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Ma sono mille papaveri rossi-Tangram Teatro

Chi è il nemico? E dove si trova? L’identificazione del nemico e, in seguito, il passo successivo di elaborare una strategia per annientarlo, è una costante che permea tutta la nostra vita. Oggi, come cento o mille anni fa e così a ritroso. Il nemico c’è quando lo creiamo noi, è una nostra invenzione. Ne abbiamo bisogno per dare forse un senso alla nostra vita, per muoverci dal torpore della noia dandoci una spinta, facendo da catalizzatore o solo per giustificare qualche nostra azione. Se il nemico è sempre l’altro, noi ad un primo sguardo siamo autorizzati a far la parte dell’eroe, ma l’altro lato della medaglia mostra come tutti possiamo diventare il nemico dell’altro. Un discorso vivo anche tutt’ora, dove questa figura fa comodo, costruisce strategie politiche e militari, o in piccolo, strategie sociali di quartiere, che si portano dietro discriminazione e odio. Un camaleonte in questo mondo camaleontico.
Un passo ulteriore è stato fatto. Ora è superflua anche la domanda iniziale: siamo sicuri che il nemico è lì davanti a noi, però non sempre ha il fucile in mano. Il dubbio dell’errore non ci turba. Ma questo è solo un dettaglio.

Un passo indietro ora è necessario: ritornare almeno, se non possiamo farne a meno, a riflettere su quella domanda iniziale per poter cercare una risposta adeguata. Qui ci vengono in soccorso la grande storia dei libri e quella piccola di persone comuni, come Susanna, che sono state catapultate nel Novecento e che probabilmente un nemico lo hanno trovato. “Il nemico è dentro di noi”, dice Susanna, ormai nonna, al nipotino. Tutto questo sottovoce, meglio che la gente non lo senta, non può capire.

La regista e direttrice del Tangram Teatro Ivana Ferri, mette in scena la storia di Susanna, bambina al tempo marcio della Grande Guerra che crescendo vedrà e sarà toccata dai grandi eventi che hanno visto luce durante tutto l’arco del Novecento. “Un viaggio”, dice la regista, “attraverso un secolo alla ricerca del nemico, per crescere, imparare e capire con la saggezza dei semplici e l’onestà di chi non ha dimenticato i valori”.
Come un vero e proprio cantastorie, l’attore e co-direttore del Tangram Teatro Bruno Maria Ferrario, ci narra questa vicenda, districandosi tra le decadi del secolo, attraverso la storia Grande e quella piccola di Susanna, delle persone comuni e tendendo le fila con le canzoni d’autore di grandi cantautori italiani che hanno a loro volto raccontato di quei momenti, come Ivano Fossati, Roberto Vecchioni, Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Lucio Dalla. La canzone d’autore è riuscita ad indagare il nostro tempo, accompagnando la crescita di generazioni, dando spazio alle figure emarginate, a spaccati sociali e alla rabbia del momento.

<<C’è un giorno che ci siamo perduti
Come smarrire un anello in un prato
E c’era tutto un programma futuro
Che non abbiamo avverato>>,
( Estratto di C’è tempo di Ivano Fossati.

Susanna ha tre anni quando nel 1917 è costretta ad accompagnare la madre nella sua discesa agli inferi, perché, stanca di aspettare, vuole riafferrare la vita, riportarla in superficie. Attraversa campi, soldati maciullati lì distesi. C’è il vento che porta le voci dei morti. Può desistere, la incitano a non desistere. Ma questo non è contemplato da lei. La vita, la voglia di portare fine a quell’ansia, a quel dramma personale, la necessità di voler rivedere suo marito. Va a Caporetto a cercare il marito, con la sua bambina Susanna. Una madre e una piccola ignara di ciò che accade intorno a lei, immerse in un mondo in disfacimento che vogliono andare oltre la consolazione di un papavero rosso. Susanna ritrova il suo papà. Tornano a casa. Eroe è colui che cerca e che continua a cercare.
La prima guerra mondiale si portò dietro la seconda guerra, e altro terrore e distruzione. Altro tempo in cui quello che abbiamo seminato non darà mai frutti. Nuovi nemici da annientare.

