LE BARUFFE CHIOZZOTTE

Le baruffe chiozzotte, testo di Carlo Goldoni pubblicato nel 1762, è incredibilmente attuale. In esso ci sono emozioni che siamo abituati a pensare come primordiali, come la gelosia o l’esclusività dei sentimenti. Non manca ciò che si può chiamare differenza tra i sessi: la donna socialmente sottomessa all’uomo, che va per mare come pescatore, senza certezza di ritorno.

Le donne di Chioggia però si fanno rispettare. Il rispetto che manca è tra loro e con immensa infantilità si punzecchiano continuamente, si invidiano, creano conflitti per il gusto del pettegolezzo. Gli uomini sono invece aggressivi, anche loro bambini che si fanno possedere dalla gelosia per piccole banalità.

Nello spettacolo visto il 21 febbraio al Teatro Astra questa differenza tra uomo e donna è emersa particolarmente, anche grazie all’uso delle luci, totalizzanti nella scena. Quest’ultima è minimalista, creata da teli bianchi che astraggono il luogo e trasportano lo spettatore in un mondo altro, onirico, facendo risaltare l’anima dei personaggi.

Le luci uniformano cromaticamente il palco. In particolare vengono utilizzati degli stereotipi in modo molto efficace: il rosa ad indicare le donne e il blu o il verde gli uomini. Questi colori si fondono perfettamente con i costumi, creando una visione d’insieme attentamente composta. La scena rappresenta lo spazio esterno, la strada, luogo in cui tutto accade.

Nonostante la baruffa, l’evento che racchiude in sé le cause e gli effetti del dramma, i personaggi sembrano infine essere in armonia. Ma è una pace temporanea o permanente? La regia di Paolo Valerio va verso una riconciliazione, resa attraverso il ballo finale. La musica durante lo spettacolo è infatti usata come sospensione del tempo reale per ricreare, nella dimensione parallela dell’arte dei suoni, il sentimento collettivo dei personaggi. Inoltre sono utilizzati dei leitmotiv astratti che compiono la funzione di tappeto sonoro, creando un ambiente semplice e popolare.

C’è un tentativo di reinventare la lingua veneta da parte di Goldoni, cercando di ottenere un linguaggio che si avvicini alla popolarità. In questo spettacolo, come ai Grandi Attori in tournée all’estero nell’Ottocento, passando per il grammelot di Dario Fo, l’intenzione è più importante del contenuto. Infatti, nonostante la lingua non sia conosciuta dal pubblico, lo spettatore riesce a seguire totalmente la trama ed ogni sua sfaccettatura.

Il linguaggio scandisce il ritmo, che è vivace e organico. E’ uno spettacolo corale, dove le parole creano un concertato che comprende ogni personaggio, tassello fondamentale di un puzzle tanto complesso quanto attento alla semplicità del contesto. Goethe, nel Viaggio in Italia, lo descrisse come il prodotto di una mano maestra, in grado di rendere l’amore per la vita che ogni componente della commedia ha, attraverso il vociare continuo, l’allegria, l’arguzia e, soprattutto, la spontaneità.

Semplicità, ostilità e riappacificazione: sono questi i temi che caratterizzano le baruffe chiozzotte e che emergono dallo spettacolo prodotto dal Teatro Stabile del Veneto. Attraverso la sua leggerezza, questo riesce a trasmettere la gioia di vivere all’interno di una quotidianità che non può essere mai uguale a se stessa.

TEATRO ASTRA, Torino

DI CARLO GOLDONI / REGIA PAOLO VALERIO CON GIANCARLO PREVIATI, MICHELA MARTINI, FRANCESCO WOLF, RICCARDO GAMBA, VALERIO MAZZUCATO, STEFANIA FELICIOLI, FRANCESCA BOTTI, MARGHERITA MANNINO, LEONARDO DE COLLE, LUCA ALTAVILLA, PIERGIORGIO FASOLO, VINCENZO TOSETTO / CONSULENZA STORICO DRAMMATURGICA PIERMARIO VESCOVO / MOVIMENTI DI SCENA MONICA CODENA / SCENE ANTONIO PANZUTO / COSTUMI STEFANO NICOLAO / MUSICHE ANTONIO DI POFI / LUCI ENRICO BERARDI / PRODUZIONE TEATRO STABILE DEL VENETO – TEATRO NAZIONALE

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