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LA SIGNORA DEL MARTEDÌ – PIERPAOLO SEPE

GLI ANGOLI BUI DELLA SOCIETÀ

Quattro bizzarri personaggi accomunati da un infelice fil rouge danno vita a La signora del martedì nella sua prima replica torinese al Teatro Gobetti: sono anime sconfitte, poste ai margini della società a causa di errori personali, sventure o ingiustizie ricevute.

Fantasmi della memoria e un oscuro passato vengono risvegliati nel corso della commedia-thriller rivelando contraddizioni e forti passioni celate. Chi paga rapporti sessuali all’insegna della propria indipendenza, chi ricatta per ossessione, chi si trasforma continuamente per affermare la propria identità, chi tradisce, uccide o si toglie la vita per amore.

L’autore Massimo Carlotto ha scontato anni di carcere per un omicidio che non ha commesso. La drammaturgia attinge dal suo vissuto e descrive alcuni angoli bui della società contemporanea. Affronta il tema della persecuzione attuata dalla stampa, disposta ad alterare la realtà dei fatti pur di servire un prodotto ben confezionato e accattivante ai lettori ingordi. Una caccia alle streghe sempre alla ricerca di un colpevole, anche a costo di trascurare la verità e rovinare l’esistenza degli interessati.

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Ogni martedì alle 15:00 una donna sfuggente (Giuliana De Sio) varca la soglia della Pensione Lisbona per concedersi un’ora di piaceri carnali. Quest’abitudine è diventata negli anni un rituale necessario, Nanà reitera le medesime azioni con sistematica meticolosità. Si mostra risoluta e autorevole, ma nel secondo atto la sua marmorea corazza di ghiaccio andrà in frantumi. Ella compra sessanta minuti di sesso alla settimana per fuggire la realtà della propria vita, l’algida insensibilità è una maschera dietro cui si nasconde.
Al contrario Bonamente, attore porno in declino, agogna disperatamente fama e celebrità. Non riuscendo mai a concretizzare tali aspirazioni, ripiega sul mestiere di gigolò. Egli vive ormai da quindici anni nella pensione Lisbona, è l’unico inquilino.
L’alberghetto decadente è gestito dalla signora Alfredo, un travestito che si occupa del prezioso cliente come fosse il proprio bambino. La proprietaria si rifugia nell’edificio per poter indossare liberamente abiti da donna. In strada porta indumenti maschili al fine di non sconvolgere i passanti, non rinuncia però alle scarpe col tacco, così da rammentare agli sguardi giudicanti la loro colpa nel costringerla a vestirsi diversamente da come vorrebbe.
L’ingresso di un ambiguo vecchio avvezzo all’alcol (Alessandro Haber) rompe la monotona quotidianità dell’albergo riesumando antichi scheletri a lungo tenuti sottochiave. Egli si presenta come un nuovo affittuario senza malizia, ma presto svela di essere un machiavellico giornalista di cronaca la cui psicosi viene somatizzata nella perdita dell’uso delle gambe.

Lo spettacolo è un adattamento teatrale dell’omonimo romanzo di Massimo Carlotto. Il drammaturgo nel trasporre il testo ha lavorato a contatto diretto con gli attori e tale collaborazione ha generato delle modifiche nei personaggi. Ad esempio la costrizione sulla sedia a rotelle della figura del giornalista è una scelta che nasce dall’attuale limitazione fisica dell’interprete Haber.

Nonostante l’utilizzo dei microfoni ad archetto, il testo pronunciato come un torbido fiume di parole è spesso di difficile comprensione.
La prima parte si sviluppa come una breve commedia; a seguire invece gli avvenimenti tendono verso un clima cupo e sofferto. Inaspettatamente all’apice drammatico il registro vira verso una marcata comicità che potrebbe risultare stonata agli occhi dello spettatore.
Per quanto riguarda i movimenti scenici e i cambi di stato degli attori, talvolta questi appaiono macchinosi e poco fluidi.

A proposito dell’arco narrativo dei soggetti invece, lo sviluppo è facilmente intuibile fin dal loro primo ingresso. In alcune interviste De Sio parla di Nanà come un carattere dal profilo totalmente tragico; Haber spiega che nel romanzo il giornalista è dipinto con le caratteristiche di un sadico crudele, agisce solo per nuocere al prossimo. Egli in quanto artista cerca di dargli una luce diversa nell’opera teatrale, indagando la sua fragilità e disperazione date da un affetto mai ricambiato.
La figura del travestito è un ruolo che rischia facilmente di essere appiattito in una macchietta, ma Paolo Sassanelli ci sorprende con piacevole freschezza e spontaneità.

Inframezzato anche da assoli in cui ogni personaggio canta un classico della musica italiana, lo spettacolo risulta in fin dei conti un pastiche di registri poco armonico. Ne sono un ulteriore segnale i finali di entrambi gli atti che si discostano dal realismo di cui è permeato il resto del lavoro. Nanà nella sua vulnerabilità si libera dagli affanni della vita e danzando crea un’onirica immagine poetica: “Il tango è molto meglio della vita perché se sbagli un passo puoi comunque andare avanti a ballare senza dover rimediare”.

Ariel Ciravegna Thedy

Autore Massimo Carlotto
Con Giuliana De SioAlessandro HaberPaolo SassanelliRiccardo FestaSamuele Fragiacomo
Regia Pierpaolo Sepe
Scene Francesco Ghisu
Costumi Katarina Vukcevic
Produzione Gli Ipocriti Melina BalsamoGoldenart ProductionTeatro della Toscana