“Sogna, ragazzo sogna
Quando cade il vento ma non è finita
Quando muore un uomo per la stessa vita
Che sognavi tu”

( da Sogna ragazzo sogna di Roberto Vecchioni)

E intanto Susanna cresce. La mente rivolta sempre a Pierino, il suo grande amore scomparso chissà dove. Sposa, però, Giovanni a cui col tempo si era affezionata. Ha due figlie. La storia del mondo si intreccia ancora una volta con quella personale. Arriva in Italia il boom economico e Susanna si trova a confrontarsi con le nuove tecnologie, la TV. La prima e ultima volta.  Vedrà sì i primi computer e i telefonini, ma non rimarrà influenzata dalle innovazioni, tenendosi a debita distanza. Probabilmente non riuscirà a comprenderle sino in fondo, o forse le vedrà solo come un ulteriore faccia del nemico. Lei nella sua vita di nemici ne aveva visti tanti. Il soldato con la giubba diversa, il fascista, ora trasformatosi nel rosso comunista, o semplicemente il barbone, il nero. E così velocemente se ne va via anche il boom, con le sue contraddizioni. Lasciando sogni non propriamente realizzati, punte amare in bocca tentata.

Però la storia non si ferma
davvero davanti ad un portone
la storia entra dentro le stanze e le brucia
la storia dà torto o dà ragione

(Da La storia siamo noi di Francesco De Gregori)

Sì, la storia non si ferma, e così il malcontento scoppia nel ’68. Studenti, ragazzi, è un giorno in cui quasi tutta la gente si tende la mano. Così una delle figlie di Susanna, quella più combattiva sarà affascinata dalla rivolta, sarà parte degli eventi, della contestazione. Stato corrotto, povertà, mancanza di diritti. Il ribelle contro lo sporco poliziotto. Il comunista contro lo sbirro. Lo sbirro contro il rosso. Una folla borghese benestante che sfida il poliziotto ormai povero. Punti di vista diversi, nemici nuovi e diversi.
Susanna ormai nonna, vede mutare la sua Nazione, i suoi ideali si nascondono, sono vecchi e vanno verso la rovina. Un mondo in trasformazione, un mondo forse che non le appartiene più. Ma per stare al mondo basta la saggezza, quella semplice ricevuta in dono dal trascorrere dei giorni, da elargire gratuitamente a chi ha tempo per ascoltare. E con le sue parole cresce il nipotino. Parole a volte che non comprende, perché ancora troppo piccolo, ma che capirà in futuro, come la piccola Susanna comprese la ricerca di vita della madre. Si ricorderà le parole della nonna su il nemico che, prima, bisogna cercare dentro di sé. E i sogni. La nonna seppur anziana oltre ai crucci per il presente, sognava. Un sogno che tende al futuro, ma che si salda sul passato. Su quel giorno in cui non vide più Pierino e quello futuro, ormai novantenne, in cui al notiziario venne trovato il corpo del giovane congelato dal gelo di un ghiacciaio per tutto quel tempo. Fantasia e realtà si mescolano per dare un tono in più alla nostra vita.

Sogna, ragazzo sogna
Quando lei si volta
Quando lei non torna
Quando il solo passo
Che fermava il cuore
Non lo senti più.

(Da Sogna ragazzo sogna di Roberto Vecchioni)

Susanna si fermerà alle soglie del nuovo millennio. Vedrà gli stravolgimenti sociali, politici ed economici. Si è portata dietro, da bambina fino ad ora, cicatrici, esperienze e valori. Ne ha parlato, ha cercato di tramandarli pur sapendo che non potevano adattarsi ad un mondo nuovo. Lei se ne va e lascia spazio al nipotino, al futuro e quindi a noi. Con lei il Novecento con i suoi picchi e le sue voragini ci lascia. Cosa abbiamo imparato da Susanna? Cosa abbiamo noi di lei? È il caso che riflettiamo meglio sul nostro tempo perduto, per poter affrontare meglio le contraddizioni del nostro presente e poter tornare a cercare la vita.
Questo spettacolo ci invita a continuare a cercare e sognare, continuando ad alimentare la storia, magari senza generalizzare il nemico.
La storia siamo noi. La si trova nei libri, nei film, nelle canzoni, ma con più attenzione la si ritrova anche nelle parole di chi ha vissuto più di noi.

Emanuele Biganzoli

 

Scritto e diretto da IVANA FERRI con Bruno Maria Ferraro

Musiche di Ivano Fossati, Roberto Vecchioni, Fabrizio De Andrè, Francesco De Gregori, Lucio Dalla

Voci fuori scena: Susanna Ferro e Niccolò Fortunato

Arrangiamenti musicali: MASSIMO GERMINI

Disegno luci: MASSIMILIANO BRESSAN

Montaggio immagini: GIANNI DE MATTEIS

Assistenza tecnica: ANDREA BORGNIN

Materiali tecnici: DB SOUND- ASTI

Organizzazione: ROBERTA SAVIAN

Segreteria di produzione: FRANCESCA ROSINI

Produzione: TANGRAM TEATRO TORINO con il sostegno del SISTEMA TEATRO TORINO- REGIONE PIEMONTE MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI