LA TEMPESTA – ALESSANDRO SERRA

Dal 15 marzo fino al 3 aprile è in scena alle Fonderie Limone di Moncalieri La tempesta, seconda regia e adattamento di Alessandro Serra di un’opera shakesperiana dopo Macbettu, spettacolo prodotto dal Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, dal Teatro di Roma – Teatro Nazionale, da ERT – Teatro Nazionale, Sardegna Teatro, in collaborazione con Fondazione I Teatri Reggio Emilia e Compagnia Teatropersona.

La tempesta, opera di commiato dalle scene del drammaturgo e poeta di Stratford-Upon-Avon, racconta di Prospero, duca di Milano spodestato, che con l’utilizzo della sua arte magica e con l’aiuto del fidato Ariel, spirito dell’aria, inscena una tempesta ai danni della nave su cui viaggiano il fratello Antonio, attuale duca di Milano, Alonso, re di Napoli, il loro seguito e il resto dell’equipaggio facendoli naufragare sull’isola in cui vivono l’esiliato Prospero, sua figlia Miranda e Caliban, figlio della strega Sicorax, dove i naufraghi vengono messi alla prova.

Il testo tratta e rinnova alcuni temi classici dell’opera di Shakespeare come la magia, la natura, il potere che «tutti cercano di usurpare, consolidare e innalzare» e il teatro, anche nelle sue accezioni più simboliche e metafisiche. Serra incentra il suo lavoro precipuamente su queste tematiche, costruendo una drammaturgia di immagini sceniche composte attraverso l’utilizzo di luci, nebbia, oggetti, suoni e costumi avvalendosi della simbologia dei mezzi teatrali a partire da quelli più immediati, corpo e voce, ad altri più elaborati: nella scena iniziale della tempesta, Ariel danza in armonia insieme ad un grande telo, simbolo delle acque del mar Mediterraneo, per far naufragare la nave di Alonso.

Foto di Alessandro Serra

Gli attori, per tutta la durata dello spettacolo, ad eccezione di due momenti, recitano su un palchetto in legno – l’isola-palcoscenico, composta da assi irregolari e scanalature incastonato al centro del palco: «La tempesta è un inno al teatro fatto con il teatro la cui forza magica risiede proprio in questa possibilità unica e irripetibile di accedere a dimensioni metafisiche attraverso la cialtroneria di una compagnia di comici che calpestano quattro assi di legno, con pochi oggetti e un mucchietto di costumi rattoppati» scrive, a tal riguardo, Serra nel foglio di sala. Nel palchetto sono nascoste luci calde, che conciliano il sonno di Alonso e Gonzalo e conferiscono un’aura magica e ancestrale alla danza di vendetta di Caliban , e microfoni, che amplificano talvolta i passi dello stesso Caliban talaltra lo stridio della spada di Ferdinando. Il palco convoglia, quindi, forze di diversa natura su cui si incontrano, fino quasi allo scontro, i personaggi dell’opera.

Foto di Alessandro Serra

L’ottima interpretazione corale degli attori, per la qualità e la precisione dei movimenti, l’intenzione e l’uso della voce, riesce a dare vita ai personaggi; il modo in cui viene occupato lo spazio e l’interazione con gli oggetti – che siano essi una trave, dei costumi o una conchiglia – è studiato ed eseguito con una precisione quasi chirurgica tipica dei lavori del regista.

Foto di Alessandro Serra

Il testo, tradotto per l’occasione da Alessandro Serra con la collaborazione di Donata Feroldi, adatta i dialoghi per esprimere al meglio le esigenze della lingua parlata. Si nota soprattutto nelle battute di Stefano e Trìnculo – buffone e cantiniere – recitate in dialetto napoletano.

Foto di Alessandro Serra

La lingua parlata ha una propria forza nel suono e nell’intenzione, leitmotiv del regista, esplorato specialmente in Macbettu ed estendibile ne La Tempesta anche a Caliban che è costretto a parlare la lingua del “conquistatore” Prospero, con la quale si esprime a fatica, e ad abbandonare quella della madre: quando Shakespeare scrisse l’opera fu probabilmente influenzato dagli scritti di Montaigne che si interrogava sulla natura delle conquiste coloniali europee e su questo aspetto del potere sembra interrogarsi anche lo spettacolo.

Il tema della morte o, in senso più lato, del distacco dalla vita, in parallelo a quello meta teatrale, accompagna la figura di Prospero dall’inizio alla fine e coinvolge direttamente anche Ariel, rappresentazione, probabilmente, dell’anima del Duca. Capace di infondergli il perdono per i nemici e la compassione e di eseguirne i sortilegi, quando il padrone gli restituisce la libertà, o con la morte di Prospero, e quindi di Ariel, o abbandonandolo sull’isola come un vecchio giocattolo – dubbio che lo spettacolo lascia alla libera interpretazione – sembra incapace di accettarlo.

La tempesta, in conclusione, è uno spettacolo di grande impatto visivo ed emotivo, capace di far ridere lo spettatore, di farlo emozionare e di farlo ragionare sui ruoli e le condizioni del potere, sulla natura, sull’amore, sulla morte e sul teatro che con il suo potere evocativo e immaginifico continua a raccontare storie e a fare emozionare.

Riccardo Ezzu

di William Shakespeare

traduzione e adattamento di Alessandro Serra

con (in o.a.) Fabio Barone, Andrea Castellano, Vincenzo Del Prete, Massimiliano Donato, Paolo Madonna, Jared McNeill, Chiara Michelini, Maria Irene Minelli, Valerio Pietrovita, Massimiliano Poli, Marco Sgrosso, Bruno Stori

regia, scene, luci, suoni, costumi Alessandro Serra

collaborazione alle luci Stefano Bardelli

collaborazione ai suoni Alessandro Saviozzi

collaborazione ai costumi Francesca Novati

maschere Tiziano Fario

Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

Teatro di Roma – Teatro Nazionale

ERT – Teatro Nazionale | Sardegna Teatro

Festival D’Avignon | MA scène nationale – Pays De Montbéliard

in collaborazione con Fondazione I Teatri Reggio Emilia | Compagnia Teatropersona

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *