Archivi categoria: Stagione 2025

Stagione Teatro Stabile di Torino

AMLETO – INTERVISTA A LEONARDO LIDI

Il Teatro Stabile di Torino compie 70 anni. Per festeggiarlo, ancora in questi giorni in scena al Teatro Carignano, Amleto. La regia è di Leonardo Lidi, con cui abbiamo realizzato un’intervista. Un breve dialogo a tre voci in cui il regista si sofferma sul lavoro di costruzione dell’intero spettacolo.

Emanuela Cerino: Come descriveresti il tuo spettacolo Amleto, che sarà in scena al Teatro Carignano fino al 26 ottobre, a chi non l’ha ancora visto? Perché la scelta è ricaduta proprio su Amleto?

Leonardo Lidi: È la festa dei 70 anni del Teatro Stabile di Torino e mi è stato chiesto di pensare a quale testo potesse festeggiare questa occasione. Io ho pensato ad Amleto perché semplicemente, se il teatro è una religione, diciamo che Amleto ne è il libro sacro. È il libro sacro non solo del teatro ma nello specifico degli attori. La cosa che mi interessa è festeggiare il teatro attraverso la figura dell’attore e quindi mi sembrava giusto farlo attraverso Amleto e con Amleto. Anch’io sono stato Amleto nell’energia di Walter Malosti nel 2013. A livello personale mi faceva piacere tornare sulle tracce del principe di Danimarca.

Silvia Picerni: Abbiamo notato, partecipando allo spettacolo, che la vocalità degli attori gioca un ruolo importante nella riuscita stessa del dell’evento teatrale. Come è stato lavorare con gli attori sulla voce? Anche in relazione all’utilizzo dei pupazzi.

Leonardo Lidi: È stato diverso. Io di solito lavoro con i microfoni, invece in questo caso c’è la voce naturale, a parte tre scene: quella del pupazzo, quella del del duello finale, quella della neve. È stata un’esigenza dettata dalla scena perché sentivo in questo caso il microfono come un un filtro non necessario. Shakespeare richiede sempre di rapportarsi con la voce nello spazio, essendo nati questi testi al Globe con un’architettura che concede, come se fosse un’arena, la condivisione attraverso la voce. Avevo bisogno di condividere questo con le voci degli attori. Io poi non parlo mai di voce con l’attore. Con gli attori parlo di relazioni ma non mi concentro mai solo sull’aspetto vocale, quella è una conseguenza. Sicuramente ognuno di loro ha una voce molto specifica, ad esempio Rosario Lisma, che interpreta Becchino e Polonio.  In quest’ultimo anno rileggendo Polonio mi veniva proprio in mente la voce di Lisma e quindi le voci hanno avuto un ruolo fondamentale all’interno di questa produzione.

Emanuela Cerino: Guardando lo spettacolo è possibile che la fisionomia dei personaggi richiami quella di alcune figure storiche, cinematografiche o teatrali, come ad esempio Joker o La Regina di Cuori?

Leonardo Lidi: Sì, certo… ognuno trova i riferimenti che vuole… anche Carmelo Bene di Un Amleto di meno, che può ricordare anche Non è un paese per vecchi, che può ricordare anche Pappagone… Ci sono tanti riferimenti, ci sono le statue di Botero. Riferimenti spesso popolari, perché Amleto deve essere nel termine più alto possibile uno spettacolo “popolare”, non deve mai essere uno spettacolo chiuso nelle mura di un teatro che non si interfaccia col proprio pubblico.

Silvia Picerni: Sulla scena l’estetica di Claudio sembra riflettere più pazzia di quella di una “pazza vera” che è Ofelia

Leonardo Lidi: Con Nicola Pannelli stiamo facendo un percorso sui sovrani dell’oggi. I rappresentanti del famoso sovranismo che sta spopolandolo in Occidente, quindi la questione è: cos’è un sovrano oggi? Perché il sovrano si rapporta con la comicità, con l’ironia? Pensiamo a Trump che durante il COVID dice di iniettarsi la candeggina… È un elemento folle, che però ti fa dire: “non lo devo prendere sul serio”. Stiamo lavorando con Nicola, non tanto sulla follia, che è una conseguenza, ma proprio sul linguaggio sia del corpo che delle parole. Il sovrano oggi ha bisogno di indossare spesso e volentieri la maschera. Si pensi al ciuffo di Trump… Rispetto alla follia di Ofelia invece, era molto importante non entrare nel cliché della povera pazza che troppo spesso vediamo inscenata. Ofelia sola nella sua follia… invece Ofelia è il non-essere dello spettacolo. È la padrona di un cimitero. Di fatto Ofelia sceglie la morte, è quello che dice il becchino nel suo monologo, l’ha fatto perché ha compiuto un’azione. Questo era importante affrontarlo con dolcezza, con serietà, con severità e non con “faccio le boccacce” o canzoni da stereotipo della follia. 

Emanuela Cerino: Ci sapresti dire come è nata l’idea di sostituire una coppia di personaggi importanti per la drammaturgia del testo di Amleto con quelli che invece hai portato in scena?

Leonardo Lidi: Il travestimento in Shakespeare era un elemento fondamentale, pensiamo che erano tutti attori uomini che si travestivano per i ruoli femminili. È un elemento secondo me importante, non dimenticarsi il gioco del travestimento. Ricreare una sorta di Globe oggi nel 2025.

