Maqam è una parola araba che ha molteplici significati. Tutti rimandano ad uno stato di transitorietà, ad un momento di passaggio, flusso che permane costantemente sul confine del possibile accadimento. Michele Di Stefano gioca su questo stato di tensione per portare lo spettatore in un luogo che sembra essere fuori dal tempo, un altrove in cui si viene lentamente calati attraverso una suggestiva partitura musicale, composta dai suoni elettronici orchestrati dal vivo da Lorenzo Bianchi Hoesch, e dal canto di Amir ElSaffar. Il movimento ipnotico dei danzatori e i giochi di luce e ombre fanno il resto.
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LA NUOVA ABITUDINE – SOCìETAS
Rinunciare al dominio mentale dell’ordine moderno delle cose per coltivare nuove abitudini radicate nei costumi degli antichi.
Continua la lettura di LA NUOVA ABITUDINE – SOCìETASINSTRUMENT JAM | COMPAGNIA Zappalà Danza
23 GIUGNO 2021 | PALCOSCENICO DANZA – TEATRO ASTRA TORINO
Se ti senti fermo, vai in un qualche luogo. Una volta arrivato, aspetta. Ascolta per qualche minuto, e poi riparti. Se ti manca qualcosa, vai in un qualche luogo. Una volta arrivato, ascolta. Aspetta per qualche minuto e poi riparti. Se ti senti fermo e ti manca qualcosa nello stesso momento vai ad uno spettacolo di danza. Colmerai mancanze, e raggiungerai luoghi.
È successo questo mercoledì 23 giugno con l’esibizione della compagnia Zappalà Danza in occasione del festival Palcoscenico Danza al Teatro Astra di Torino.
La performance era stata inserita dal direttore artistico Paolo Mohovic nella stagione 2020, ma per cause note a tutti è stata annullata. Fortunatamente, dopo un anno, abbiamo avuto la fortuna di poter assistere a questo lavoro di sintesi, che riunisce un filone coreografico formato da Instrument 1, Instrument 2, e Instrument 3, rispettivamente dedicati a tre strumenti musicali della tradizione siciliana e non: i marranzani (scacciapensieri), i tamburi, e lo hang.
Instrument jam, includendo tradizione e modernità, ci mostra una Sicilia tanto genuina e forte quanto fragile e compromessa. La scenografia è essenziale e meravigliosa: tre pareti bianche realizzate con un tessuto che riprende i disegni da “ricamo della nonna”, e alcuni fari di taglio. La scenografia è essenziale e meravigliosa: tre pareti bianche realizzate con un tessuto che riprende i disegni da “ricamo della nonna”, e alcuni fari di taglio.
Non ci si accorge subito, se non dalla voce, che i danzatori sono tutti uomini. Indossano un abito e un velo in testa di colore nero, e tacchi. La scelta di utilizzare come effetto di scena il fumo rende l’atmosfera molto spirituale e ci ingloba in un rituale fatto di camminate ritmate e voci che ripetono una sorta di mantra “Piulu Paulu”, storpiatura dell’incipit di una filastrocca siciliana. Una volta tolti i tacchi e indossato un abito color carne, la scena si trasforma per diventare spazio di duetti e momenti di gruppo accompagnati dagli strumenti che vengono suonati dal vivo dietro il fondale bianco e da cui si intravedono i corpi dei musicisti.

Lo sguardo dei danzatori è molto spesso rivolto verso qualcosa che non sembra appartenere al luogo in cui siamo seduti, forse guardano la Sicilia da lontano mentre noi grazie a loro la possiamo osservare da vicino. Una Sicilia viva, irrazionale, calda, vigorosa.
Voce e danza si intrecciano perfettamente, anche in un momento di sola conversazione tenuto al microfono da un danzatore, che ci parla di spagnolo e ci racconta di essere un corpo, ma anche uno strumento. La danza di Roberto Zappalà è leggibile, pulita, muscolare ma non meno morbida, e sporcata in alcuni momenti da un linguaggio legato ad una ricerca forse più intima, meno tecnica.
Il messaggio inviato al pubblico arriva soprattutto grazie alla gestualità del quotidiano, una gestualità “all’italiana” che non possiamo ignorare, fatta di azioni che connotato e caratterizzano luoghi e culture, vite e usanze.
Silvia Urbani
Credits
COREOGRAFIE E REGIA ROBERTO ZAPPALÀ
MUSICA ORIGINALE (DAL VIVO) PUCCIO CASTROGIOVANNI
DANZATORI ADRIANO COLETTA, ALBERTO GNOLA, ADRIANO POPOLO RUBBIO ROBERTO PROVENZANO, FERNANDO ROLDAN FERRER, SALVATORE ROMANIA, ERIK ZARCONE
AI MARRANZANI (SCACCIAPENSIERI) PUCCIO CASTROGIOVANNI
TAMBURI ARNALDO VACCA
HANG SALVO FARRUGGIO
TESTI DI NELLO CALABRÒ
LUCI, SCENE E COSTUMI ROBERTO ZAPPALÀ
MANAGEMENT VITTORIO STASI
ASSISTENTE DI PRODUZIONE FEDERICA CINCOTTI
UFFICIO STAMPA VERONICA PITEA
INGEGNERE DEL SUONO GAETANO LEONARDI
DIREZIONE TECNICA SAMMY TORRISI
DIREZIONE GENERALE MARIA INGUSCIO
PRODUZIONE SCENARIO PUBBLICO – COMPAGNIA ZAPPALÀ DANZA – CENTRO NAZIONALE DI PRODUZIONE DELLA DANZA
LA COMPAGNIA ZAPPALÀ DANZA È SOSTENUTA DA MIBACT E REGIONE SICILIANA – ASSESSORATO TURISMO, SPORT E SPETTACOLO
Beat di igor x moreno | loop di farforyo
22 giugno 2021 | Festival Interplay – Mosaico Danza presso Lavanderia a Vapore a Collegno
Non si è mai del tutto preparati ad uno spettacolo di danza contemporanea, a meno che tu non l’abbia già visto. E anche su questo si potrebbe discutere. Questa volta non si era preparati per niente, perché BEAT di Igor x Moreno scardina molta di quella tradizione che ci si aspetterebbe, ed è un gran bene che lo faccia.
Gli spettatori della serata conclusiva del festival di danza contemporanea Interplay 2021, organizzato come ogni anno da Mosaico Danza con la direzione di Natalia Casorati, si raccolgono fin da subito nel foyer, dove l’energia che si respira è di quelle buone, che calmano e preparano. Andando poi a prendere posto l’allestimento scenico traghetta e riorganizza le vibrazioni positivegià presenti in entrata: da un lato una dj già all’opera con un live set di musica elettronica, dall’altro un light designer, mentre nel palco una pedana quadrata con dietro tre tende protagoniste di un disegno geometrico tridimensionale.


Il sound design prende sempre più forza, e si irradia nello spazio quando arriva la danzatrice (Magherita Elliot), posizionata al centro della pedana. È lì che intende rimanere per tutta la durata della performance. Ciò che colpisce fin da subito della performer, vestita con abiti casual e sportivi, è che sembra non avere i denti. Questo dettaglio spiazza e disarma tutto il pubblico: circondata da una luce di un bianco ottico accecante, la figura risulta addirittura non umana.
Ma ciò che ancor più colpisce è il suo linguaggio corporeo, in costante dialogo con lo spettatore e con il proprio io. Le luci molto forti e la musica molto alta fanno da ornamento ad un’indagine che si serve in particolar modo dell’espressione del volto e della gestualità delle mani, di immediata riconoscibilità perché tratte dalla quotidianità. È una conversazione alla pari, nella quale il pubblico viene interpellato, istigato, reso partecipe. Il movimento nasce da una danza contemporanea di ricerca unita ad influenze tratte dal voguing e non solo, che rendono il codice coreografico ibrido e molto personale.
Da menzionare, i meravigliosi contrasti che vanno a crearsi tra musica/luci e corpo, che mantiene quasi sempre una costante di tranquillità grazie ad un’investigazione controllata e consapevole. È tutto un gioco che gioco non è. La provocazione non è velata e le azioni della performer portano il peso degli argomenti trattati.

L’apice si raggiunge con un’intermittenza psichedelica delle luci, preludio di un loop di movimenti che sembra non fermarsi mai: saltelli ripetuti, tutti perfettamente identici e danzati con la stessa intensità. Nel mentre il pubblico viene illuminato anch’esso, quasi a diventare coprotagonista. Il loop continua trasformandosi in incessanti oscillazioni del bacino a destra e a sinistra. Questa perseveranza del bacino premia Igor x Moreno per la scelta di rimanere in un luogo e in una condizione, che conducono il pubblico in una sorta di trance. Il momento di stasi-non stasi viene spezzato da movimenti circolari e luci in bianco e nero dall’effetto smorzante.
E poi si ferma, la performer. E chiude gli occhi. Luci e musica iniziano la loro discesa in una calma finale e distensiva. Applausi fortissimi per la performance, e un applauso speciale per la giovanissima danzatrice che ha gestito 50 minuti di assolo con perfetto controllo, accompagnando tutti i presenti in un proprio substrato emotivo fatto di domande quotidiane, sempre le stesse, e di risposte anch’esse quotidiane, ma sempre diverse.

La serata avrebbe dovuto poi continuare all’aperto, ma la tempesta di grandine del pomeriggio ha costretto l’organizzazione ad allestire la seconda performance nel foyer. La compagnia Farforyo, guidata dal giovane coreografo russo Evgeniy Melentyev, porta in scena LOOP, un duo dove equilibrio e velocità vincono su tutto. I due danzatori entrano dall’esterno e riempiono tutto lo spazio con un’energia controllata, fluidissima e in costante movimento. Il linguaggio è contact improvisation contaminato da elementi di breaking e movement design. Le braccia dei due danzatori compongono figure sempre diverse e sempre più veloci, rimanendo pulite e “oliate”.

È una lotta giocosa e incessante, dove tempo e sincronia sono perfetti. Il pubblico è per metà seduto per terra ed è veramente vicino all’azione, che ti ingloba senza sosta, pur non schiacciando né comprimendo lo spazio. L’interazione sociale è al centro di questa indagine che crea connessioni rapide ma costanti, come quelle che in fondo viviamo anche noi tutti i giorni.

Silvia Urbani
Credits
BEAT
coreografia Moreno Solinas, Igor Urzelai
con Margherita Elliot
dj Martha, Anna Bolena
lighting designer e responsabile tecnico Seth Rook Williams
scene e costumi KASPERSOPHIE
dramaturg Simon Ellis
consulenza esterna Alberto Ruiz Soler
production manager Fergus Waldron
prodotto da Sarah Maguire
movement advisor Olmo Hidalgo
co-produzione Theatre de la Ville
finanziato da National Lottery through Arts Council England
commissionato da The Place, The Lowry and Cambridge Junction
con il supporto di the Spanish Embassy Office of Cultural and Scientific Affairs, Siobhan Davies Dance, Dance4, TIR Danza, Workshop Foundation, Dantzagunea, l’Animal a l’esquena, BAD Festival, S’ALA and The Point
LOOP
coreografia Evgeniy Melentyev
con Evgeniy Melentyev e Alkesei Sidelnikov
torinodanza festival 2021
LA CONFERENZA STAMPA
Continua la lettura di torinodanza festival 2021INTERVISTA A GERARDA VENTURA
Gerarda Ventura, direttrice artistica di Anghiari Dance Hub , inizia il suo percorso lavorativo ed artistico come danzatrice classica negli anni Ottanta lavorando con molti coreografi , tra cui Vittorio Biagi.
A partire dagli anni Novanta decide di interrompere la carriera di danzatrice e inizia a collaborare con piccole rassegne di danza contemporanea fino al 2014 quando viene invitata da Luca Ricci, Andrea Merendelli e Maurizio Settembri ad unirsi ad Anghiari Dance Hub.
” Come sta agendo Anghiari Dance Hub a fronte della pandemia?”
Fortunatamente – dichiara Gerarda- non hanno impedito lo svolgimento delle attività senza pubblico quindi (con tutte le precauzioni: sanificazioni, test molecolari,…) le prove e le residenze non hanno subito variazioni, diverse saranno invece le restituzioni perché non avverranno come al solito con il pubblico, i giornalisti e gli ospiti ma in streaming.
“Secondo lei quali scenari si apriranno per le arti performative?”
Sicuramente – sostiene Gerarda- le residenze digitali sono un campo d’indagine nuovo di come gli artisti possano usare le tecnologie per realizzare prodotti diversi dallo spettacolo dal vivo o dalla ripresa streaming. Un esempio è il centro di residenza regionale della Toscana, lanciato nella primavera scorsa da Armunia e Kilowatt a cui si sono accodati Anghiari Dance Hub, il circuito AMAT delle Marche e il circuito ATCL del Lazio.
Infine, vi segnalo le restituzioni dei danzatori che saranno online il 4 e 5 dicembre con l’acquisto di un biglietto nel sito di Anghiari Dance Hub ( https://anghiaridancehub.eu/ ).
Qui in basso il link all’intervista completa:
https://www.youtube.com/watch?v=T8LPluWIUWY&ab_channel=TeatrodamsTorino
9 modi per amare la danza in streaming
Teatri chiusi, cinema chiusi, strade deserte e maratone di serie tv. Sembra un copione già scritto, ed effettivamente è proprio così: la differenza sta solo nel fatto che fuori fa più freddo.
Questo è un anno difficile per il mondo dell’arte, e per chi – come noi – ne scrive. Ballerini, attori, cantanti, tecnici sono rimasti a casa, disoccupati, eppure l’opinione pubblica trascura queste categorie di lavoratori perché i loro impieghi sono ancora – tristemente – considerati marginali, di poca importanza. Perciò abbiamo deciso di contribuire anche noi a sfatare questo mito, venendo incontro alle abitudini che tutti – noi, blogger, e voi, lettori – abbiamo adottato in questo periodo di lockdown forzato.
Ecco quindi una lista di 9 proposte efficaci che il mondo della danza ha deciso di rendere disponibili online:
- Dance – Perché balliamo

