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L’ORESTEA DI LIVERMORE

– Note intonate di un’orchestrazione imperfetta –

“Io voglio mostrare a cosa può assomigliare un albero quando lo si vede per la prima volta nella vita”. – (Werner Herzog)

“Se siete finiti in un vicolo cieco tornate al punto di origine…” e quale origine può essere migliore del mito?

Gli eroi e i personaggi della mitologia greca, proprio perché eccezionali, sono i più indicati per mostrare sentimenti e valori in forme accentuate e, quindi, più evidenti. Per questo il mito è quasi sempre, sia nell’antichità che nella modernità, materiale per la tragedia.

Ma il mito, nella tragedia, è sempre reinterpretato alla luce dell’attualità, cioè dei problemi culturali, sociali ed esistenziali che chi scrive vuole mettere in luce. Lo spettatore si trova così di fronte a uno specchio deformante di quello che lui stesso potrebbe essere e che a tratti è già.

La tragedia infatti diviene il luogo – letterario e teatrale – in cui si dibattono idee e questioni di carattere universale, affronta le contraddizioni della vita e della civiltà, e spesso è costruita in base a conflitti insanabili, che sono propri di ogni era. Come nel caso dell’Orestea che vede contrapporsi giustizia e vendetta, polis e sfaldamento della società, legge del taglione e giustizia amministrata da un primo tribunale.

Ph. Federico Pitto

L’Orestea di Eschilo, l’unica trilogia integrale arrivata sino a noi da un lontano passato che ci risalda alle nostre origini, è andata in scena al teatro Carignano per la regia di Davide Livermore, in due serate ravvicinate (Agamennone e Coefore/Eumenidi) o proposta anche in un’unica maratona, dando la possibilità agli spettatori più temerari di testare il loro grado di resistenza fisica e mentale.

La tragedia, come abbiamo visto, è per sua stessa natura il genere delle grandi passioni, dei grandi amori e delle grandi atrocità.

Sarà a causa di tutta questa grandiosità che Livermore ci propone una trilogia, organizzata in due “atti”, dalla sfarzosa realizzazione: 40 attori, 2 pianoforti, 50mq di ledwall e una lancia Aprilia 1500 presente per la messa in scena al teatro greco di Siracusa, ma che al chiuso del teatro Carignano ci viene risparmiata.

Ph. Tommaso La Pera

Come da tradizione del mito, Livermore prende la storia degli Atridi e l’attualizza, così l’eco della guerra di Troia diviene, grazie agli splendidi costumi di Gianluca Falaschi e alle accurate acconciature, l’eco della Seconda guerra mondiale, in un’ambientazione che si attesta tra gli anni ’30 e ’40. Il cotesto evocato si rifà però più a un certo immaginario cinematografico, sarà perché non riproduce “l’orrida realtà” ma una realtà edulcorata, “imbellettata come fa il 99% dei film hollywoodiani” per citare Tarantino. E il cinema aleggia su entrambi gli spettacoli, frequenti sono le citazioni, pensiamo fra tutte al fantasma della piccola Ifigenia che apre l’Agamennone e che nel finale si sdoppia, restituendoci l’iconica immagine delle gemelle di Shining.

Ph. Michele Pantano

Se “Il cinema è la scrittura moderna il cui inchiostro è la luce” per dirla con Cocteau allora, come abbiamo anticipato, nella messa in scena di Livermore l’elemento che visivamente connota entrambi gli spettacoli è uno schermo di forma circolare, fatto di luce, un ledwall di 50 mq, sul quale appare una sfera che ruota sul proprio asse (come un globo terrestre) e dentro alla quale prendono forma i video progettati da D-Wok; l’elemento illusionistico è tutto tecnologico e lo riscontriamo soprattutto nella forte tridimensionalità delle immagini.

Il risultato è di impatto “grandioso”, uno strumento dall’enorme potenziale vanificato però da un utilizzo eccessivamente didascalico o che veicola una spicciola morale che disattende l’intento registico che troviamo nel pamphlet di sala:

Ogni volta che realizziamo l’atto umano di ritrovarci a teatro, un atto intimamente più complesso della condivisione, ci troviamo a formulare una riflessione profonda nei confronti della società, una riflessione che, in questo caso diviene concreta in quanto, nell’abbraccio della parete di specchi che delimita il mondo dell’Agamennone, il destino dei personaggi sulla scena si unisce indissolubilmente a quello degli spettatori che, nel riflesso, divengono agenti

Ph. Tommaso Le Pera
Ph. Federico Pitto
Ph. Federico Pitto

Così siamo investiti da occhi giganti, maremoti, incendi, esplosioni, immagini di tragedie umane degli ultimi anni, tra cui persino la Costa Concordia… d’accordo con Andrea Pocosgnich si tratta di un “un campionario di effetti visivi tutt’altro che imprescindibili se non come compendio simbolico e didascalico di certe situazioni: il fuoco e il sangue nominato si riverberano nella sfera amplificando l’immagine già impressa nella parola”.

Quel desiderio di Herzog con cui abbiamo cominciato, mostrare un albero come se lo si vedesse per la prima volta, mi sembra che appartenga in qualche modo anche a Livermore ma la natura delle parole di Eschilo contengono un potere evocativo possente, per stessa ammissione del traduttore Walter Lapini, Eschilo è l’unico dei tre tragediografi greci “a parlare davvero una lingua ancestrale e oscura”. Il suo stile grandioso, solenne, magniloquente, seppur sbiadito nella traduzione, rimane comunque poderoso. Una lingua che come dice Pasolini “si fa strada verso la meta pressando e sfondando” e che proprio per questo non ha bisogno di rafforzi visivi che distraggono e in qualche modo de-potenziano. Soprattutto se si ha a che fare con degli interpreti di indubbio valore come la brava Linda Gennari, Giuseppe Sartori nei credibili panni di un Oreste partigiano o Laura Marinoni con la sua imponente presenza scenica, orchestrati da Livermore all’interno di una precisa partitura ritmica di gesti declamatori e ostentatori che richiamano alcune plasticità tipiche dell’opera lirica. Griglia che risultava a tratti, per alcuni interpreti, persino un po’ stretta, ma che rivela una certa fedeltà alla tragedia antica.

Ph. Federico Pitto

Il teatro di Livermore è un teatro di regia nel senso molto classico del termine. Abbiamo un assoluto rispetto del testo, si esige una fusione degli interpreti che vuol dire star lontano da un teatro che poggia sull’ “esibizionismo” degli attori, sul lusso delle attrici, sulla distinzione dei ruoli, nel senso che anche il più piccolo ruolo ha il suo momento di centralità e declamazione, in maniera molto “democratica”.  Le sfarzose scene che hanno il compito di trasformare poeticamente il dramma di Eschilo, non sempre riescono nell’impresa. Scene e i costumi dovrebbero infatti essere considerati come parti integranti dell’opera poetica, cui è imposto l’obbligo non di fotografare la realtà ma di trasformarla poeticamente secondo lo stile e il carattere del dramma rappresentato a prescindere dalla scelta dell’adattamento. Ma per quanto riguarda la scenografia risulta decisamente poco organica, si ha l’impressione che gli apparati e i materiali scenici predomino e ingombrino. L’attore si trova così costretto nel movimento, a causa di uno spazio sacrificato, lo scenario spesso attrae tutta l’attenzione dello spettatore.

Va detto però che lo spettacolo, come abbiamo già accennato, e come si può vedere dall’immagine di copertina, nasce per essere rappresentato al teatro greco di Siracusa, che è uno spazio fuori misura, rivelando un progetto che forse manca di lungimiranza rispetto alla possibilità di un riadattamento in uno spazio diverso e al chiuso.

Ph. Tommaso Le Pera

Il pubblico è chiamato in causa come parte integrante del dramma ma se in Agamennone non è così chiaro nonostante il monologo di Cassandra che si rivolge direttamente alla platea, del resto quasi tutta l’azione scenica si svolge in proscenio con una prossimità al pubblico che tenta di inglobarlo, ma rimane il dubbio se ci riesca, nel secondo spettacolo, che racchiude Coefore/Eumenidi, il coinvolgimento del pubblico è esplicitato nominandolo come popolo di Atene durante il processo. Il pubblico è infatti invitato a votare sulla colpevolezza o innocenza di Oreste, pura formalità visto che alla fine sarà Atene con il suo voto che vale doppio ad assolvere il matricida.

Gli spettacoli nel loro complesso sono estremamente godibili, ma non assomigliano a “un albero visto per la prima volta”. Quello stupore, quella meraviglia, quello shining che entrambi gli spettacoli hanno, abbaglia, confonde, disorienta, ammicca eccessivamente.

Così alla fine il verso greco non tradotto risveglia ricordi ancestrali e anela rimpiante passeggiate nei boschi, di alberi magari non visti per la prima volta ma che non hanno la pretesa di essere altro da sé.

Less is more

Nina Margeri

CAST E CREDITI COMPLETI

AGAMENNONE

Produzione Teatro Nazionale di Genova, INDA Istituto Nazionale del Dramma Antico

Traduzione Walter Lapini

Regia Davide Livermore

Personaggi e interpreti

Musici | Diego Mingolla, Stefania Visalli
Sentinella | Maria Grazia Solano
Corifea | Gaia Aprea
Coro | Maria Laila Fernandez, Alice Giroldini, Marcello Gravina, Turi Moricca, Valentina Virando
Clitennestra | Laura Marinoni
Messaggero | Olivia Manescalchi
Agamennone | Sax Nicosia
Cassandra | Linda Gennari
Egisto | Stefano Santospago
Spettro di Ifigenia | Aurora Trovatello, Ludovica Iannetti
Vecchi argivi | Davide Pennavaria, Marco Travagli, Alessandro Trequattrini
Oreste bambino |Riccardo Bertoni
Elettra bambina| Anita Torazza

Scene Davide Livermore, Lorenzo Russo Rainaldi

Costumi Gianluca Falaschi

Musiche originali Mario Conte

Luci Marco De Nardi

Video Design D-Wok

Regista assistente Giancarlo Judica Cordiglia

Assistente alla regia Aurora Trovatello

Costumista assistente Anna Missaglia

Cast tecnico

direttore di scena Alberto Giolitti
direttore di palco Michele Borghini
capo macchinista Marco Fieni
macchinista Nathan Copello
macchinista / attrezzista Giulia Chittaro
capo elettricista Toni Martignetti
fonici Edoardo Ambrosio, Umberto Ferro, Stefano Gualtieri
video Luca Nasciuti
trucco e parrucco Barbara Petrolati, Giuseppe Tafuri, Giovanna Molinaro
sartoria Cristina Bandini, Viviana Bartolini

