Un gabbiano quasi… sognato

È stato in scena dal 13 al 16 aprile presso le Fonderie Limone di Moncalieri, penultimo spettacolo del ciclo Progetto Internazionale del Teatro Stabile di Torino : Il Gabbiano di Anton Cechov diretto da Thomas Ostermeier.

Lo spettacolo arriva a Torino, con la sua unica tappa Italiana in una tournée europea. Uno spettacolo nuovo, visionario e attuale, marchio del regista tedesco Ostermeier.
Un lavoro che inizia spiazzando gli spettatori che non appena entrano in sala vedono una scena spoglia, con gli attori seduti ai lati di un palco chiuso che dà verso la platea. L’attore francese, con un italiano non perfetto si rivolge al pubblico, facendoci capire che è inutile che noi siamo lì, dovremmo preoccuparci di quello che sta succedendo nel mondo, che sta accadendo in Siria. Il pubblico, attonito, non capisce se sia o no da copione. Ma lo spettacolo inizia, e le pareti grigie iniziano a prendere forma anche grazie a un disegno che un artista crea sullo sfondo tra una scena e l’altra.

Quello che vediamo è un Gabbiano moderno dove bastano pochi oggetti per creare un palco, un pontile, una stanza… Qui sono importanti le parole, parole spesso interrotte da semi-improvvisazioni che ci riportano alla realtà, al 2016. Straniamenti degli attori che ci attirano molto di più delle stesse parole di Cechov.
Per tutto il corso dello spettacolo subiamo un processo di straniamento, che permette di riflettere sul presente, su come stia cambiando il modo di fare e di scrivere il teatro oggi.  E questo nuovo modo, lo mostra molto bene Konstantin con la rappresentazione del suo spettacolo. Il tema della piccola rappresentazione  è un mondo che non sappiamo se esisterà ancora in futuro, un mondo che non si capisce oggi e che piano piano stiamo distruggendo. A rendere moderno questa forma di metateatro, è soprattutto la costruzione di una figura quasi onirica del personaggio/voce interpretato da Nina, nella piccola, ma molto intensa rappresentazione.

Questo senso di straniamento che si crea nello spettatore fa sì che ci si chieda perché si determinino situazioni così al limite da non accorgersene, nella Russia di Cechov come nella moderna Europa. Perché nessuno, a parte il Dottore, che per tutto lo spettacolo ha una funzione quasi di cantastorie, si accorge che le cose non dovrebbero andare così, che bisognerebbe intervenire e cambiare, sul piano sociale tanto quanto su quello politico. Ma non accade nulla. Tutto resta come in un sogno dove le cose accadano e non si sanno i perché.
Dove alla fine lo stesso Konstantin non viene compreso, si sente estraneo e durante una partita a tombola, coperto dal suono di un tuono, riesce dove anni prima non era riuscito: si suicida.
Lo spettacolo si conclude come si è aperto, con il Dottore che prende il microfono in mano e si rivolge nuovamente al pubblico, chiedendo quale sia la vera tragedia: quella rappresentata da loro o quella che si ripete ogni giorno. E a questo punto sta a noi decidere cosa fare, Konstantin ha preso la sua decisione e ha messo un punto fermo alla sua vita. E noi?  Cosa facciamo? Ci svegliamo o prendiamo la via di Konstantin? Queste le due opzioni.

Elisa Mina

Fonderie Limone, dal 13 al 16 aprile 2016
Regia e adattamento : Thomas Ostermeier
Con : Bénédicte Cerutti, Valérie Dréville, Cédric Eeckhout, Jean-Pierre Gos, François Loriquet, Sébastien Pouderoux, Mélodie Richard, Matthieu Sampeur.Scene : Jan Pappelbaum
Costumi : Nina Wetzel
Luci : Marie-Cristine Soma
Musiche : Nils Ostendorf
Pitture : Marine Dillard

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