis
con Luca Terracciano, Alberto Onofrietti, Diego Casalis, Matteo Romoli, Sergio Troiano, Maria Alberta Navello, Alessandro Meringolo, Stefano Moretti, Marcella Favilla, Riccardo Ripani, Fabrizio Martorelli, Vincenzo Paterna, Domenico Macrì, Matteo Anselmi, Giacomo Mattia, Marco Intraia, Andrea Romero, Maria Jose’ Revert, Michela Di Martino, Valeria Tardivo, Alessandro Panatteri, Lia Tomatis, Daniela Marcelli
scene e costumi Luigi Perego
con l’assistenza di Luca Filaci
musiche Germano Mazzocchetti
al piano Alessandro Panatteri
coreografie Federica Pozzo
progetto luci Gigi Saccomandi
scenografo collaboratore Francesco Fassone
costumista collaboratrice Augusta Tibaldeschi
allestimento scenografico realizzato in collaborazione con TEATRO REGIO TORINO
collaborazione per la costruzione di elementi di attrezzeria a cura degli studenti del corso di Teatro di figura dell’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino: Micol Rosso, Branislav Dimov

Un gabbiano quasi… sognato

È stato in scena dal 13 al 16 aprile presso le Fonderie Limone di Moncalieri, penultimo spettacolo del ciclo Progetto Internazionale del Teatro Stabile di Torino : Il Gabbiano di Anton Cechov diretto da Thomas Ostermeier.

Lo spettacolo arriva a Torino, con la sua unica tappa Italiana in una tournée europea. Uno spettacolo nuovo, visionario e attuale, marchio del regista tedesco Ostermeier.
Un lavoro che inizia spiazzando gli spettatori che non appena entrano in sala vedono una scena spoglia, con gli attori seduti ai lati di un palco chiuso che dà verso la platea. L’attore francese, con un italiano non perfetto si rivolge al pubblico, facendoci capire che è inutile che noi siamo lì, dovremmo preoccuparci di quello che sta succedendo nel mondo, che sta accadendo in Siria. Il pubblico, attonito, non capisce se sia o no da copione. Ma lo spettacolo inizia, e le pareti grigie iniziano a prendere forma anche grazie a un disegno che un artista crea sullo sfondo tra una scena e l’altra.

Quello che vediamo è un Gabbiano moderno dove bastano pochi oggetti per creare un palco, un pontile, una stanza… Qui sono importanti le parole, parole spesso interrotte da semi-improvvisazioni che ci riportano alla realtà, al 2016. Straniamenti degli attori che ci attirano molto di più delle stesse parole di Cechov.
Per tutto il corso dello spettacolo subiamo un processo di straniamento, che permette di riflettere sul presente, su come stia cambiando il modo di fare e di scrivere il teatro oggi.  E questo nuovo modo, lo mostra molto bene Konstantin con la rappresentazione del suo spettacolo. Il tema della piccola rappresentazione  è un mondo che non sappiamo se esisterà ancora in futuro, un mondo che non si capisce oggi e che piano piano stiamo distruggendo. A rendere moderno questa forma di metateatro, è soprattutto la costruzione di una figura quasi onirica del personaggio/voce interpretato da Nina, nella piccola, ma molto intensa rappresentazione. Continua la lettura di Un gabbiano quasi… sognato

Amleto a Gerusalemme – La verità pericolosa

A Torino, più precisamente alle Fonderie Limone di Moncalieri, Amleto a Gerusalemme, Palestinian kids want to see the sea è stato presentato in prima assoluta dal 29 marzo fino al 10 aprile 2016, uno spettacolo di Gabriele Vacis e Marco Paolini con la regia di Gabriele Vacis.

Fin dal titolo si percepisce qualcosa che cattura l’attenzione perché pare strano sapere che il più famoso principe di Danimarca della storia del teatro abbia a che fare con la città santa, però non bisogna dimenticare che l’Amleto di Shakespeare è il testo della verità scomoda, una verità che non piace e che non vogliamo sentire, proprio come le storie che ci raccontano i protagonisti di questo spettacolo. Sul palco troviamo cinque ragazzi palestinesi, Alaa, Bahaa, Mohammad, Ivan e Nidal che nella loro lingua raccontano a un turista, impersonato da Marco Paolini, le loro storie comuni che sono accadute per davvero, portando loro stessi sul palco e di fronte al pubblico. Tra i protagonisti sentiamo di chi è arrabbiato con la propria famiglia perché vivevano negli USA e per la madre sono tornati nel loro paese e adesso, il figlio più piccolo non può neanche andare al mare perché è nato lì e non ha il passaporto americano; c’è chi racconta che la madre beveva da una fonte dove l’acqua era cristallina, ma il figlio le mostra che di quello che raccontava della sua infanzia non c’è nulla e dove una volta c’era l’acqua ora c’è una fogna, e oggi l’acqua la possono bere solo in bottiglia. Bottiglie, la scenografia è costituita solo da bottiglie di plastica, che prima sono pioggia, ma una piog08_Amleto a Gerusalemme_prove_MG_1760gia che distrugge, che fa male. Poi diventano mattoni per costruire la città e catapultarci nella Gerusalemme odierna dove non c’è più la spensieratezza di un tempo, dove si sente un pregare continuo e una puzza quasi nauseabonda di frittelle e dove si sbatte in continuazione addosso a negozietti che vendono gadget religiosi. Continua la lettura di Amleto a Gerusalemme – La verità pericolosa

I Tre Moschettieri: quarta puntata

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Prodotto dalla Fondazione TPE, I Tre Moschettieri, tratto dall’omonimo romanzo di Alexandre Dumas, è uno spettacolo a puntate messo in scena al Teatro Astra dal 18 febbraio al 1 maggio 2016.

Ognuna delle otto puntate è diretta da un regista diverso, la quarta da Myriam Tanant.

Lo spettacolo comincia con l’ingresso di alcune dame con in mano candele, che useranno per accendere uno dei tre lampadari in scena. Una di queste dame ha il compito di narrare cosa è accaduto nelle tre puntate precedenti. Terminato il resoconto e accesi e issati tutti e tre i lampadari, lo spettacolo può cominciare. Continua la lettura di I Tre Moschettieri: quarta puntata

CATS – La memoria viva ancora

A otto anni dall’ultima replica italiana e per la prima volta, Torino ha rivolto lo sguardo a una delle creature più affascianti del mondo animale: i gatti.
“Cats”, ha calcato con passo felpato il palco del Teatro Regio dal 25-28 febbraio, con la seconda tappa di un tour italiano che ha visto Genova e vedrà nel mese di marzo Milano e Bologna.
Questa versione, che vede la collaborazione del Teatro Regio con World Entertainment Company S.p.A. – WEC S.p.A. è il frutto di un risultato riuscito e del ritorno sulle scene di uno dei più longevi musical della storia del teatro. Infatti lo stesso spettacolo (proposto in Italia interamente in lingua originale) si è rivelato nuovo ma allo stesso tempo storico, per la riunione del team creativo originale: il regista Trevor Nunn, la regista associata e coreografa Gillian Lynne, lo scenografo John Napier e il compositore Andrew Lloyd Webber, che ne ha rivisto alcuni brani.

La rivisitazione, già presentata nella stagione ‘13-‘14 a Londra nel West End, vede piacevoli novità come il rinnovo di uno dei personaggi più eclettici Rum Tum Tugger, che porta la modernità con un rap fresco e hip hop coinvolgente. Per renderlo moderno e coinvolgente, è necessario anche eliminare il fattore umano e treasformare il pubblico in felini: obiettivo riuscito. Grazie al prolungamento della scena, alla fossa orchestrale chiusa, rendendo un tutt’uno sala-palco, necessario per i continui passaggi di Bombaulirina, Cassandra, Alonzo, Quaxo e tutti gli altri della banda dei “Jellicle Cats” che si infilano e si nascondono nella platea, riescono a creare un forte coinvolgimento del pubblico.
Il Musical incarna alla perfezione gli standard degli spettacoli che affollano Broadway e il West End londinese. Tra numeri di tip tap, hip hop e danza jazz, i che fanno venir voglia di alzarsi e danzare con i Jellicle cats. Continua la lettura di CATS – La memoria viva ancora