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Pompea Santoro e la nuova produzione della Eko Dance Project

Anche se la danza nel nostro paese deve farsi riconoscere e soprattutto sopravvivere a suon di grands battements, c’è chi tiene duro e percorre sentieri a volte impervi pur di onorare la Musa Tersicore. Il caso di Pompea Santoro è emblematico e traccia un percorso che è tutto rivolto alle new generation di danzatori e coreografi che trovano nel progetto EDP quelle possibilità che spesso vengono negate dalle istituzioni preposte a causa del ginepraio di una burocrazia contorta, spesso condizionata da ingerenze pseudopolitiche. Lei, forte della sua esperienza internazionale che l’ha vista protagonista di grandi produzioni, si pone come filtro rigenerativo e catartico, proponendo una forma di laboratorio che è allo stesso tempo fucina di produzione e messa in scena, e lo fa con sempre rinnovato entusiasmo.

Come nasce Eko Dance Project ?

Non è mai stato nelle mie intenzioni, nemmeno nei mie programmi e neppure nei miei desideri, io lavoravo principalmente per Mats Ek, mi sono trasferita in Italia e giravo nei teatri per rimontare le sue coreografie, ad un certo punto mi hanno chiesto di insegnare, ho sempre amato l’insegnamento fin da molto giovane è una cosa che sentivo tanto mia e quindi questa opportunità l’ho accolta con molto entusiasmo. Ho iniziato con la compagnia di Paolo Mohovich, poi ho continuato con la scuola di Loredana Furno ed anche per la sua compagnia. Mi sono ritrovata alle Lavanderie a vapore con una decina di ragazze che al mattino venivano a prendere lezione regolarmente, tutte intorno ai diciannove vent’anni.  Sempre Loredana mi propone di preparare qualcosa con queste giovani in occasione dello spettacolo della scuola. Premetto che avevo iniziato un po’ per gioco a insegnare loro Giselle secondo atto di Mats Ek e Loredana mi propose di presentare il lavoro a scopo educativo e  così abbiamo fatto. La combinazione ha voluto che fosse presente allo spettacolo Claudia Allasia la quale tornò anche la seconda sera assieme a Piero Ragionieri , mancato nel 2021, che allora era Direttore della Fondazione Piemonte dal Vivo. Lui ne fu entusiasta al puto da chiedermi di iniziare qualcosa a Torino e così feci, era verso la fine del 2012 quando fondai l’associazione Eko Dance Project. Non ho mai fatto audizioni, i ragazzi arrivavano spontaneamente, tra i primi ci furono il danzatore e coreografo Andrea Zardi che successivamente ha conseguito il Dottorato di ricerca presso l’Università di Torino nell’ambito del rapporto Studi di  Danza e Neuroestetica e Giorgia Bonetto mia assistente, danzatrice e  insegnante, lei è ancora con me sin dall’inizio del progetto. Spesso sono colleghe che hanno accademie sparse in tutta Italia a mandarmi i loro allievi, per fare esperienza ed esplorare quello che c’è oltre lo studio accademico. Questo non significa che alla Eko si abbandona la tecnica classica che ritengo sia fondamentale e imprescindibile. La danza accademica deve essere sempre al servizio di qualsiasi stile si affronti, poi ovviamente ci possono essere stili in cui la tecnica devi completamente dimenticarla, ma se un danzatore è aperto e duttile fa in fretta ad adeguarsi, cosa impossibile se invece un danzatore non possiede una solida tecnica accademica.

Mi stai dicendo in sintesi che la tecnica classica è la base indispensabile per affrontare le coreografie di Matz EK

È così, non è una opinione è come la matematica, e non solo per Matz Ek ma anche per altri stili di danza contemporanei. Credo che ancora si fa troppa distinzione tra il balletto classico e quello contemporaneo, per me non è così, per me una si sposa con l’altra, un danzatore si forma con la tecnica classica, la tecnica è qualcosa che ti permette di conoscere il tuo corpo a fondo, ti permette di muoverlo perché ti rende consapevole, ti ha permesso di sentire e gestire il tuo corpo.

Più tecnica hai più libero sei di gestire i movimenti a prescindere dallo stile di danza.

Io mi sono allenata con la tecnica classica tutte le mattine per tutta la mia vita ma poi non ho usato quel materiale per esprimermi, ma la tecnica mi ha permesso di danzare quello che mi veniva chiesto, potevo guidare il mio corpo senza problemi perché la tecnica mi permetteva di aver accesso e guidarlo come desideravo. Continuo a pensarla così e la Eko Dance si basa proprio su questo pensiero. Infatti i miei ragazzi tutte le mattine si allenano e si preparano con la lezione di classico.

Ci sono altri direttori di compagnie che come te hanno dato spazio a giovani coreografi nel nostro paese ?

Mi viene in mente Cristina Bozzolini con il Balletto di Toscana, con lei sono nati tanti coreografi, poi c’è da dire che per le compagnie è più rischioso mentre nel mio caso, essendo il mio un progetto di alta formazione, si colloca in modo naturale nelle sue finalità principali.

Credo che un giovane coreografo così come un danzatore abbia bisogno di una guida ed è qui che trova il materiale di cui necessita. Spesso i giovani coreografi si trovano soli ad affrontare il difficile percorso artistico, non hanno una guida esperta che li consigli indicando loro soluzioni adatte al loro scopo, soluzioni date soprattutto da artisti che hanno avuto una grande esperienza nel settore.

Cose pensi della situazione danza in Italia ?

In Italia di possibilità ce ne sono pari a zero, a parte l’Aterballetto che comunque fa un repertorio vasto  le  altre sono quasi tutte compagnie d’autore dove prevalentemente si mettono in scena coreografie degli stessi direttori e  poi ci sono compagnie come il Balletto di Torino, il Balletto di Roma ma certo la produzione nazionale è abbastanza scarsa. Spesso ci sono giovani talenti che trovano spazio all’estero e non in Italia. Certo anche per me è un rischio mettere in scena lavori inediti creati da autori sconosciuti ma credo che l’opera artistica sia da sempre soggetta alla critica, una coreografia può piacere o non piacere ma questo non deve rappresentare un deterrente, l’importante è che il livello dei danzatori sia sempre al top, il pubblico può non apprezzare il lavoro coreografico ma sarà sempre pronto ad applaudire danzatori preparati.

Parlaci di questa nuova produzione

Il tema di questo spettacolo è volare oltre, quindi ho pensato di trattare uno degli argomenti più caldi che è questa identità di genere, il femminile il maschile. Ho pensato subito una cosa : “ facciamo che i ballerini li vestiamo tutti uguali, tutti, uomini e donne avranno lo stesso costume in tutte le coreografie”, quindi non abbiamo la donna con la gonna e il maschio col pantalone, niente ruoli . Certo fisicamente nasciamo uomo e donna poi nella vita si è liberi di essere ciò che si vuole. Per tornare allo spettacolo ogni pezzo ha un tema preciso come: l’amore, la passione, le relazioni umane, la resilienza e la speranza . Il mio lavoro è stato quello di assistere i coreografi ed aiutarli nel lavoro di costruzione, spesso stimolandoli alla riflessione sul concetto di significato del movimento.

Ci saranno repliche di questo spettacolo ?

Guarda qui andiamo a toccare un tasto dolente perché quando si va a proporre uno spettacolo nei teatri sono tutti alla ricerca del titolone e si perdono delle occasioni per mettere in cartellone degli ottimi spettacoli, per esempio noi abbiamo riempito il teatro per ben tre serate, c’era anche l’Assessore alla cultura, il Professor Pontremoli che è rimasto affascinato dalla serata, mi chiedo perché il direttore di un teatro non rischi un pochino e affianchi al titolone anche spettacoli nuovi, fatti da giovani di talento. 

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Stili diversi con un unico obbiettivo, eliminare le barriere tra uomo e donna, tra quello che è femminile e maschile.

IL TUO VENTO

Coreografia di Eva Calanni
Assistente: Giorgia Bonetto
Musica: “Neo” C. Loffler, “Nil” di C. Loffler, “Only the wind” O. Arnalds Arcadia di Apparat Interpreti: Andrea Carozzi, Isabelle Zabot, Francesco Polese, Francesca Raballo.

Il tuo vento vuole esprimere quella forza dentro ognuno di noi, in grado di farci volare oltre le barriere della vita. Quel segreto che abbiamo dentro, che nel momento in cui viene liberato, riesce a farci sentire liberi di essere, semplicemente, noi stessi.

HIGHER GROUND

Coreografia: Pedro Lozano Gomez
Assistente: Giorgia Bonetto
Musica: Fabian Reimair and Pyotr Ilyich Tchaikovsky
Luci: Mauro Panizza
Interpreti: Gaia Triacca, Jennifer Mauri, Arianna Reggio, Enrico Benedet, Isabelle Zabot.

La linea è sottile tra il trattenere e il sapere, mille miglia tra correre e crescere. Sarà la luce dietro questo caos a guidarmi? Vorrei che fosse il coraggio a trovarmi, a poco a poco da questa dannazione costruiremo una nazione più forte.

DEMOISELLES

Coreografia: Giovanni Insaudo
Assistente: Giorgia Bonetto
Musica: Matthew Herbert- the wonder/credits, Davidson Jaconello a midnight’s summer dream (musica inedita), Woodkid-otto
Costumi: Giovanni Insaudo
Luci: Mauro Panizza
Interpreti: Andrea Carozzi, Gaia Triacca, Francesco Polese, Isabelle Zabot, Francesca Raballo, Chiara Colombo, Cecilia Napoli.

La narrazione trae ispirazione dal dipinto di Pablo Picasso “Les Demoiselles d’Avignone”. I personaggi nel dipinto prendono vita, sviluppano nuove relazioni tra esse e ci lasciano scorgere diverse visioni dell’interpretazione personale che il coreografo ha voluto dare interpretando il dipinto e trasformandolo da tela piatta a pittura in rilievo. Si racconta della donna, degli esseri umani, delle loro vulnerabilità e delle loro libertà di genere, allo stesso tempo si racconta dell’unicità di ognuno dei caratteri che prendono vita all’interno del pezzo.