Di cosa tratta: una docuserie in 5 episodi narrata dal coreografo e ballerino anglo-bangladese Akram Khan, che attraverso cinque tematiche – Identità, Storie, Anima e Corpo, Eros e Provocazione – esplora i motivi che hanno spinto l’uomo a cominciare ad esprimersi attraverso il proprio corpo. La serie esplora i più disparati stili di danza, dalla danza accademica al Tango.
Dove guardarla: Sky Arte, NowTV
2. Dance Rebels – A story of Modern Dance

Di cosa tratta: è un documentario della BBC che racconta la storia e l’evoluzione della modern dance a partire da Isadora Duncan, proseguendo con Martha Graham, Merce Cunningham, Michael Clark… fino a Boris Charmatz. 90 minuti di immagini e racconti appassionanti, che permettono uno sguardo più da vicino su una disciplina ancora poco compresa.
Dove guardarlo: Youtube, BBC IPlayer
3. Dancing Beethoven

Di cosa tratta: è un documentario che ripercorre il lavoro di Maurice Bèjart, ballerino e coreografo che ha reinterpretato il balletto classico – celeberrimo è il suo Bolero rappresentato da Jorge Donn -. Il lungometraggio riprende la ricreazione della coreografia che Bèjart ha creato sulla Nona Sinfonia di Beethoven nel 1960 da parte del Bejart Ballet Lausanne e del Tokyo Ballet, su musica dell’Orchestra Filarmonica d’Israele.
Dove guardarlo: Sky Arte, NowTV
4. Fuoriscena

Di cosa tratta: anteprima al Torino Film Festival 2013, il documentario mostra un intero anno nell’Accademia Teatro alla Scala, una delle accademie di danza più prestigiose al mondo. Quelle ad essere raccontate sono le storie di alcuni dei protagonisti che andranno a mettere in scena gli spettacoli della stagione 2011/2012.
Dove guardarlo: Prime Video
5. Move!

Di cosa tratta: 5 episodi, 5 storie. Sono quelle di Lil Buck e Jon Boogz, di Ohad Naharin, Kimiko Versatile, Akram Khan e Israel Galvan, protagonisti di levatura mondiale che raccontano la danza come movimento socioculturale, capace di incidere sulle vite delle persone.
Dove guardarla: Netflix
6. Lindsay Dances

Di cosa tratta: il documentario narra il percorso di vita di Lindsay Kemp, ballerino, coreografo e mimo che ha fatto dell’arte il suo mestiere. Personaggio eclettico del mondo della danza, Kemp ha collaborato con artisti del calibro di David Bowie e Marcel Marceau, diventando uno dei protagonisti più iconici del XX secolo.
Dove vederlo: RaiPlay
7. Paris is burning

Di cosa tratta: “Paris is burning” racconta la storia della comunità nera e ispanica LGBTQI+ ad Harlem, New York, precisamente nell’ambiente delle ballrooms e del vogueing degli anni ’80 – stile reso famoso dall’omonimo brano di Madonna ma esistente già dagli anni ’60 -. Un must see per chi vuole comprendere meglio le radici di questo stile così eclettico e appassionante.
Dove vederlo: YouTube
8. The other side

Di cosa tratta: è una videocreazione coreografica e musicale nata durante i tempi dell’isolamento, una collaborazione che vede la compagnia Aterballetto e la Filarmonica Arturo Toscanini insieme per portare avanti un progetto nuovo, fatto su misura per l’isolamento a cui tutti siamo costretti.
Dove vederlo: RaiPlay
9. We speak dance

