I DUE GEMELLI VENEZIANI – VALTER MALOSTI

Da martedì 21 a venerdì 31 dicembre va in scena al Teatro Astra I due gemelli veneziani di Carlo Goldoni per la regia di Valter Malosti, con Marco Foschi.

Il sipario si apre su un tavolo in legno, vi giace disteso un corpo umano ben vestito; dietro sta Pulcinella, che in un vorticare di gesti sapienziali ci dice è muort, Zanetto è mourt! Pulcinella si divincola, serpentina qua e là sopra il corpo del protagonista, ma i due paiono scultorei, un monumento funebre rimediato nel salotto di un dottore. La commedia si articola sulla soglia di casa – in quella zona liminale che Giorgio Agamben in Stasis problematizza in quanto frontiera politica –, e lungo le strade di Verona. Convenzionalmente, gli individui, dentro il perimetro della propria casa, vivono rapporti di sangue e, per così dire, privati; oltre la soglia di casa e per le strade, nella polis, dovrebbero accedere a una dimensione più propriamente pubblica. Queste due realtà, che se ben distinte garantiscono il nostro orientamento nella comunità, possono confondersi, e trascinare il corpo sociale nella cosiddetta guerra civile – quel momento critico in cui il conflitto politico divide e oppone fratello a fratello, padre e figlio.

Ph. Serena Pea

Ne I due gemelli scopriamo solo alla fine il peccato all’origine delle peripezie: il fratello del Dottore dona in eredità alla nipotina Rosaura trentamila ducati. La bambina muore in tenera età, il padre, per conservare il patrimonio ricevuto, la sostituisce con una pargoletta comprata per pochi denari: la Rosaura del dramma, che si scoprirà sorella dei due Bisognosi protagonisti, Zanetto e Tonino. Il Dottore dunque, per tutelare l’intrigo, mercanteggia i corpi delle figlie: la vera, frutto di un rapporto extraconiugale, serve in casa sotto le vesti di Colombina; Rosaura, orfanella, simulacro della prima bambina e pubblica figlia, viene data in sposa allo stolto e sconosciuto Zanetto per ulteriore guadagno. Quando il profitto regola e modella i legami di sangue, sfrutta e mette gli uni contro gli altri sotto lo stesso tetto, non conduce similmente a una forma di guerra civile?

La scenografia ad opera di Nicolas Bovey, premio Ubu 2021, fra eterni muri e strade sterrate, porta il racconto sulla soglia e ne traccia la linea: un tulle cala sulla scena come lama di ghigliottina, divide il dentro, la casa del Dottore, dal fuori, il viottolo; eppure, è sufficiente una retroilluminazione – dalla casa verso l’esterno, come a suggerire l’ordine dell’interpretazione – per dissolvere la frontiera, fare del tulle nero una membrana trasparente e rimescolare il dentro col fuori. I costumi di Gianluca Sbicca, stilizzati in forme tardo ottocentesche, sfuggono al tempo del racconto, contribuendo a dotare il dramma di un’eternità scultorea, come un’immagine funerea dell’origine dei tempi moderni.

Ph. Serena Pea

Sulla scena amore morte e denari s’impastano come il volto di pulcinella, che non è pianto e non è riso ma la somma dei due ingredienti. Goldoni infatti manda a morire il suo protagonista Zanetto, gemello di Tonino; cosa insolita per la commedia, ma il veneziano rassicura: la morte del personaggio «in questa mia [commedia] non reca all’uditore tristezza alcuna», anzi, «lo diverte per la sciocchezza ridicola, con cui va morendo il povero sventurato. Io non credo arrogante la mia franca asserzione, quando ricordomi delle risa da cui si smascellavano gli spettatori universalmente, sul momento delle sue agonie e de’ suoi ultimi respiri». Il pianto di Zanetto e le risa del pubblico garantite da Goldoni, forniscono alla regia le basi per fare di Pulcinella un Virgilio a guida del dramma, lasciando trapelare una più esplicita lettura di Agamben: Pulcinella che appare e scompare per ricomparire come becchino dello sciocco Zanetto, egregiamente interpretato da Marco Manchisi, cita le suggestioni del filosofo veneziano secondo cui la maschera napoletana è caratterizzata da un’esistenza spettrale, al confine tra la vita e la morte: nunn’ jesco a murí, nun ‘o saccio fa, je nun saccio murí. Tra violente passioni e caducità dei corpi umani, Pulcinella balla e sghignazza: mette in ridicolo le nostre certezze, suggerisce nuove forme di vita. Al lato opposto di questa ubiquità stanno gli altri personaggi, sopra tutti il volubile Pancrazio. È proprio quest’ultimo, debole, meschino e omicida, che in un monologo appassionato, assente nell’originaria drammaturgia, ci spiega la violenza delle pulsioni, in un tentativo di giustificazione e autoanalisi. Così, sotto una luce cinica da autopsisti della condizione umana, Valter Malosti e Angela Dematté alla drammaturgia, riportano il lavoro sul topos della ricerca contemporanea: il corpo come origine del senso.

Ph. Serena Pea

Eppure, nella commedia goldoniana c’è già un corpo oggetto di analisi, ed è il corpo in quanto merce, in quanto valore di scambio. I personaggi sembrano poco interessati all’identità dei loro interlocutori; essi sono intercambiabili, e non solo i due gemelli. Zanetto coglie di buon grado la mano di Rosaura come quella di Beatrice; il Dottore, padre acquisito di Rosaura, tutto preso com’è dalla dote e dall’eredità, si preoccupa tanto poco di chi sarà a stringere i fianchi della figlia, quanto di chi sia la figlia stessa; Pancrazio, come riceve le gioie dal valoroso Tonino è pronto a scambiarle per l’amore ancora non corrisposto di Rosaura, e così di seguito. L’autopsia di Goldoni indaga le relazioni tra i corpi, non i corpi in sé, descrive la loro trasformazione in merce di scambio, rappresenta l’esser comprati e svenduti e sacrificati al pari di qualunque altro prodotto. I due gemelli è una variazione sulla commedia degli equivoci, per cui gli amanti si confondono finendo in un turbine di tradimenti involontari (non perciò insperati), ma in gioco non c’è solo il divertimento dell’incomprensione, dell’errore o del paradosso dell’uguaglianza somatica; piuttosto, c’è il mistero del denaro quale equivalente generale, e l’ipocrisia della nuova società mercantile che da Venezia aveva invaso l’Europa, la cui nuova morale in fatto di amore Karl Marx descriverà così:

«I nostri borghesi, non contenti di avere a loro disposizione le mogli e le figlie dei loro proletari – per non parlare della prostituzione ufficiale – trovano uno dei loro principali diletti nel sedursi scambievolmente le mogli» (Il manifesto del partito comunista)

Giandomenico Tiepolo

È questa ipocrisia che fa di Tonino un disadattato, perché egli è un cortegiano, uomo d’altri tempi, e questa sua onestà lo sprofonda nell’abisso dell’equivoco in cui è condotto dalle maschere del rampante capitalismo. Di questi imprevisti, però, non è lui a pagare le spese: il capro espiatorio è piuttosto Zanetto, la cui morte avrebbe destato grandi risa secondo il drammaturgo veneziano. Un uomo ricco per eredità, per di più sciocco, non può che scatenare il disprezzo di quella classe che ha conquistato la propria emancipazione facendo dell’astuzia una virtù e dell’apparenza una sostanza:

«Il denaro, […] in quanto è il mezzo universale e il potere universale di ridurre la rappresentazione a realtà e la realtà a semplice rappresentazione, trasforma tanto le forze essenziali reali, sia umane che naturali in rappresentazioni meramente astratte e quindi in imperfezioni, in penose fantasie, quanto, d’altra parte, le imperfezioni e le fantasie reali, le forze essenziali realmente impotenti, esistenti soltanto nell’immaginazione dell’individuo, in forze essenziali reali e in poteri reali».
(Manoscritti economico – filosofici 1844)

È Pancrazio a confermarlo: “oggi chi sa più fingere sa meglio vivere; e per esser saggio basta parerlo”. Estranei a questa logica sono gli appetiti sessuali di Zanetto e l’onestà cavalleresca di Tonino, abilmente incarnati da Marco Foschi. Goldoni fornisce ai due stessa estrazione, stessa fisionomia, ma diverso carattere – prima innovazione rispetto al modello plautino dei Menecmi e facile pretesto per risaltare le doti attoriali del protagonista. Ma, la novità “tecnica”, contribuisce a problematizzare la vicenda: i personaggi del dramma notano dissomiglianze senza comprenderle, le disconoscono nel nome della pazzia. Il pubblico invece comprende, e scarica su Zanetto, ricco e sciocco, il proprio risentimento sociale, mentre per Tonino conserva adulazione e vi riversa i propri afflati romantici. Romantici nel senso più pregnante, perché Tonino esiste come immagine di un passato perduto, di valori desueti a fondamento di una società dissolta:

«[la borghesia] ha affogato nell’acqua gelida del calcolo egoistico i santi fremiti dell’esaltazione religiosa, dell’entusiasmo cavalleresco, della sentimentalità piccolo-borghese. Ha fatto della dignità personale un semplice valore di scambio; e in luogo delle innumerevoli franchigie faticosamente acquisite e patentate, ha posto la sola libertà di commercio senza scrupoli. In una parola, al posto dello sfruttamento velato da illusioni religiose e politiche, ha messo lo sfruttamento aperto, senza pudori, diretto e arido»
(Il manifesto del partito comunista)

I due gemelli veneziani di Valter Malosti risulta un efficiente macchina scenica, dove il contributo di ogni professionalità risalta la forma del complesso in un equilibrio ben misurato. Rimane però l’impressione che nel tentativo di rinnovare un classico non colga il punto, e disperda il ricco contenuto conservato. Forse per la stessa ragione, l’operazione sembra cercare appigli e contributi non necessari, quali l’esoterismo di Pulcinella e il gretto materialismo che Pancrazio rappresenta. Verrebbe inoltre da domandarsi perché la ricerca artistica italiana continui a pescare a piene mani da Giorgio Agamben, che, come il prezzemolo, sembra andar bene per tutte le ricette.

Nicolas Toselli

Di Carlo Goldoni / Adattamento di Angela Dematté e Valter Malosti / Regia Valter Malosti / Con Marco Foschi, Danilo Nigrelli, Marco Manchisi, Irene Petris, Alessandro Bressanello, Anna Gamba, Valerio Mazzucato, Camilla Nigro, Vittorio Camarota, Andrea Bellacicco / Scene e luci Nicolas Bovey Costumi Gianluca Sbicca Progetto sonoro Gup Alcaro / Cura del movimento Marco Angelilli / Assistente alla regia Jacopo Squizzato / Produzione Teatro Stabile del Veneto, ERT / Teatro Nazionale, TPE – Teatro Piemonte Europa, Teatro Metastasio di Prato / in collaborazione con Intesa Sanpaolo

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