INTERMEZZO

Coreografia: Marco Prete
Musica: Phoria, “Current”
Luci: Mauro Panizza
Interpreti: Anna Del Bel Belluz, Bianca Cintelli, Celeste Olei, Alessia Coda Zabetta

DesOrder

Coreografia: Ken Ossola
Musica: Polle van Genechten
Testo: Martino Muller
Voce: Martijn Verhagen
Interpreti: Eko Dance Alta Formazione, Eko Dance Compagnia.

Prima collaborazione con Eko dance Project e con il talentuoso compositore olandese Polle van Genechten.
All’inizio i danzatori sono controllati da fili come delle marionette che si muovono per spingersi oltre i confini, verso la ricerca di un senso di libertà, fisicamente e spiritualmente.

Fidati del destino e lasciati andare per trovare il vero significato della vita.

Giuseppe Paolo Cianfoni

SHINE Pink Floyd Moon

Torna a brillare la stella Raffaele Paganini

In questa intervista telefonica Raffaele Paganini, étoile di danza classica e famoso personaggio televisivo, ci racconta del suo ritorno alle scene in un contesto teatrale diverso dal solito. Sullo sfondo di un concerto Rock su musiche dei Pink Floyd, suonato e cantato live dalla band Pink Floyd Legend, Raffaele interpreta la figura di Sid Barret, storico fondatore della band inglese scomparso nel Luglio 2006. Visionario ed eclettico Sid rappresenta l’archetipo del genio pop degli anni ’60 il suo impulso alla genesi del genere psichedelico rappresenta una pietra miliare nel panorama musicale del ventesimo secolo.

I PinK Floyd e la danza

Nel 1972, a Marsiglia, Roland Petit creò un balletto su musica dei  Pink Floyd, suonata dal vivo dagli stessi musicisti, fu non solo un evento ma anche una profonda innovazione, grazie al magistrale disegno coreografico unito ad una fisicità prorompente del corpo di ballo. Petit capì subito cosa si celava dietro quel sound e riuscì a donarle oltre all’immagine un corpo danzante

Quella che  tu stai facendo  con questo spettacolo è una rivoluzione culturale anche se retrospettiva  perché parliamo dei Pink Floyd non  di gruppi pop rock attuali, premetto che sono sempre stato appassionato dei Pink Floyd per cui per me è terreno fertile,  e vado subito al dunque : come hai vissuto questa nuova esperienza? 

“ Sai Paolo, in realtà quando ero ragazzo,  e tu sai che con la scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma eravamo molto  centrati sulla disciplina anche da un punto di vista culturale,  i  nostri programmi di studio comprendevano, oltre alle lezioni di tecnica classica,  ore di musica per la danza. Questo faceva sì che noi già dai primi anni venissimo a contatto con quella musica che faceva capo ai grandi compositori come Tchaikowsky, Prokoviev, Haydn, Adam e  ovviamente la nostra conoscenza in campo musicale era totalmente di estrazione classica,  per cui non ti nascondo che ho scoperto i Pink Floyd  come tanti altri gruppi, che sarebbero  dovuti essere parte integrante della del mio trascorso epocale della mia adolescenza cioè di quando ero  giovanotto,  e invece  li sentivo così magari di sfuggita, erano sicuramente famosi però non li seguivo non li ascoltavo, devo dirti la verità e per questo  mi sono sorpreso anch’io del fatto che oggi a distanza di tanti anni stia interpretando il ruolo del frontman dei Pink Floyd  Syd Barrett.” 

Parliamo dello spettacolo  Shine

“è una cosa molto particolare, io lo chiamerei  un concerto danzante perché ci sono dal vivo  I Pink Floyd Legend che sono un gruppo quotatissimo qui in Italia, che va per la maggiore, almeno io lo vedo dall’affluenza del pubblico  ai loro spettacoli, è pazzesco fanno dei numeri interessantissimi ,  ti dico la verità sono un po’ basito,  perché non avrei immaginato che potesse accadermi una cosa così strana e straordinaria al tempo stesso.”

Cosa ti ha portato ad accettare questo ruolo

“ intanto la coreografia di  Micha van Hoecke  che è un coreografo molto importante, di lui mi piace questa sua introspezione questo suo modo di coreografare con i personaggi e con le persone, ho avuto modo di lavorare molto con lui e poi  c’è un corpo di ballo straordinario ci sono dai 12 ai 14 elementi, tutti ballerini classici che formano la compagnia  di  balletto di Daniele Cipriani e questo mi ha fatto veramente riflettere, nonostante io avessi smesso di calcare le scene più di 15 anni fa al presentarsi di questa occasione ho detto.: “ beh guarda mi fa piacere” poi ti dico la sincera verità avendo io smesso da tempo, essendo avanti con l’età, naturalmente l’età dei danzatori, gli ho detto: “ ma quanti spettacoli abbiamo, cioè è una tournée tipo  quelle dei  balletti classici in cui si fanno 100 date in un anno? ” lui mi ha risposto :” no guarda è uno spettacolo talmente grande talmente importante e imponente che sicuramente arriveremo al massimo a 10 /15 date in tutto”  allora mi sono tranquillizzato ho detto: ”va bene si può fare l’impegno non è così costante”   e dunque ci siamo  accordati sulle date. Questo spettacolo devo dire è molto bello, io l’ho  visto in anteprima in video  in uno schermo abbastanza grande proprio a casa di Cipriani e devo dire che ne sono rimasto affascinato, è molto particolare non puoi immaginare, c’è questa musica dirompente che ti  avvolge perché noi ballerini abbiamo alle spalle, su una piattaforma di  un 1 m 1 ½ m più alta del  palcoscenico questo gruppo fantastico di musicisti ,  sono tutti professionisti molto molto bravi e  tre coriste con delle voci eccezionali e allora  mi son detto, ma questa occasione non me la  posso perdere  e poi non è la danza che conosciamo noi cioè la danza che ho frequentato io nel senso che non è il balletto classico è qualcosa di molto  particolare, racconta la storia terribile di quest’uomo geniale che ha attraversato momenti umanamente terribili, legati alla droga e all’alcol, insieme a momenti di straordinario e prolifico percorso artistico e musicale tanto da farne una leggenda” 

Come si è arrivati alla scelta Raffaele Paganini per questo ruolo, com’è nata questa collaborazione ?

“guarda, purtroppo il tutto nasce da un piccolo problema, vale a dire che questo spettacolo doveva essere interpretato dal caro e grande amico Denis Ganio, purtroppo Denis doveva subire un intervento all’occhio e sai, io  l’ho capito perfettamente , perché quando hai una certa età, lui è leggermente più grande di me, ed hai una  deficienza fisica questa ti può veramente destabilizzare. Mi ricordo che lui già dimostrava una certa titubanza riguardo la sua partecipazione e diceva “io non so se ho ancora voglia di farlo” poi è successo che lui parlando con  Daniele Cipriani e con la moglie di Misha dice “guarda io non lo so se mi sento di continuare, ma scusate ha detto , io so che  tra Raffaele e Misha  c’è un rapporto professionale molto importante ma anche di grande amicizia per cui Raffaele lo conosce talmente bene, ci ha lavorato talmente tanto che probabilmente potrebbe essere una valida alternativa, è quindi nato tutto da questa strana combinazione, Denis ha detto a Daniele di contattarmi  per verificare la mia disponibilità e così è stato , mi ha chiamato e mi ha esposto tutta la situazione, io l’ho assolutamente capita e ho capito che probabilmente poteva essere il mio  tra virgolette addio definitivo alle scene, anche se ufficialmente  c’era già stato,  perché 12 anni fa avevo decisamente smesso di danzare e quindi ho detto: ”ti voglio ascoltare Daniele, parliamone perché voglio capire”, e lui mi ha raccontato tutta la storia, sapeva della mia amicizia con Misha e quindi tutto è partito da una situazione chiaramente favorevole , Paolo ti dico la verità, dopo averlo ascoltato attentamente nell’esposizione del progetto gli ho detto: “ guarda  se devo danzare ti chiedo scusa ma non sono più nell’età, non me la sento più non voglio ballare, poi se devo fare che ne so  una parte del tipo Doge nel Giulietta e Romeo te lo faccio pure parliamone, però danzare proprio no, non voglio più muovere passi  come dire coreografati di danza in scena. Lui ha detto: ”no guarda adesso te lo faccio vedere, ti do un link dello spettacolo” , mi ha mandato il link ed ho visto una sorta di trailer dello show dopodiché  l’ho richiamato: “ guarda vediamoci e parliamone” la cosa mi sembrava interessante quindi ci siamo incontrati come ti dicevo abbiamo parlato un pochino e lui mi ha tra virgolette convinto, ma ero già predisposto a fare questa nuova esperienza e sai cosa mi ha portato veramente nella mia decisione finale ? il fatto che  lui mi ha fatto vedere anche le prove di tutto il  balletto e mentre Misha parlava con il corpo di ballo e spiegava quello che era la sua idea , quello che avrebbe voluto in quel gesto cosa voleva raccontare cosa voleva dire, io sapevo già la risposta sapevo già la risposta perché avendo lavorato tanto con lui già sapevo che, se fossi stato io lì , cosa mi avrebbe chiesto  e cosa io gli avrei risposto quindi tutto collimava, sembrava tutta già predisposto  e allora ho detto: “ senti ci sto ci sto facciamolo, facciamo questa esperienza insieme, lavoriamo insieme”. 

Quanti saranno gli spettacoli programmati?

 “gli spettacoli non sono tanti perché come ti dicevo prima non è più il caso che io insomma mi metta a fare le tournée che si facevano una volta e poi sono rimasto scioccato dalla mia ultima tournée che è stata quella di 7 spose per 7 fratelli dove ho fatto 750 spettacoli, facevamo 2020 spettacoli l’anno quindi ho detto fermi tutti , un attimo io ho anche una vita ho una moglie dei figli ho i miei meravigliosi cagnolini che mi aspettano e poi alla fine  tu  Paolo sei  come me, a 25 anni hai deciso di sposarti e mettere su famiglia e di fare dei figli e  vivere una vita tra virgolette normale. Ad un certo punto  devi anche assumerti la responsabilità di questo, quindi ho messo su  famiglia perché volevo essere padre perché volevo essere marito perché voglio essere una persona normale nonostante ami in maniera smodata  la mia arte il mio lavoro, insomma avevo veramente desiderio di costruire anche qualcosa di diverso infatti dopo 7 mesi avevo già un figlio poi subito dopo ne ho avuto un altro, questo Shine però è un passaggio della mia seconda  vita artistica perché ora come sai  io insegno non faccio il coreografo perché non sono capace non so fare coreografie  è un talento che non ho quindi non mi cimento proprio, mi è stato chiesto più volte perfino in Rai mi hanno chiesto di fare delle coreografie, quelle un pochino più classiche, però ho sempre rifiutato, quello non è il mio mondo.  

Quindi il diamante torna a brillare?

Amico mio, sai quanto io ami stare in scena, mi sono detto , faccio questa ultima esperienza, la voglio fare. 

Negli ultimi anni ti sei dedicato molto all’insegnamento, la cosa ti soddisfa?

insegnare mi diverte tantissimo perché come  diceva il buon Derevianko “noi purtroppo non sappiamo insegnare male sappiamo insegnare solo bene perché a noi hanno insegnato la danza bene, il tendu va fatto bene in quella maniera e dunque non abbiamo deviazioni, noi lo sappiamo fare solo  bene quindi lo possiamo insegnare solo bene, e questo è un vantaggio per gli allievi ed è giusto che sia così, perché insomma veniamo da  scuole importanti, dove la disciplina era al primo posto.

Se ti conosco bene, quando poi decidi di fare una cosa la fai con tutti i crismi?

Lo sai come la penso, mi sono detto, ma perché, no perché no, poi ne ho parlato anche Debora con mia moglie e che come sai lei è un ex  ballerina del Teatro dell’Opera di Roma mi ha detto .”ma guarda Raffaele fallo “, perché io insomma, mi dispiaceva magari devo andar via devo partire, poi abbiamo visto che le date, non erano tantissime sono così a grappolo ed ho deciso di chiamare Daniele dopo un paio di giorni ho detto:” Daniele dai, accetto iniziamo le prove, abbiamo iniziato le prove ed abbiamo poi debuttato a Pisa  quest’estate, è stato il  primo spettacolo. 

Questo progetto mi ha trovato piacevolmente predisposto perché  c’è  molta danza dentro c’è tanta tanta danza si danza dall’inizio alla fine, si ascolta musica meravigliosa  suonata da  ottimi professionisti ed è una buona occasione per ricalcare le scene senza avere la presunzione di danzare perché insomma poi purtroppo la vita è questa no? si cresce l’età cresce insomma basta va bene così è perfetto così, questo ruolo è assolutamente  adatto a me, con questo non ti dico che cammino in scena facciamo anche delle piccole evoluzioni però sempre molto molto controllate molto dosate senza cadere mai nel, se vogliamo, scusami dico una parola che fra artisti non si dovrebbe dire cadere nel ridicolo, perché la mia paura è sempre stata questa e in effetti tu sai che io ho smesso di danzare la mia danza cioè lago dei cigni , lo schiaccianoci il il Don Chisciotte il corsaro che era vabbè il mio cavallo di battaglia, ho smesso di danzare perché  intorno ai 36 anni ho detto basta non mi andava più di mettermi la calzamaglia di vestirmi in quel modo ero un uomo avevo già due figli avevo delle responsabilità avevo i mutui da pagare avevo un sacco di cose che non mi portavano più ad essere quel giovincello che  guizzava all’interno del palcoscenico per cui al 36 anni ho detto basta. Poi ho continuato facendo altre cose tipo Zorba il greco che insomma ne avrai memoria, è stato anche quello un grande successo però era tutto molto diverso non era più quella danza per la quale io ero preparato. Ero pronto quindi, bello, perché questo stop l’ho deciso io, ho detto basta non voglio più calcare il palcoscenico, basta non lo voglio più fare e questa reentre così improvvisa mi ha dato un un guizzo di gioia e questo guizzo di gioia me lo sto, ti dico la sincera verità Paolo, me lo sto godendo tutto e vado in scena e lo faccio come possiamo dire, lo faccio con dignità e lo faccio con tanto tanto piacere.” 