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COEFORE/EUMENIDI

ProduzioneTeatro Nazionale di Genova, INDA Istituto Nazionale del Dramma Antico

Traduzione Walter Lapini

Regia Davide Livermore

Personaggi e interpreti “Coefore”

Musici | Diego Mingolla, Stefania Visalli
Oreste | Giuseppe Sartori
Pilade | Gabriele Crisafulli
Elettra | Anna Della Rosa
Le Coefore | Gaia Aprea, Alice Giroldini, Valentina Virando, Cecilia Bernini (cantante), Graziana Palazzo (cantante), Silvia Piccollo (cantante)
Voce e immagine di Agamennone | Sax Nicosia
Clitennestra | Laura Marinoni
Cilissa | Maria Grazia Solano
Egisto | Stefano Santospago
Una donna | Nicoletta Cifariello
Le Erinni | Maria Laila Fernandez, Marcello Gravina, Turi Moricca
Guardie | Lorenzo Crovo, Lorenzo Scarpino, Davide Niccolini

Personaggi e interpreti “Eumenidi”

La Pizia (Profetessa) | Maria Grazia Solano
Apollo | Giancarlo Judica Cordiglia
Le Eumenidi | Maria Laila Fernandez, Marcello Gravina, Turi Moricca
Fantasma di Clitennestra | Laura Marinoni
Statua di Atena | Bianca Mei
Atena
 | Olivia Manescalchi

Scene Davide Livermore, Lorenzo Russo Rainaldi

Costumi Gianluca Falaschi

Musiche originali Andrea Chenna

Luci Marco De Nardi

Video Design D-Wok

Regista assistente Sax Nicosia

Assistente alla regia Aurora Trovatello

Cast tecnico

direttore di scena Alberto Giolitti
direttore di palco Michele Borghini
capo macchinista Marco Fieni
macchinista Nathan Copello
macchinista / attrezzista Giulia Chittaro
capo elettricista Toni Martignetti
fonici Edoardo Ambrosio, Umberto Ferro, Stefano Gualtieri
video Luca Nasciuti
trucco e parrucco Barbara Petrolati, Giuseppe Tafuri, Giovanna Molinaro
sartoria Cristina Bandini, Viviana Bartolini

FESTIVAL CONFORMAZIONI 2023, CONFERENZA STAMPA

“ConFormazioni” ovvero la  primavera performativa palermitana

Martedì 28 marzo 2023 si è svolta a Palermo, nella cornice dello Spazio Franco presso i Cantieri Culturali alla Zisa, la conferenza stampa del Festival ConFormazioni, arrivato alla sua settima edizione.

Il Festival di danza e linguaggi contemporanei tornerà a Palermo dal 21 al 30 aprile 2023. Una versione allargata dell’ormai conosciuta azione che vede alla direzione artistica Giuseppe Muscarello e a quella organizzativa Danila Blasi: a precedere il festival ci sarà un’anticipazione in collaborazione con Scena Nostra, rassegna dello Spazio Franco dedicata alle creazioni contemporanee.

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Come tutte le ragazze libere – Paola Rota

L’idea per lo spettacolo Come tutte le ragazze libere, andato in scena al Teatro Gobetti dal 21 al 26 febbraio all’interno della stagione teatrale 2022/2023 Out of the blue, nasce da un singolare fatto di cronaca: sette tredicenni, originarie della Bosnia Erzegovina, al ritorno da una gita scolastica scoprono di essere rimaste incinte. La notizia ha un impatto globale, attorno ad esso si crea un dibattito accesso per capire di chi siano le responsabilità di un’educazione sessuale non adeguata, se non addirittura mancante. La scuola e le famiglie scaricano queste responsabilità l’una sulle altre.

Da tutto questo la drammaturga Bosniaca Tanja Sljivar prende l’ispirazione per scrivere, nel 2017, questa pièce teatrale, nella sua versione italiana tradotta da Manuela Orazi e diretta da Paola Rota.

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Frankenstein – Filippo Andreatta

Per la stagione Buchi Neri, il Teatro Astra, dal 7 al 12 Febbraio, ha presentato Frankenstein, scritto e diretto da Filippo Andreatta, tratto dall’omonimo e iconico romanzo di Mary Shelley.

Lo spettacolo si apre con un fuoco vero, crepitante, che brucia direttamente nello spazio scenico.
La fiamma viene presa dal moderno Prometeo, portata simbolicamente agli uomini in una forma addomesticata, domata, non più fuoco che divampa ma focolare domestico. Ma questo piegare la natura porta ad un disastro ambientale, e la fiamma della conoscenza umana si trasforma in sofferenza.                                           

Il busto di cera, che ad ogni replica si scioglie e si deforma in modi sempre nuovi, rende bene l’idea stessa del Teatro e di uno spettacolo che, sera dopo sera, sarà sempre diverso.
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UNO SGUARDO DAL PONTE – MASSIMO POPOLIZIO

Dal 7 al 19 febbraio, sul palco del Carignano, è andato in scena Uno sguardo dal ponte, secondo testo di Arthur Miller a calcare le tavole di questa stagione dello Stabile dopo Il crogiuolo diretto da Filippo Dini. Ma se in quest’ultimo si respirava un’atmosfera quasi monumentale, vuoi per la messa in scena, vuoi semplicemente per il tema storico trattato, in Uno sguardo dal ponte l’azione si predispone ad un approccio decisamente più intimo, ed è su questa intimità, su queste interazioni ravvicinate tra i personaggi, che Massimo Popolizio, regista nonché interprete principale, sembra voler far leva.

