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CASA DI BAMBOLA: UNA NORA HELMER LIBERA E VOLONTARIA

il 21 marzo ha debuttato al Teatro Carignano di Torino  Casa di Bambola, celeberrimo testo teatrale di Henrik Ibsen, del 1879. A calcare il palcoscenico Filippo Timi e Marina Rocco, che hanno simbolicamente ritratto in scena l’ipocrisia borghese, la critica ibseniana verso quella società ma anche i ruoli diversi dell’uomo e della donna nell’ambito del matrimonio in epoca vittoriana.

Per comprendere Casa di Bambola forse è utile conoscere la psicologia dei suoi personaggi, la morale del testo ibseniano,  il ricorso di Ibsen ai simboli, che esprimono una visione del mondo, dell’uomo e della vita. Nora è la giovane moglie dell’avvocato Torvald Helmer. I loro tre figli vengono allevati dalla bambinaia, come di consueto negli ambienti borghesi dell’epoca. Le sue giornate trascorrono tra frivolezze di ogni genere. Suo marito la ama, la coccola, le proibisce di mangiare dolci come si farebbe con una bambina, ma non le fa mancare abiti e feste da ballo. In passato, per curare il marito malato, ha contratto un debito con un tal Krogstad, falsificando la firma del padre per ottenere soldi in prestito. Nora tenta di ricoprire il ruolo della donna accanto a quello maschile del “rendimento dei conti”.

Torvald Helmer ha ottenuto il ruolo di direttore nella banca in cui lavora, ha maggiore potere sugli altri, e a Nora questo piace, ma è tormentato dall’idea di perdere la propria reputazione e per questo non ammette che la moglie ficchi il naso nelle faccende che
non le competono: la sua piccola allodola, come lui la chiama continuamente – nel testo più che in questa rappresentazione – non dovrebbe avere influenza sulle sue decisioni, anche se di fatto Nora lo supplica di non licenziare Krogstad, che lavora nella sua stessa banca.
Insidiato dal licenziamento, Krogstad minaccia Nora di rivelare tutto a Torvald. Venuto a conoscenza del fatto, Torvald non riconosce nel gesto di Nora un atto d’amore per lui ed è deciso ad allontanare dalla cura dei figli quella che egli considera una moglie bugiarda e madre indegna, salvo poi perdonarla quando il ricatto che minaccia la famiglia viene annullato e il timore dello scandalo svanisce.
Il comportamento vigliacco di Torvald delude profondamente Nora
che spinta da pulsioni vitali inarrestabili non sarà disposta ad essere ancora, come da bambina, una bambola nelle mani
degli uomini intorno a lei.

Per un testo che è stato considerato un forte esempio di femminismo, Filippo Timi ha deciso di “farsi in tre”, interpretando i tre personaggi maschili principali, probabilmente, come ha affermato la regista Andrée Ruth Shammah

“Per riequilibrare una storia che se la leggi senza pregiudizi non parla di una moglie che sfugge alle grinfie del marito, ma della relazione uomo- donna arrivando al cuore più profondo, là dove
tutto è meno innocuo e veniale, le donne più ambigue, violente, gli uomini meno semplici, forse più femminili”.

La scenografia vuole riprodurre il modello di spazio borghese ibseniano, un ambiente artificialmente sereno che piegherà sul noir.
Le tinte del rosa – delle pareti e del vestito di Nora – e del verde – della tovaglia di velluto e delle sedie – sottolineano il gusto di Nora nel curare i particolari della casa e del suo aspetto. Lo spazio scenico risulta accogliente anche grazie alle luci calde che,  progressivamente, si snodano in una freddezza glaciale.

L’inattesa rottura delle normali convenzioni della finzione teatrale sorprende il pubblico e produce un diffuso umorismo. La rottura della quarta parete crea un effetto brillante che al pubblico piace, come la scena dove il terzo escluso Dottor Rank ringrazia dopo aver cantato con romantica malinconia My Funny Valentine.

Alessandra Pisconti

21 marzo 2017, Teatro Carignano Continua la lettura di CASA DI BAMBOLA: UNA NORA HELMER LIBERA E VOLONTARIA