VEDOVA DI SOCRATE. LELLA COSTA RACCOGLIE L’EREDITÀ DI FRANCA VALERI

Anni fa in tv Lella Costa con la consueta leggera, ma abrasiva ironia diceva: “Una volta il luogo comune era: dietro ogni grande uomo c’è una donna che soffre, poi con l’avvento del femminismo è diventato: dietro ogni grande uomo c’è una grande donna, sempre dietro, mai accanto, dietro. Secondo me la versione contemporanea più attendibile è: dietro ogni grande uomo c’è una grande donna stupefatta.” Qualche tempo dopo fu Benedetta Barzini a sottolineare che, mentre gli uomini godono di una grande eredità di Maestri del pensiero: Socrate, Platone Aristotele… non è lo stesso per le donne. Il punto di vista femminile è recente, deve ancora farsi una storia.
Da queste considerazioni possiamo partire per raccontare La vedova di Socrate, che proprio Costa ha portato in scena al Teatro Gobetti dall’11 al 16 Gennaio. Si tratta dell’ultimo monologo di Franca Valeri, liberamente ispirato a un testo di Friedrich Dürrenmatt, La morte di Socrate. Poco prima di compiere 100 anni la matriarca del teatro italiano lascia in eredità questo testo a Lella Costa, affinché potesse tenerlo in vita, di palcoscenico in palcoscenico. Lo spettacolo ha debuttato infatti a Siracusa nel 2020 e gira ancora per l’Italia. La regia è firmata da Stefania Bonfadelli, figlia adottiva di Franca Valeri.

Valeri dà voce a Santippe, quella moglie che sta dietro alla figura mitica di Socrate. Siamo nella sua bottega, dopo la morte del filosofo, in cui la donna con grande astuzia, senso pratico e furbizia smercia opere d’arte e oggetti di antiquariato. Ne vien fuori un ritratto tridimensionale di una donna estremamente vitale, che finalmente ha la possibilità di dire la sua: e con un eloquio ricamato di ironia, sarcasmo, ma anche non esente da tenerezza, ci restituisce un Socrate pieno di umanità e debolezze. Parola a Valeri: “Mi sono fatta l’idea di una donna forte che ha vissuto accanto a un uomo per noi straordinario ma che per lei era semplicemente un marito e per giunta noioso.”

Nessuno degli accoliti del filosofo si salva dalle stilettate di Santippe. Ce n’è per Alcibiade, Agatone, Aristofane. Ma soprattutto Platone: ne viene fuori come mero copista, usurpatore delle idee socratiche, il cui unico talento è l’orecchio teso, pronto a registrare ogni parola del maestro. Santippe non solo vuole i diritti d’autore, ma con un moto d’orgoglio scrive lei un dialogo. Un dialogo rivolto alle donne: “Non serve, dice, indagare sulla vera natura del proprio uomo, basta accettarlo così com’è da vivo e da morto; d’altronde, la morte di un marito è un così grande dolore che nessuna donna ci rinuncerebbe”.

Lella Costa Ph. Lorenzo Piano

Lella Costa si dimostra degna erede di Franca Valeri, tenendoci incollati per più di un’ora alle labbra della sua Santippe. Lei sola su uno sfondo nero – grado zero della scenografia – complice una scrittura geniale come quella di Valeri è capace di restituirci un manipolo di personaggi a tutto tondo con una vividezza straordinaria. L’ironia si conferma tra i mezzi più efficaci per affrontare il tema delle disuguaglianze sociali: come un marcatore ci inchioda di fronte alla subalternità di genere che persiste nella contemporaneità.
In tempi come i nostri per fortuna pluralisti e inclusivi – sbagliano! sbagliano! i progressisti finti, i sostenitori di un illuminismo posticcio che gridano al pensiero unico: unico fu, è stato, e mai più dev’essere – in cui tante volte il risentimento sembra essere l’unica via di denuncia, non bisognerebbe sottovalutare il potere della risata e della satira.

Giuseppe Rabita

di Franca Valeri
liberamente tratto da La morte di Socrate
di Friedrich Dürrenmatt
per gentile concessione di DIOGENES VERLAG AG
regia Stefania Bonfadelli
con Lella Costa
luci Cesare Agoni

Centro Teatrale Bresciano

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