Raffaele questa chiacchierata tra amici, la direi così, è veramente piacevole e non ho difficoltà a dirti che secondo me   sei stato uno dei pochi danzatori italiani che è stato in grado fino ad oggi di vivere la danza con la naturale evoluzione sia fisica che psicologica perché non vedo nel panorama mondiale tantissimi danzatori che hanno saputo vivere la loro età in modo coerente tu invece hai saputo gestire la tua età con consapevolezza e l’intelligenza che ti ha sempre contraddistinto ed hai affrontato ad esempio il discorso televisivo con naturalezza portando anche la bella danza come all’epoca era in televisione 

guarda Paolo io naturalmente sono assolutamente d’accordo con te, la danza che noi portavamo all’epoca in tv, parliamo di metà anni 80 più o meno, la mia prima trasmissione fu Fantastico due eravamo io Heather Parisi che comunque era una danzatrice che veniva dal classico, la stessa Fracci, ha approcciato la televisione, quindi io mi ricordo benissimo  quell’edizione di Fantastico era un periodo molto florido, la mia fortuna è stata quella di essere arrivato per primo, voglio dire dal teatro alla tv. Avevo decine e decine di richieste specialmente televisive e anche dalle compagnie private ed  enti lirici, Io ho avuto la fortuna di capire che al mio fianco avrei dovuto mettere sempre persone di alto livello. In quella edizione di fantastico, c’era Mario Pistoni come coreografo, cioè voglio dire un personaggio del nostro mondo della danza classica per antonomasia poi  c’era  Oriella Dorella e poi un bel corpo di ballo alcuni presi dalla Scala di Milano addirittura,ricordo che Mario mi diceva che faceva le audizioni ma era molto severo e voleva prendere tutti ragazzi che  avessero questa duttilità, il fatto di poter stare all’interno di questo mondo così pieno di lustrini,  però facendo cose ben mirate insomma modernizzando il tutto ma tenendo sempre la nostra base che era la nostra forza, il classico. Il mio successo lo si deve alla gente che da lì ha iniziato a capire qual’era la differenza tra il ballo della televisione e la danza televisiva, erano due mondi, poi l’avvento di Carla Fracci, Luciana Savignano e Oriella Dorella ha portato ancora più sicurezza e ancora più forza all’interno di questa kermesse televisiva, noi lì eravamo realmente gli ospiti eravamo un lumicino nella notte di uno sconosciuto, proprio eravamo lì piccolini messi là, però avevamo il nostro spazio, tiravamo come dire artisticamente fuori le unghie e ricordo che, non so Paolo  non mi vorrei sbagliare correggimi, ma noi facevamo tipo 8 minuti di balletto e costruivamo proprio una storia, non erano sicuramente gli stacchetti che sono arrivati dopo in televisione, insomma era qualcosa di estremamente impegnativo, voglio dire che dovevamo adeguarci a quel mondo che ci ospitava e dovevamo dare il meglio. Ne sono grato perché poi è stata parte anche della mia popolarità però sempre ho cercato di fare qualcosa che fosse a livello di quella disciplina che io amavo e conoscevo che era la danza classica” 

Io credo Raffaele che questa sia diventata più che un’intervista rivolta a Shine, una monografia su Raffaele Paganini il che non può che farmi piacere, per cui volevo chiudere con questa piccola provocazione: come si sta evolvendo secondo te la danza contemporanea?

“beh qui purtroppo tocchi un tasto molto delicato , è una bella provocazione però io ti dico, con il mio temperamento al di la della mia attitudine, proprio la danza sia moderna che contemporanea, se rinascessi oggi  studierei tantissima danza classica come base, adoro talmente tanto il bel contemporaneo  che purtroppo non lo so interpretare bene perchè non mi appartiene. 

A me piace molto e nella mia piccola se vogliamo piccola esperienza trovo che ci sia stata  da ieri a oggi una buona evoluzione ma circoscritta a situazioni di grande professionalità come per esempio in  Germania c’è stata un’evoluzione della danza contemporanea straordinaria, devo dire che sono talmente affascinato dal mondo della danza che lo amo tutto, ovviamente è un po’ come la danza classica che se non è fatta più che bene diventava noiosa ma molto noiosa, e la stessa cosa vale per la danza contemporanea, ogni tanto scusami faccio un piccolo inciso, vedo su questi social in Internet delle variazioni  di ballerini e ballerine allucinanti, fantastici, bellissimi, ecco quella danza contemporanea mi piace e mi entusiasma tantissimo, vuol dire che se c’è uno solo che lo sa fare in quel modo che è evoluto a quel livello vuol dire che c’è stato un lavoro dietro, poi dipende dalle generazioni, a quanto si impegnano affinché possano apprendere e capire che la danza contemporanea senza la danza classica diventa molto molto complicata” 

Secondo me dovrebbero istituire proprio un repertorio di floor work , i ballerini nel lavoro a terra spesso vanno anche bene ed hanno movimenti molto molto interessanti però poi quando si alzano in piedi e si avvicinano alla danza  lì diventa complicato diventa molto molto difficile e spesso sono impacciati.

è stata veramente una chiacchierata piacevolissima, come sempre, ti auguro tanto tanto successo per questa parte della tua vita di danzatore. Per concludere vuoi darci qualche data? dove ti porterà la tournée ?