Di cosa tratta: la ballerina e produttrice Vandana Hart ha ideato questa docuserie che la vede in viaggio per il globo, esplorando i legami che la danza crea fra le persone in Paesi come l’Indonesia, il Libano, la Francia, svelando anche quel lato sacrale e primitivo del movimento.
Dove guardarlo: Netflix
Ramona Bustiuc
if you could see me now / trial
La grande sfida lanciata da Interplay
Continua la lettura di if you could see me now / trialTo DA BONE/POSARE IL TEMPO

PARTE PRIMA: TO DA BONE DI (LA HORDE)
To Da bone è uno spettacolo che nasce dalla collaborazione tra (LA)HORDE e un gruppo di undici danzatori provenienti da tutto il mondo.
(LA)HORDE è un collettivo artistico fondato nel 2011. La direzione è composta da tre artisti: Marine Brutti, Jonathan Debrouwer e Arthur Harel che lavorano all’incrocio tra danza, arti visive e performance.
Lo stile di ballo di To Da bone, il “jumpstyle”, nasce agli inizi degli anni Duemila tra Belgio e Olanda ed è basato sul solo movimento delle gambe attraverso calci, rotazioni e salti. I tre giovani artisti definiscono questo nuovo genere come danza “post-internet”, poiché esiste soprattutto online.

Infatti, come ci spiega il danzatore Thomas Topa Hongre, nell’intervista svolta da Elisa Vaccarino, la danza di To Da Bone è una danza “personale” che non si insegna nelle scuole di danza ma si apprende da soli, nella propria stanza, grazie ai video tutorial su Youtube. Inoltre, è proprio grazie a Internet che Thomas è venuto in contatto con la community francese di Jumpstyle e poi le altre community nel mondo.
Interessante quindi è assistere, nonostante tutti i limiti di una fruizione dello spettacolo in streaming, a questo genere di danza proprio nella stessa piattaforma in cui è nata. Il ritmo della musica elettronica scandisce lo spettacolo e insieme a degli intermezzi di parti recitate dai ballerini, contribuisce a tenere viva l’attenzione dello spettatore che difficilmente riuscirà a distogliere lo sguardo dallo schermo.
coreografia (LA)HORDE / Marine Brutti, Jonathan Debrouwer, Arthur Harel
regia e tecnica David Goualou
musiche Aamourocean (Antoine Boule, Ulysse Klotz)
disegno luci Patrick Riou
danzatori 11 non specificati
referente audio e coach del gruppo danzatori Céline Signoret
amministrazione e produzione Clemence Sormani
PARTE SECONDA: POSARE IL TEMPO DI CLAUDIA CATARZI
Al contrario di To Da Bone, ritengo che “ Posare il tempo” di Claudia Catarzi si adatti difficilmente ad una visione online che non permette di cogliere la profondità prospettica e le diverse angolature attorno alle quali ruota lo spettacolo, che sono (a mio parere) necessarie per poter essere apprezzato al meglio.

Nonostante questo, dal breve estratto che è stato trasmesso lo scorso 22 maggio, si intuisce un lavoro interessante, basato sulla presenza dei corpi attratti al suolo dalla forza di gravità e allo stesso tempo corpi che si attraggono tra di loro. Idee sulle quali molti ballerini contemporanei stanno basando i loro lavori (un esempio è Andrea Dore con lo spettacolo “ Underground Roof”) e che ben riflettono un momento, come quello attuale , di “decentramento” dell’uomo.

coreografia Claudia Catarzi
con Claudia Caldarano, Claudia Catarzi
percussioni live Gianni Maestrucci
drammaturgia Amina Amici
musiche originali e drammaturgia sonora Bruno De Franceschi
sound design Francesco Taddei
light design Massimiliano Calvetti, Leonardo Bucalossi
produzione La Manufacture – Centre de Développement Chorégraphique National Bordeaux Nouvelle – Aquitaine
in coproduzione con La Briqueterie – Centre de Développement Chorégraphique National du Val-de-Marne, POLE-SUD – Centre de Développement Chorégraphique National / Strasbourg, Art Danse – Centre de Développement Chorégraphique National Dijon Bourgogne, Centre Chorégraphique National Malandain Ballet Biarritz, Le réseau Tremplin: Danse à tous les étages – Bretagne, L’Etoile du Nord – Paris, Le Mac Orlan – Brest, Le Triangle – Rennes, Chorège – Falaise, Centre Chorégraphique National de Nantes, CANGO – Firenze, Company Blu
Graces / match 2
Opening Festival Interplay digital 20/20
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