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Intervista a Fabrizio Falco

“Irrequieto”

Attore e regista teatrale, Fabrizio Falco invade la città di Torino portando il suo Closer durante la stagione Out Of The Blue del Teatro Stabile di Torino al Teatro Gobetti, dal 14 al 19 febbraio, con Davide Cirri, Eletta Del Castillo e Paola Francesca Frasca; ma lo troviamo anche dal 2 marzo al cinema come protagonista del film La Memoria Del Mondo di Mirko Locatelli e, infine, al Circolo Dei Lettori con il suo monologo Molière Uanmensció (O Come Volete Voi), il 13 marzo

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SHINE Pink Floyd Moon

Torna a brillare la stella Raffaele Paganini

In questa intervista telefonica Raffaele Paganini, étoile di danza classica e famoso personaggio televisivo, ci racconta del suo ritorno alle scene in un contesto teatrale diverso dal solito. Sullo sfondo di un concerto Rock su musiche dei Pink Floyd, suonato e cantato live dalla band Pink Floyd Legend, Raffaele interpreta la figura di Sid Barret, storico fondatore della band inglese scomparso nel Luglio 2006. Visionario ed eclettico Sid rappresenta l’archetipo del genio pop degli anni ’60 il suo impulso alla genesi del genere psichedelico rappresenta una pietra miliare nel panorama musicale del ventesimo secolo.

I PinK Floyd e la danza

Nel 1972, a Marsiglia, Roland Petit creò un balletto su musica dei  Pink Floyd, suonata dal vivo dagli stessi musicisti, fu non solo un evento ma anche una profonda innovazione, grazie al magistrale disegno coreografico unito ad una fisicità prorompente del corpo di ballo. Petit capì subito cosa si celava dietro quel sound e riuscì a donarle oltre all’immagine un corpo danzante

Quella che  tu stai facendo  con questo spettacolo è una rivoluzione culturale anche se retrospettiva  perché parliamo dei Pink Floyd non  di gruppi pop rock attuali, premetto che sono sempre stato appassionato dei Pink Floyd per cui per me è terreno fertile,  e vado subito al dunque : come hai vissuto questa nuova esperienza? 

“ Sai Paolo, in realtà quando ero ragazzo,  e tu sai che con la scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma eravamo molto  centrati sulla disciplina anche da un punto di vista culturale,  i  nostri programmi di studio comprendevano, oltre alle lezioni di tecnica classica,  ore di musica per la danza. Questo faceva sì che noi già dai primi anni venissimo a contatto con quella musica che faceva capo ai grandi compositori come Tchaikowsky, Prokoviev, Haydn, Adam e  ovviamente la nostra conoscenza in campo musicale era totalmente di estrazione classica,  per cui non ti nascondo che ho scoperto i Pink Floyd  come tanti altri gruppi, che sarebbero  dovuti essere parte integrante della del mio trascorso epocale della mia adolescenza cioè di quando ero  giovanotto,  e invece  li sentivo così magari di sfuggita, erano sicuramente famosi però non li seguivo non li ascoltavo, devo dirti la verità e per questo  mi sono sorpreso anch’io del fatto che oggi a distanza di tanti anni stia interpretando il ruolo del frontman dei Pink Floyd  Syd Barrett.” 

Parliamo dello spettacolo  Shine

“è una cosa molto particolare, io lo chiamerei  un concerto danzante perché ci sono dal vivo  I Pink Floyd Legend che sono un gruppo quotatissimo qui in Italia, che va per la maggiore, almeno io lo vedo dall’affluenza del pubblico  ai loro spettacoli, è pazzesco fanno dei numeri interessantissimi ,  ti dico la verità sono un po’ basito,  perché non avrei immaginato che potesse accadermi una cosa così strana e straordinaria al tempo stesso.”

Cosa ti ha portato ad accettare questo ruolo

“ intanto la coreografia di  Micha van Hoecke  che è un coreografo molto importante, di lui mi piace questa sua introspezione questo suo modo di coreografare con i personaggi e con le persone, ho avuto modo di lavorare molto con lui e poi  c’è un corpo di ballo straordinario ci sono dai 12 ai 14 elementi, tutti ballerini classici che formano la compagnia  di  balletto di Daniele Cipriani e questo mi ha fatto veramente riflettere, nonostante io avessi smesso di calcare le scene più di 15 anni fa al presentarsi di questa occasione ho detto.: “ beh guarda mi fa piacere” poi ti dico la sincera verità avendo io smesso da tempo, essendo avanti con l’età, naturalmente l’età dei danzatori, gli ho detto: “ ma quanti spettacoli abbiamo, cioè è una tournée tipo  quelle dei  balletti classici in cui si fanno 100 date in un anno? ” lui mi ha risposto :” no guarda è uno spettacolo talmente grande talmente importante e imponente che sicuramente arriveremo al massimo a 10 /15 date in tutto”  allora mi sono tranquillizzato ho detto: ”va bene si può fare l’impegno non è così costante”   e dunque ci siamo  accordati sulle date. Questo spettacolo devo dire è molto bello, io l’ho  visto in anteprima in video  in uno schermo abbastanza grande proprio a casa di Cipriani e devo dire che ne sono rimasto affascinato, è molto particolare non puoi immaginare, c’è questa musica dirompente che ti  avvolge perché noi ballerini abbiamo alle spalle, su una piattaforma di  un 1 m 1 ½ m più alta del  palcoscenico questo gruppo fantastico di musicisti ,  sono tutti professionisti molto molto bravi e  tre coriste con delle voci eccezionali e allora  mi son detto, ma questa occasione non me la  posso perdere  e poi non è la danza che conosciamo noi cioè la danza che ho frequentato io nel senso che non è il balletto classico è qualcosa di molto  particolare, racconta la storia terribile di quest’uomo geniale che ha attraversato momenti umanamente terribili, legati alla droga e all’alcol, insieme a momenti di straordinario e prolifico percorso artistico e musicale tanto da farne una leggenda” 

Come si è arrivati alla scelta Raffaele Paganini per questo ruolo, com’è nata questa collaborazione ?

“guarda, purtroppo il tutto nasce da un piccolo problema, vale a dire che questo spettacolo doveva essere interpretato dal caro e grande amico Denis Ganio, purtroppo Denis doveva subire un intervento all’occhio e sai, io  l’ho capito perfettamente , perché quando hai una certa età, lui è leggermente più grande di me, ed hai una  deficienza fisica questa ti può veramente destabilizzare. Mi ricordo che lui già dimostrava una certa titubanza riguardo la sua partecipazione e diceva “io non so se ho ancora voglia di farlo” poi è successo che lui parlando con  Daniele Cipriani e con la moglie di Misha dice “guarda io non lo so se mi sento di continuare, ma scusate ha detto , io so che  tra Raffaele e Misha  c’è un rapporto professionale molto importante ma anche di grande amicizia per cui Raffaele lo conosce talmente bene, ci ha lavorato talmente tanto che probabilmente potrebbe essere una valida alternativa, è quindi nato tutto da questa strana combinazione, Denis ha detto a Daniele di contattarmi  per verificare la mia disponibilità e così è stato , mi ha chiamato e mi ha esposto tutta la situazione, io l’ho assolutamente capita e ho capito che probabilmente poteva essere il mio  tra virgolette addio definitivo alle scene, anche se ufficialmente  c’era già stato,  perché 12 anni fa avevo decisamente smesso di danzare e quindi ho detto: ”ti voglio ascoltare Daniele, parliamone perché voglio capire”, e lui mi ha raccontato tutta la storia, sapeva della mia amicizia con Misha e quindi tutto è partito da una situazione chiaramente favorevole , Paolo ti dico la verità, dopo averlo ascoltato attentamente nell’esposizione del progetto gli ho detto: “ guarda  se devo danzare ti chiedo scusa ma non sono più nell’età, non me la sento più non voglio ballare, poi se devo fare che ne so  una parte del tipo Doge nel Giulietta e Romeo te lo faccio pure parliamone, però danzare proprio no, non voglio più muovere passi  come dire coreografati di danza in scena. Lui ha detto: ”no guarda adesso te lo faccio vedere, ti do un link dello spettacolo” , mi ha mandato il link ed ho visto una sorta di trailer dello show dopodiché  l’ho richiamato: “ guarda vediamoci e parliamone” la cosa mi sembrava interessante quindi ci siamo incontrati come ti dicevo abbiamo parlato un pochino e lui mi ha tra virgolette convinto, ma ero già predisposto a fare questa nuova esperienza e sai cosa mi ha portato veramente nella mia decisione finale ? il fatto che  lui mi ha fatto vedere anche le prove di tutto il  balletto e mentre Misha parlava con il corpo di ballo e spiegava quello che era la sua idea , quello che avrebbe voluto in quel gesto cosa voleva raccontare cosa voleva dire, io sapevo già la risposta sapevo già la risposta perché avendo lavorato tanto con lui già sapevo che, se fossi stato io lì , cosa mi avrebbe chiesto  e cosa io gli avrei risposto quindi tutto collimava, sembrava tutta già predisposto  e allora ho detto: “ senti ci sto ci sto facciamolo, facciamo questa esperienza insieme, lavoriamo insieme”. 

Quanti saranno gli spettacoli programmati?

 “gli spettacoli non sono tanti perché come ti dicevo prima non è più il caso che io insomma mi metta a fare le tournée che si facevano una volta e poi sono rimasto scioccato dalla mia ultima tournée che è stata quella di 7 spose per 7 fratelli dove ho fatto 750 spettacoli, facevamo 2020 spettacoli l’anno quindi ho detto fermi tutti , un attimo io ho anche una vita ho una moglie dei figli ho i miei meravigliosi cagnolini che mi aspettano e poi alla fine  tu  Paolo sei  come me, a 25 anni hai deciso di sposarti e mettere su famiglia e di fare dei figli e  vivere una vita tra virgolette normale. Ad un certo punto  devi anche assumerti la responsabilità di questo, quindi ho messo su  famiglia perché volevo essere padre perché volevo essere marito perché voglio essere una persona normale nonostante ami in maniera smodata  la mia arte il mio lavoro, insomma avevo veramente desiderio di costruire anche qualcosa di diverso infatti dopo 7 mesi avevo già un figlio poi subito dopo ne ho avuto un altro, questo Shine però è un passaggio della mia seconda  vita artistica perché ora come sai  io insegno non faccio il coreografo perché non sono capace non so fare coreografie  è un talento che non ho quindi non mi cimento proprio, mi è stato chiesto più volte perfino in Rai mi hanno chiesto di fare delle coreografie, quelle un pochino più classiche, però ho sempre rifiutato, quello non è il mio mondo.  

Quindi il diamante torna a brillare?

Amico mio, sai quanto io ami stare in scena, mi sono detto , faccio questa ultima esperienza, la voglio fare. 

Negli ultimi anni ti sei dedicato molto all’insegnamento, la cosa ti soddisfa?

insegnare mi diverte tantissimo perché come  diceva il buon Derevianko “noi purtroppo non sappiamo insegnare male sappiamo insegnare solo bene perché a noi hanno insegnato la danza bene, il tendu va fatto bene in quella maniera e dunque non abbiamo deviazioni, noi lo sappiamo fare solo  bene quindi lo possiamo insegnare solo bene, e questo è un vantaggio per gli allievi ed è giusto che sia così, perché insomma veniamo da  scuole importanti, dove la disciplina era al primo posto.

Se ti conosco bene, quando poi decidi di fare una cosa la fai con tutti i crismi?

Lo sai come la penso, mi sono detto, ma perché, no perché no, poi ne ho parlato anche Debora con mia moglie e che come sai lei è un ex  ballerina del Teatro dell’Opera di Roma mi ha detto .”ma guarda Raffaele fallo “, perché io insomma, mi dispiaceva magari devo andar via devo partire, poi abbiamo visto che le date, non erano tantissime sono così a grappolo ed ho deciso di chiamare Daniele dopo un paio di giorni ho detto:” Daniele dai, accetto iniziamo le prove, abbiamo iniziato le prove ed abbiamo poi debuttato a Pisa  quest’estate, è stato il  primo spettacolo. 

Questo progetto mi ha trovato piacevolmente predisposto perché  c’è  molta danza dentro c’è tanta tanta danza si danza dall’inizio alla fine, si ascolta musica meravigliosa  suonata da  ottimi professionisti ed è una buona occasione per ricalcare le scene senza avere la presunzione di danzare perché insomma poi purtroppo la vita è questa no? si cresce l’età cresce insomma basta va bene così è perfetto così, questo ruolo è assolutamente  adatto a me, con questo non ti dico che cammino in scena facciamo anche delle piccole evoluzioni però sempre molto molto controllate molto dosate senza cadere mai nel, se vogliamo, scusami dico una parola che fra artisti non si dovrebbe dire cadere nel ridicolo, perché la mia paura è sempre stata questa e in effetti tu sai che io ho smesso di danzare la mia danza cioè lago dei cigni , lo schiaccianoci il il Don Chisciotte il corsaro che era vabbè il mio cavallo di battaglia, ho smesso di danzare perché  intorno ai 36 anni ho detto basta non mi andava più di mettermi la calzamaglia di vestirmi in quel modo ero un uomo avevo già due figli avevo delle responsabilità avevo i mutui da pagare avevo un sacco di cose che non mi portavano più ad essere quel giovincello che  guizzava all’interno del palcoscenico per cui al 36 anni ho detto basta. Poi ho continuato facendo altre cose tipo Zorba il greco che insomma ne avrai memoria, è stato anche quello un grande successo però era tutto molto diverso non era più quella danza per la quale io ero preparato. Ero pronto quindi, bello, perché questo stop l’ho deciso io, ho detto basta non voglio più calcare il palcoscenico, basta non lo voglio più fare e questa reentre così improvvisa mi ha dato un un guizzo di gioia e questo guizzo di gioia me lo sto, ti dico la sincera verità Paolo, me lo sto godendo tutto e vado in scena e lo faccio come possiamo dire, lo faccio con dignità e lo faccio con tanto tanto piacere.” 

Raffaele questa chiacchierata tra amici, la direi così, è veramente piacevole e non ho difficoltà a dirti che secondo me   sei stato uno dei pochi danzatori italiani che è stato in grado fino ad oggi di vivere la danza con la naturale evoluzione sia fisica che psicologica perché non vedo nel panorama mondiale tantissimi danzatori che hanno saputo vivere la loro età in modo coerente tu invece hai saputo gestire la tua età con consapevolezza e l’intelligenza che ti ha sempre contraddistinto ed hai affrontato ad esempio il discorso televisivo con naturalezza portando anche la bella danza come all’epoca era in televisione 

guarda Paolo io naturalmente sono assolutamente d’accordo con te, la danza che noi portavamo all’epoca in tv, parliamo di metà anni 80 più o meno, la mia prima trasmissione fu Fantastico due eravamo io Heather Parisi che comunque era una danzatrice che veniva dal classico, la stessa Fracci, ha approcciato la televisione, quindi io mi ricordo benissimo  quell’edizione di Fantastico era un periodo molto florido, la mia fortuna è stata quella di essere arrivato per primo, voglio dire dal teatro alla tv. Avevo decine e decine di richieste specialmente televisive e anche dalle compagnie private ed  enti lirici, Io ho avuto la fortuna di capire che al mio fianco avrei dovuto mettere sempre persone di alto livello. In quella edizione di fantastico, c’era Mario Pistoni come coreografo, cioè voglio dire un personaggio del nostro mondo della danza classica per antonomasia poi  c’era  Oriella Dorella e poi un bel corpo di ballo alcuni presi dalla Scala di Milano addirittura,ricordo che Mario mi diceva che faceva le audizioni ma era molto severo e voleva prendere tutti ragazzi che  avessero questa duttilità, il fatto di poter stare all’interno di questo mondo così pieno di lustrini,  però facendo cose ben mirate insomma modernizzando il tutto ma tenendo sempre la nostra base che era la nostra forza, il classico. Il mio successo lo si deve alla gente che da lì ha iniziato a capire qual’era la differenza tra il ballo della televisione e la danza televisiva, erano due mondi, poi l’avvento di Carla Fracci, Luciana Savignano e Oriella Dorella ha portato ancora più sicurezza e ancora più forza all’interno di questa kermesse televisiva, noi lì eravamo realmente gli ospiti eravamo un lumicino nella notte di uno sconosciuto, proprio eravamo lì piccolini messi là, però avevamo il nostro spazio, tiravamo come dire artisticamente fuori le unghie e ricordo che, non so Paolo  non mi vorrei sbagliare correggimi, ma noi facevamo tipo 8 minuti di balletto e costruivamo proprio una storia, non erano sicuramente gli stacchetti che sono arrivati dopo in televisione, insomma era qualcosa di estremamente impegnativo, voglio dire che dovevamo adeguarci a quel mondo che ci ospitava e dovevamo dare il meglio. Ne sono grato perché poi è stata parte anche della mia popolarità però sempre ho cercato di fare qualcosa che fosse a livello di quella disciplina che io amavo e conoscevo che era la danza classica” 

Io credo Raffaele che questa sia diventata più che un’intervista rivolta a Shine, una monografia su Raffaele Paganini il che non può che farmi piacere, per cui volevo chiudere con questa piccola provocazione: come si sta evolvendo secondo te la danza contemporanea?

“beh qui purtroppo tocchi un tasto molto delicato , è una bella provocazione però io ti dico, con il mio temperamento al di la della mia attitudine, proprio la danza sia moderna che contemporanea, se rinascessi oggi  studierei tantissima danza classica come base, adoro talmente tanto il bel contemporaneo  che purtroppo non lo so interpretare bene perchè non mi appartiene. 

A me piace molto e nella mia piccola se vogliamo piccola esperienza trovo che ci sia stata  da ieri a oggi una buona evoluzione ma circoscritta a situazioni di grande professionalità come per esempio in  Germania c’è stata un’evoluzione della danza contemporanea straordinaria, devo dire che sono talmente affascinato dal mondo della danza che lo amo tutto, ovviamente è un po’ come la danza classica che se non è fatta più che bene diventava noiosa ma molto noiosa, e la stessa cosa vale per la danza contemporanea, ogni tanto scusami faccio un piccolo inciso, vedo su questi social in Internet delle variazioni  di ballerini e ballerine allucinanti, fantastici, bellissimi, ecco quella danza contemporanea mi piace e mi entusiasma tantissimo, vuol dire che se c’è uno solo che lo sa fare in quel modo che è evoluto a quel livello vuol dire che c’è stato un lavoro dietro, poi dipende dalle generazioni, a quanto si impegnano affinché possano apprendere e capire che la danza contemporanea senza la danza classica diventa molto molto complicata” 

Secondo me dovrebbero istituire proprio un repertorio di floor work , i ballerini nel lavoro a terra spesso vanno anche bene ed hanno movimenti molto molto interessanti però poi quando si alzano in piedi e si avvicinano alla danza  lì diventa complicato diventa molto molto difficile e spesso sono impacciati.

è stata veramente una chiacchierata piacevolissima, come sempre, ti auguro tanto tanto successo per questa parte della tua vita di danzatore. Per concludere vuoi darci qualche data? dove ti porterà la tournée ?

“avremo il 3 Febbraio qui a Roma al teatro della conciliazione e poi il 21 Marzo saremo a Firenze al Teatro Verdi e poi  Bologna ed altre città importanti.”

Raffaele, in bocca al lupo per la tua tournée e tantissimi complimenti per il tuo ritorno alle scene-

“ Grazie a te Paolo ed un caro saluto a tutti gli studenti del DAMS di Torino”

Giuseppe Paolo Cianfoni 

AL SISTINA IL MARCHESE DEL GRILLO

Dalla pellicola al palcoscenico un’operazione riuscita

Siamo da tempo abituati alle versioni cinematografiche di grandi opere letterarie e teatrali o best seller della narrativa trasformati in film campioni d’incasso. Non c’è opera di Shakespeare che sia sfuggita alla celluloide, anche se non tutte le operazioni sono state degne della matrice originale.

In questo caso ci troviamo invece a ragionare di un film che diventa una commedia musicale, quindi una rappresentazione teatrale. Una operazione tutta made in Italy quella della commedia musicale che ha origini nobili, non dal punto di vista sociale bensì per la caratura degli attori e registi che hanno dato vita ad un filone teatrale tutto italiano, appunto quello della commedia musicale e della rivista , da non confondere con il musical d’oltreoceano che seppur di matrice analoga è più votato alla produzione cinematografica. 

Tornano alla mente grandi nomi come Carlo Dapporto, Erminio Macario, Delia Scala, Aldo Fabrizi, Ettore Petrolini, Gino Bramieri, Lauretta Masiero, Totò, Alberto Sordi, Renato Rascel ed ancora Vittorio Gassman, Gigi Proietti, Enrico Montesano, Monica Vitti, Jonny Dorelli. Tutti grandi interpreti che proprio con questi generi teatrali hanno fatto come si dice la gavetta , eccezion fatta per Gassman artista dalle profonde radici classiche che nella sua lunga carriera è riuscito a passare con straordinaria disinvoltura da ruoli classici a innumerevoli divertissement cinematografici e televisivi, guadagnandosi la popolarità del grande pubblico.

Il film

Quando si nomina il Marchese del Grillo immediatamente torna alla mente Alberto Sordi e la sua grande interpretazione nel film del 1981 per la regia di Mario Monicelli.  La pellicola prende spunto da una figura storica realmente esistita, racconta la Roma papalina di inizio ‘800 attraverso un tracciato carico di ironia e spregiudicato sarcasmo di cui il nobile romano è protagonista assoluto, e consegna uno straordinario Alberto Sordi e il film stesso alla storia della comicità cinematografica.

La trama

Siamo a Roma agli inizi XIX secolo  e il potere della chiesa e quindi del pontefice Pio VII è pressoché   totale. Qui vive il Marchese Onofrio del Grillo, Guardia nobile del Papa. L’ozio e l’organizzazione di scherzi ai danni di nobili e popolani sono il suo passatempo preferito , frequenta bettole e osterie, coltivando relazioni amorose clandestine con popolane e tenendo un atteggiamento ribelle agli occhi della sua famiglia, tra cui emerge la figura della madre bigotta e autoritaria.

Le sue giornate sono caratterizzate dall’irrefrenabile desiderio  di prendersi gioco del prossimo senza far distinzione di razza, sesso e strato sociale,  non risparmiando neppure la sua famiglia oltre allo stesso Papa. La sua spregiudicatezza senza limiti prosegue liberamente fino al giorno in cui Napoleone invade lo Stato Pontificio e i francesi entrano a Roma arrestando il Pontefice, a guardia del quale ci sarebbe dovuto essere proprio Onofrio che, invece di assicurarne l’incolumità abbandona la postazione per dedicarsi al suo passatempo preferito. Durante il periodo d’occupazione il Marchese incontra una giovane e bellissima attrice, primadonna di una compagnia francese che debutta al Teatro dell’Opera e allaccia amicizia con un giovane ufficiale di Napoleone. I discorsi di libertà del giovane e la visione moderna ed emancipata dell’attrice esaltano il Marchese al punto da indurlo a lasciare Roma per trasferirsi a Parigi. La disfatta di Napoleone a Waterloo pone la parola fine al sogno e ristabilisce le vecchie gerarchie, il Marchese del Grillo torna a Roma dove ad accoglierlo trova un clima ostile e una condanna a morte, decisa dallo stesso pontefice, per il suo alto tradimento nei confronti del Papa. Naturalmente la commedia non finisce in tragedia bensì con un finale a sorpresa, infatti il Marchese che sta per essere giustiziato altri non è che una povera vittima di uno dei tanti scherzi del nobiluomo, un povero carbonaio che è la copia perfetta del Marchese il quale, con la complicità del suo fedele servitore, mette in scena la sua burla migliore.

Il marchese in teatro

Il Sistina è per antonomasia il teatro della commedia musicale, chi non ricorda Aggiungi un posto a tavola, Accendiamo la lampada, Alleluja brava gente, grandi successi di pubblico e grandi incassi tutti firmati Garinei e Giovannini. Il pubblico romano e non solo attende la prima del Sistina come quello scaligero a Milano, una tradizione che accomuna un pubblico eterogeneo e voglioso di una parentesi di ilarità ed a volte di irriverenza nel pieno rispetto dei canoni romani: non a caso il fil rouge del Marchese del grillo è proprio lo sfottò e lo scherzo a tutti i costi. Così la trama della commedia si espande e straripa, toccando il politico il sociale ed il religioso presentando pennellate di una Roma sempre attuale con le sue problematiche e le contraddizioni che la caratterizzano e la rendono popolare nel mondo. Dopo una magistrale interpretazione di Enrico Montesano andata in scena nel 2016 con grande successo di pubblico e critica seguita da una altrettanto riuscitissima tournèe Italiana, è stata la volta di Max Giusti che si è consacrato degno successore dell’Albertone nazionale. Le due edizioni entrambe firmate da Massimo Romeo Piparo si incasellano in modo inequivocabile nella collezione dei grandi successi dello storico teatro romano. Lo stesso Piparo, a conferma della continuità vincente dello spettacolo ha voluto il medesimo cast di attori e ballerini della precedente edizione. Anche per questa edizione si profila una tournée nazionale, mentre per soddisfare le numerose richieste del pubblico e viste le numerose repliche sold-out di ottobre e novembre,  la commedia musicale campione d’incassi e di risate, tornerà al Sistina in maggio 2023.

Giuseppe Paolo Cianfoni