“avremo il 3 Febbraio qui a Roma al teatro della conciliazione e poi il 21 Marzo saremo a Firenze al Teatro Verdi e poi  Bologna ed altre città importanti.”

Raffaele, in bocca al lupo per la tua tournée e tantissimi complimenti per il tuo ritorno alle scene-

“ Grazie a te Paolo ed un caro saluto a tutti gli studenti del DAMS di Torino”

Giuseppe Paolo Cianfoni 

AL SISTINA IL MARCHESE DEL GRILLO

Dalla pellicola al palcoscenico un’operazione riuscita

Siamo da tempo abituati alle versioni cinematografiche di grandi opere letterarie e teatrali o best seller della narrativa trasformati in film campioni d’incasso. Non c’è opera di Shakespeare che sia sfuggita alla celluloide, anche se non tutte le operazioni sono state degne della matrice originale.

In questo caso ci troviamo invece a ragionare di un film che diventa una commedia musicale, quindi una rappresentazione teatrale. Una operazione tutta made in Italy quella della commedia musicale che ha origini nobili, non dal punto di vista sociale bensì per la caratura degli attori e registi che hanno dato vita ad un filone teatrale tutto italiano, appunto quello della commedia musicale e della rivista , da non confondere con il musical d’oltreoceano che seppur di matrice analoga è più votato alla produzione cinematografica. 

Tornano alla mente grandi nomi come Carlo Dapporto, Erminio Macario, Delia Scala, Aldo Fabrizi, Ettore Petrolini, Gino Bramieri, Lauretta Masiero, Totò, Alberto Sordi, Renato Rascel ed ancora Vittorio Gassman, Gigi Proietti, Enrico Montesano, Monica Vitti, Jonny Dorelli. Tutti grandi interpreti che proprio con questi generi teatrali hanno fatto come si dice la gavetta , eccezion fatta per Gassman artista dalle profonde radici classiche che nella sua lunga carriera è riuscito a passare con straordinaria disinvoltura da ruoli classici a innumerevoli divertissement cinematografici e televisivi, guadagnandosi la popolarità del grande pubblico.

Il film

Quando si nomina il Marchese del Grillo immediatamente torna alla mente Alberto Sordi e la sua grande interpretazione nel film del 1981 per la regia di Mario Monicelli.  La pellicola prende spunto da una figura storica realmente esistita, racconta la Roma papalina di inizio ‘800 attraverso un tracciato carico di ironia e spregiudicato sarcasmo di cui il nobile romano è protagonista assoluto, e consegna uno straordinario Alberto Sordi e il film stesso alla storia della comicità cinematografica.

La trama

Siamo a Roma agli inizi XIX secolo  e il potere della chiesa e quindi del pontefice Pio VII è pressoché   totale. Qui vive il Marchese Onofrio del Grillo, Guardia nobile del Papa. L’ozio e l’organizzazione di scherzi ai danni di nobili e popolani sono il suo passatempo preferito , frequenta bettole e osterie, coltivando relazioni amorose clandestine con popolane e tenendo un atteggiamento ribelle agli occhi della sua famiglia, tra cui emerge la figura della madre bigotta e autoritaria.

Le sue giornate sono caratterizzate dall’irrefrenabile desiderio  di prendersi gioco del prossimo senza far distinzione di razza, sesso e strato sociale,  non risparmiando neppure la sua famiglia oltre allo stesso Papa. La sua spregiudicatezza senza limiti prosegue liberamente fino al giorno in cui Napoleone invade lo Stato Pontificio e i francesi entrano a Roma arrestando il Pontefice, a guardia del quale ci sarebbe dovuto essere proprio Onofrio che, invece di assicurarne l’incolumità abbandona la postazione per dedicarsi al suo passatempo preferito. Durante il periodo d’occupazione il Marchese incontra una giovane e bellissima attrice, primadonna di una compagnia francese che debutta al Teatro dell’Opera e allaccia amicizia con un giovane ufficiale di Napoleone. I discorsi di libertà del giovane e la visione moderna ed emancipata dell’attrice esaltano il Marchese al punto da indurlo a lasciare Roma per trasferirsi a Parigi. La disfatta di Napoleone a Waterloo pone la parola fine al sogno e ristabilisce le vecchie gerarchie, il Marchese del Grillo torna a Roma dove ad accoglierlo trova un clima ostile e una condanna a morte, decisa dallo stesso pontefice, per il suo alto tradimento nei confronti del Papa. Naturalmente la commedia non finisce in tragedia bensì con un finale a sorpresa, infatti il Marchese che sta per essere giustiziato altri non è che una povera vittima di uno dei tanti scherzi del nobiluomo, un povero carbonaio che è la copia perfetta del Marchese il quale, con la complicità del suo fedele servitore, mette in scena la sua burla migliore.

