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Pinocchio dei balocchi – Progetto LART

Il progetto MaldiPalco realizzato da Tangram Teatro si pone come obiettivo quello di creare uno spazio dove giovani attori possano esibirsi accanto a volti noti del teatro italiano (nell’edizione del 2017 appena conclusa possiamo citare i nomi di Saverio La Ruina, Mariangela Gualtieri e Ilaria Drago). Un’importante occasione che vede tra i tanti protagonisti anche i giovanissimi di LART – Laboratorio Avanzato Ricerca Teatrale – allievi di Silvia Battaglio, che nei giorni 24, 25 e 26 ottobre hanno portato in scena Pinocchio dei balocchi liberamente ispirato al Pinocchio di Collodi.

Lo spazio è organizzato in modo semplice ed essenziale, in perfetto stile Silvia Battaglio che cura la regia: qualche sedia disposta ai lati e sul fondo del palcoscenico delimitano un centro lasciato vuoto per permettere i movimenti degli attori, che rimarranno sempre in scena. Pochi oggetti sono affidati direttamente ai personaggi: una fisarmonica per Lucignolo, un libricino dove il Grillo Parlante tenta di scrivere le sue poesie, un piccolo burattino di legno appeso al collo di Pinocchio, le immancabili monete d’oro e un ramo appena fiorito come bacchetta della bella Fata. Il racconto è suddiviso in scene che incominciano e terminano con un buio, come la divisione per capitoli di un libro. È un meccanismo tanto semplice quanto funzionale, reso ancora più efficace dal duplice effetto che restituisce a chi guarda: vediamo tanti quadri ben definiti e autonomi che però si incastrano e si amalgamano tra di loro, momenti singoli che ci presentano i personaggi con le loro vicende ma che con il loro susseguirsi danno vita alla storia.

Un inizio interessante ci sorprende quando la sala e il palco sono ancora immersi nel buio: gli otto attori arrivano dalla platea, ciascuno dotato di un cappellino di carta colorato, si dispongono al centro del palco a formare un cerchio con le spalle rivolte verso il pubblico e cominciano a parlare. Il vociare è fitto e un po’ confusionario come quando ci si trova in una stanza affollata e le persone parlano tra di loro contemporaneamente, ogni tanto si distingue qualche frase. Poi il cerchio si apre e troviamo seduto al centro Pinocchio dall’aria un po’ spaesata. Subito viene avvicinato da Mangiafuoco e dalla Fata, pronti a prendersi cura di lui a patto che rispetti tre regole fondamentali: non dire mai bugie, andare a scuola e prendere la medicina. Solo così potrà diventare un adulto sano e responsabile. Ma questi due strani personaggi che si improvvisano genitori non sembrano molto affiatati e non sembrano voler collaborare per il bene di Pinocchio, ci ricordano piuttosto una delle tante famiglie dove mamma e papà sono in perenne conflitto e si contendono l’amore dei figli. Ed è in questo clima di rivalità e di tensione tipici del mondo degli adulti che Pinocchio comincia il suo viaggio per diventare grande, un viaggio già di per sé difficile reso ancora più arduo dai vari incontri che si presentano sul suo cammino, molti dei quali restano fedeli alla fiaba che tutti noi conosciamo. Pinocchio vorrebbe andare a scuola ma viene attratto dal richiamo irresistibile della musica del teatrino dei burattini di Mangiafuoco, e cerca disperatamente le quattro monete d’oro di cui ha bisogno per poter entrare a vedere lo spettacolo. Poi, stanco per aver corso troppo, si rifiuta di prendere la medicina perché troppo amara. La Fata cerca di convincerlo porgendogli prima due caramelle per rendere l’intruglio più dolce ma il burattino si rifiuta ancora, così decide di lasciarlo solo e gli dice che se continuerà con quell’atteggiamento presto farà una brutta fine. Subito dopo infatti, gli fa visita la Morte in persona: Pinocchio si spaventa tantissimo e alla fine decide di bere la tanto odiata medicina. Non può mancare un altro famoso incontro, quello con il Gatto e la Volpe, i due astuti ladri che con la promessa di far moltiplicare le sue monete d’oro lo derubano di tutto e lo abbandonano mentre ridono di lui.

Ma Pinocchio non cede alla tentazione di seguire il Gatto e la Volpe per pura avidità o interesse personale: quando chiude gli occhi e stringe forte i pugni dopo aver sotterrato le monete e aver detto la formula magica, pensa solo al suo babbo e a quanto sarebbe stato fiero di lui. Pensa alla bella casa che si sarebbero potuti finalmente comprare e a tutto il buon cibo che non avevano mai avuto. Anche quando entra nel teatrino di Mangiafuoco invece di andare a scuola non ha pensieri cattivi, vuole semplicemente giocare e divertirsi come tutti i bambini hanno diritto di fare. Pinocchio è famoso per essere un birbante e un combinaguai, ma in realtà quello che vediamo è un burattino simpatico e ingenuo che ci fa molta tenerezza, circondato com’è da personaggi che gli dicono cosa deve e non deve fare, personaggi che lo riempiono di consigli ed avvertimenti che però lui non riesce a seguire.

Insieme a questi episodi famigliari troviamo poi una serie di invenzioni originali, che fanno di questo spettacolo una riscrittura interessante e singolare. Scopriamo che la Fata e il Grillo Parlante sono sorella e fratello, pronti a difendersi l’un l’altro contro le accuse e le beffe di Lucignolo, per il quale la Fata prova un’evidente attrazione. A sua volta, la Fata è oggetto del desiderio di Mangiafuoco, che tempo prima l’aveva presa a lavorare nel suo teatrino proprio perché infatuato di lei. I rapporti tra i personaggi non sono gli unici elementi di novità, ma quello che ci colpisce realmente è la costruzione dei personaggi stessi, una costruzione profonda, molto interessante e diversa dal solito. Il Grillo Parlante, figlio di un nobile, oltre che dispensare saggi consigli è anche un poeta, o meglio cerca disperatamente di diventarlo, ma proprio non riesce e scrivere niente di originale. Lucignolo lo schernisce per questo, lo sfida a fargli ascoltare qualcosa che ha scritto di suo pugno, e quando il Grillo esordisce con un “tanto gentile e tanto onesta pare”, il ragazzo scoppia in una risata dicendo che tutti conoscono quel sonetto e che sicuramente non è stato il Grillo a comporlo. Il Grillo si difende come può, poi confessa tutta la sua frustrazione e la sua solitudine: chi, dei tanti personaggi presenti in quella storia, lo ha mai amato sul serio? Come potrebbe mai scrivere delle poesie se non ha nessuno che gli stia a cuore e a cui poter dedicare la sua arte? Solo sua sorella, la Fata, sembra interessarsi a lui. Ma anche lei nasconde un doloroso segreto, e anche questa volta è Lucignolo che la punzecchia fino a farla confessare. “Fai una magia”, la sfida, “una magia che faccia accadere un cambiamento vero”. Ma la Fata non è capace, non sa fare le magie, anche se nella magia crede fermamente. E che cosa sa fare questa Fata, se non è in grado di compiere incantesimi? “Sa affascinare, sa ammaliare, sa ballare, sa baciare, sa accarezzare”, canta senza scrupoli Lucignolo, mentre lei si stringe in un angolo, offesa e mortificata, e lentamente spezza con le dita il ramo appena fiorito che ha per bacchetta. Arriva Mangiafuoco, che la muove e la fa danzare come fosse una bambola inerme, poi la prende dolcemente tra le braccia e la culla, raccontandole di come la prima volta che l’aveva conosciuta, subito l’avesse desiderata tutta per sé. “Ora è tempo dello spettacolo”, le dice mentre le asciuga una lacrima, “devi farti bella”.   

Ed è così che vediamo personaggi che nell’immaginario comune si identificano come positivi e forti diventare inaspettatamente insicuri, pieni di paure e di segreti che li tormentano. Personaggi spesso visti come negativi e privi di sentimenti, invece, si riscoprono sorprendentemente belli e nobili, a modo loro. E noi? Noi non dobbiamo far altro che aprire un po’ la mente e il cuore per far spazio a questi piccoli cambiamenti e accogliere prospettive nuove.

Sono questi personaggi così complessi e così fragili che ci commuovono, che rendono umano e vero questo racconto incantato. Personaggi che disegnano un quadro curato e ben definito, un insieme omogeneo fatto di tante piccole caratteristiche differenti. Ognuno ha la propria personalità, il proprio modo di camminare, di parlare, di porsi in relazione con gli altri, il tutto inserito in una cornice che sa di magia ma anche di tanta realtà: la storia di Pinocchio, burattino che voleva diventare un bambino vero e poi un adulto responsabile, ma che non sapeva bene come fare.

Eleonora Monticone

fotografie di Roberta Savian

 

Pinocchio dei balocchi

Riscrittura liberamente ispirata a “Pinocchio” di Carlo Collodi

Regia, coreografie e drammaturgia di Silvia Battaglio

Progetto LART: Alessandra Minchillo, Giulia Madau, Greta Fanelli, Francesca Gallo, Lorenzo Paladini, Luca Molinari, Luca Manero, Federico Rinaudi

Produzione Biancateatro/Progetto LART

in collaborazione con Tangram Teatro, Fondazione Sandretto Rebaudengo e liceo scientifico Ettore Majorana