Silvia Picerni: In scena abbiamo visto gli attori a piedi nudi,  fatta eccezione per Amleto, Claudio e Geltrude…

Leonardo Lidi: Non è stata una scelta drammaturgica. Non volevo che entrasse la realtà delle scarpe in Amleto. L’abbiamo provato all’inizio con degli anfibi, ma queste scarpe erano troppo presenti, soprattutto quando lui sta sul trampolino. In qualche modo riportavano troppa realtà. Sai, a prescindere dalle scarpe, l’equilibrio che c’è è molto preciso, il confine tra fantasia e in realtà è molto preciso, ma anche molto sottile, quindi abbiamo pensato al millimetro. Abbiamo fatto tante prove proprio per capire…

Silvia Picerni: C’è qualcosa che pensi sia opportuno far sapere ai lettori?

Leonardo Lidi: Abbiamo parlato della parte formale… una questione importante è stato scegliere a chi assegnare Amleto. Devi decidere, so che può sembrare una cosa banale, ma mai come in Amleto c’è questa decisione. La regia la racconti con la scelta degli attori e con la scelta di chi fa Amleto e quindi questa regia la firmo io, ma in realtà dovrebbe essere quasi raccontata a quattro mani. Mario Pirrello ha dipinto Amleto, l’abbiamo creato proprio insieme. C’è una frase che torna in questo spettacolo: “trattali bene gli attori, perché sono l’essenza di un’epoca”… e io penso che, mai come per questo spettacolo, dobbiamo ringraziare gli attori ancor prima del regista.

Emanuela Cerino, Silvia Picerni

STABAT MATER – LIV FERRACCHIATI

“Mamma! quanto è buono il prosciutto”

Stabat Mater (Premio Hystrio Nuove Scritture di Scena 2017) racconta la storia di un trentenne scrittore che vive al maschile in un corpo dalle sembianze femminili che cerca di liberarsi della presenza della madre ma dentro di sé non vuole.

Leggi tutto: STABAT MATER – LIV FERRACCHIATI

Il lavoro fa parte di una trilogia sull’identità scritta da Liv Ferracchiati ora edita dalla casa editrice CuePress. Una trilogia dedicata alla ricerca sull’identità di genere creata con la compagnia The Baby Walk. La trilogia (Peter Pan guarda sotto le gonne –  Stabat Mater Un Eschimese in Amazzonia) pone all’attenzione dello spettatore le storie, i sentimenti, le vite di personaggi diversi alle prese con la propria vita e la sua natura interiore ed esteriore. 

Stabat Mater è una preghiera del XIII Secolo attribuita a Jacopone da Todi.  Liv ne prende solo a prestito il nome, la figura della Madre e la tematica del dolore per trasferirla sul tempo presente. Non c’è nulla di riferimento al cristianesimo, anzi il paganesimo qui la fa da padrone.

C’è la madre seduta che assiste alle incertezze del figlio  (che fa lo scrittore) e viene ripresa da una videocamera frontale per apparire su uno schermo bianco in maniera che lo spettatore possa essere partecipe alle sue emozioni. C’è la ragazza dello scrittore, innamorata, decisa, che ha un ruolo da giocatrice del sesso. C’è la psicologa che indaga sui suoi perturbamenti e cerca di fargli confessare il complesso di Edipo, sfrutta le sue debolezze per fargli aprire le porte dell’amore. Poi c’è lui, lo scrittore che vuole avere un’anima da donna ma si sente ancora insicuro del suo essere e non riesce a finire il sue ennesimo romanzo.

In questa drammaturgia dove ognuno piace all’altra e all’altro si va con una narrazione fatta di parole forti, di parole che concretizzano l’atto sessuale (forse di troppi ok), di crisi esistenziali, di sesso implicito e di un veloce botta e riposta tra la madre e il figlio.

Le domande marzulliane della psicologa che rivolge ai due innamorati rendono la piece leggera. Il monologo del prosciutto inteso come alimento sessuale che ironizza sulle indecisioni dello scrittore nel fare sesso col la sua ragazza può essere letto come un momento di autoironia. Tra i dialoghi si sente anche una certa presenza delle battute alla Woody Allen quando girava i primi films (qui omaggiati). Introspezione, autoanalisi, indifferenza, insicurezza, vivacità nascosta, ironia sono qui come là.

Brave le attrici, essenziale la cura scenotecnica, luci frontali e amovibili, musica di sottofondo stile fado portoghese. 

Ok – anzi non ok. Forse vedere la seconda parte di una trilogia senza la prima e la terza toglie interesse per l’operazione. Lo straniamento non aiuta il coinvolgimento emotivo dello spettatore.

LUIGI RINALDI

CREDITS

Drammaturgia e Regia Liv Ferracchiati

con (in ordine alfabetico) Liv Ferracchiati, Francesca Gatto, Chiara Leoncini, Livia Rossi

Aiuto Regia Piera Mungiguerra

Scene Giuseppe Stellato

Costumi Laura Dondi

Luci Emiliano Austeri

Suono Spallarossa

Centro Teatrale Mamimò

In collaborazione con Marche Teatro, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

RE CHICCHINELLA – EMMA DANTE

LA CORPORALITÀ DELLE PAROLE

Una fiaba scritta nel Seicento  tratta da Lo cunto de li cunti  di Giambattista Basile: La Papera, che racconta appunto di una papera che caca scudi d’oro con un’architettura di personaggi, come dice Emma Dante, dove il re non è il vero protagonista, ma l’avidità e l’invidia. Emma Dante riscrive la fiaba dando centralità al re che è un emarginato, un uomo profondamente solo e alla famiglia che vive a corte, una famiglia ipocrita che fa finta di prendersi cura di lui ma che in realtà vuole solo il suo potere e le sue uova d’oro.

Continua la lettura di RE CHICCHINELLA – EMMA DANTE