Il marchese in teatro

Il Sistina è per antonomasia il teatro della commedia musicale, chi non ricorda Aggiungi un posto a tavola, Accendiamo la lampada, Alleluja brava gente, grandi successi di pubblico e grandi incassi tutti firmati Garinei e Giovannini. Il pubblico romano e non solo attende la prima del Sistina come quello scaligero a Milano, una tradizione che accomuna un pubblico eterogeneo e voglioso di una parentesi di ilarità ed a volte di irriverenza nel pieno rispetto dei canoni romani: non a caso il fil rouge del Marchese del grillo è proprio lo sfottò e lo scherzo a tutti i costi. Così la trama della commedia si espande e straripa, toccando il politico il sociale ed il religioso presentando pennellate di una Roma sempre attuale con le sue problematiche e le contraddizioni che la caratterizzano e la rendono popolare nel mondo. Dopo una magistrale interpretazione di Enrico Montesano andata in scena nel 2016 con grande successo di pubblico e critica seguita da una altrettanto riuscitissima tournèe Italiana, è stata la volta di Max Giusti che si è consacrato degno successore dell’Albertone nazionale. Le due edizioni entrambe firmate da Massimo Romeo Piparo si incasellano in modo inequivocabile nella collezione dei grandi successi dello storico teatro romano. Lo stesso Piparo, a conferma della continuità vincente dello spettacolo ha voluto il medesimo cast di attori e ballerini della precedente edizione. Anche per questa edizione si profila una tournée nazionale, mentre per soddisfare le numerose richieste del pubblico e viste le numerose repliche sold-out di ottobre e novembre,  la commedia musicale campione d’incassi e di risate, tornerà al Sistina in maggio 2023.

Giuseppe Paolo Cianfoni

SIGUIFIN

IL GRIDO RIBELLE DELL’AFRICA

Se da un lato il balletto classico, cinque volte centenario, continua a stupirci attraverso splendidi interpreti del suo repertorio, dall’altro, nelle pieghe in continuo divenire della danza contemporanea, si fanno largo e prendono corpo forme alternative di espressione che a volte non si riesce a collocare nel pur capiente grembo di Tersicore.

Le contaminazioni continue, agenti sotto forma danzata sembrano aver definitivamente sdoganato il significato che abbiamo sempre dato alla parola Danza. 

Lo spettacolo

La parola, il gesto atletico , il grido dissonante che si mescola a piacevolissime  melodie riportano ai canti degli schiavi, prostrati ma comunque fraternamente uniti in un corteo che è cerimonia di consapevolezza di una  condizione umiliante.

Ritmico calpestio sincronico e una scena buia che ne risalta la sonorità invita immediatamente lo spettatore ad affacciarsi in terra d’Africa, successivamente una tiepida luce sagoma gentilmente i corpi che procedono a ritmo sincopato scandendo gli accenti con stamp energici e decisi. Una corposa voce femminile canta una melodia difficile da tradurre ma comunque efficace e diretta interprete dell’azione coreografica.

Così esordisce con il suo ensemble di artisti lo spettacolo Siguifin del coreografo Amala Dianor, andato in scena il 14 ottobre alle Fonderie Limone per la rassegna Torinodanza.

Sin dall’inizio si comprende subito, o almeno lo si crede, l’atmosfera e il logos, tuttavia quella forma di rituale che ci si aspetta generi e successivamente sviluppi un tema tutt’altro che astratto, sembra non arrivare. Il susseguirsi di situazioni in cui stili di danza, dal tribale all’Hip-hop dalla Breakdance al Jazz primitivo e accenni di Capoeira   si mescolano e interagiscono, sembrano elementi di un puzzle che stenta a completarsi. La palese assenza, fatta eccezione per alcuni casi, di un disegno coreografico efficace e coerente, sembra volerci distogliere dalla ricerca di un punto focale sul quale concentrare la nostra attenzione, di conseguenza ci costringe a seguire la performance di un danzatore  rispetto ad un trio che agisce in prossimità del fondale o di una coppia che dialoga in proscenio. Con questo modus si va avanti in attesa che qualcosa accada ed anche se il gesto atletico, che ormai ha completamente sostituito l’azione danzata, è di notevole efficacia il ritmo dello spettacolo si stabilizza su una linea continua e prevedibile, che non lascia spazio ne’ all’immaginazione tantomeno all’emozione. La musica, nella maggior parte dei  casi è fondamentalmente generata da percussioni di origine elettronica a volte accompagnata da un sottofondo mono accordo di tastiera anch’essa elettronica, ripetuto come un mantra. Molto più efficaci i suoni prodotti dagli stessi artisti così come i cori e gli assolo vocali sempre dal vivo. Lodevole la cantante solista che riesce a mantenere limpida e legata la voce nonostante i movimenti energici. Piccola annotazione sui costumi che richiamano le pitture di Piet Mondrian, si presume debbano rappresentare la complessa forma neoplastica che ingloba l’anima selvaggia e libera dagli schemi precostituiti, ma qui ognuno è libero di vederci quel che vuole.

Giuseppe Paolo Cianfoni

Creazione coreografia Alioune Diagne, NaomiFall, LadjiKonè, Amala Dianor

Luci Nicolas Tallec

Costumi Laurence Chalou

Musiche Awir Leon