IL CROGIUOLO – FILIPPO DINI

Degenerazione dell’essere umano davanti alla tragedia

Out of the blue – e così di punto in bianco, quasi d’improvviso, entriamo a gamba tesa all’interno della nuova stagione teatrale 2022-2023 del Teatro Stabile di Torino con il suo primo spettacolo in cartellone al teatro Carignano fino al 23 ottobre: Il Crogiuolo di Arthur Miller. Il testo, intrinseco di potenza e importanti significati politici, soprattutto in Italia è stato poco rappresentato. Gli unici predecessori di Filippo Dini sono stati Luchino Visconti e Sandro Bolchi; fatto che può essere fonte di riflessione e che può dire molto sul paese in cui viviamo e sulle sue radici politiche e sociali. Infatti, il Crogiuolo, sia quello di Miller, con la caccia alle streghe e il maccartismo, che quello di Dini, con l’estremizzazione del sogno americano e l’adorazione di un potere superiore eccessivo, si caratterizza per la denuncia del fanatismo.

La messa in scena di Dini è tradizionale, con un’attenzione particolare al testo e ai luoghi della vicenda originali, senza però risultare troppo monotona. In ogni caso, la decisione registica di usare anche la platea come luogo di incontro tra attori e pubblico amalgama meglio la storia originale con quella dei giorni nostri e risveglia un po’ gli animi assopiti. La scenografia di Nicolas Bovey, dal canto suo, aiuta in questa immersione totale nel mondo delle streghe mostrandoci come anche le pareti, all’interno di questa città tormentata, siano mutevoli e voltafaccia.

Sembra quasi che con il loro ruotare si voglia alludere alla volubilità umana, oltre che permettere a questo labirinto di case e pareti di mostrarci i vari luoghi. Peccato però che durante alcuni quadri queste stesse pareti ci chiudano leggermente la visuale, impedendoci di vedere esattamente cosa succede se lo spettatore non si trova esattamente al centro della sala. La scelta della botola, invece, sembra essere solo funzionale, senza nessun particolare significato metaforico.

Numerosi sono gli elementi scenografici e anche musicali che rimandano all’America, prima potente e poi a mano a mano distrutta; dall’inno nazionale, all’enorme bandiera americana, prima irraggiungibile dal popolo di Salem e poi calpestata e usata come riparo dalle ragazze nel momento dell’accusa finale, fino alla colonna sonora di Apocalypse Now “The end”, che ci accompagna a più riprese durante lo spettacolo per preparaci alla crudeltà del cuore di tenebra degli uomini; e infine, concludere tutti in fila con House of rising sun come soldati davanti a una sorta di monito per il futuro, un grido disperato di umanità e paura della guerra e del domani che ormai noi conosciamo come troppo vicino.

Well, there is a house in New Orleans
They call the Rising Sun
And it’s been the ruin of many a poor boy
And God I know I’m one

Ma del resto, Miller scrivendo il testo ci ammonisce: “il mondo è fuori dai binari” dice infatti Jonh Proctor, interpretato in modo convincente da Filippo Dini. Questa frase, già formulata in Amleto con “il tempo è fuori sesto” e in Zio Vanja con “la vita è uscita dai binari”, era tanto vera all’epoca delle varie vicende quanto ora. Bombardati da troppe notizie sia vere che false, ora noi rischiamo di trovarci con pochi veri punti di riferimento, spaventati dalla conoscenza e dal diverso, proprio come i personaggi di questo dramma che usano come capro espiatorio la scoperta della femminilità per riversare i loro problemi e il loro odio sugli altri.

Tituba, interpretata dall’attrice francese Fatou Malsert, sarà la prima a perdere la vita senza un processo, solo perché la sua cultura non è conosciuta dagli abitanti di Salem. Infatti, è proprio lei che canterà della degenerazione dell’essere umano davanti alla tragedia.

Dal punto di vista recitativo, oltre agli attori già citati, un plauso va sicuramente a Fulvio Pepe e Nicola Pannelli, rispettivamente il reverendo Hale e il vicegovernatore Danforth, che sono riusciti a tenere testa alla personalità molto forte di Filippo Dini, rendendo la scena dinamica e combattiva e creando questo rapporto di potere che oscilla da un polo all’altro. Fulvio Pepe, inoltre, è riuscito a restituire l’evoluzione di un personaggio molto complesso, che parte come pseudo cattivo per finire come colui che ha capito l’inganno e vuole cercare di aggirarlo. In generale, tutti gli attori sono sembrati convincenti ed emozionanti, con particolare impegno e accuratezza nelle scene corali, ben dirette e organizzate.

da destra Gloria Carovana, Andrea Di Casa, Gennaro di Biase, Fulvio Pepe, Pierluigi Corallo

L’unico appunto, forse, è sulle “bambine”, che a volte risultano troppo su di giri per essere credibili. Ma forse è proprio questo il punto: le loro reazioni sono talmente surreali che nessuno avrebbe potuto crederci, se non qualcuno che avesse tratto qualche tipo di beneficio dalle loro accuse infondate. Durante l’incontro di Retroscena con la compagnia di mercoledì 12 ottobre, poi, è stato detto che il personaggio di Abigail, Virginia Campolucci, non fosse totalmente negativo, ma vittima degli eventi. In effetti, se si pensa che la ragazza dovrebbe avere solo 17 anni nella vicenda, e 12 nei fatti realmente accaduti, ciò può avere senso. Nello spettacolo, però, ci viene presentata una doppia Abigail: la prima è davvero vittima degli eventi e costretta a parlare per salvarsi, la seconda, invece, è la carnefice. E anche se durante l’incontro con la compagnia si è sottolineato molto quanto la colpa sia anche di John Proctor, quello che trapela dallo spettacolo, per quanto riguarda questo punto di vista, è semplicemente che Abigail fosse una manipolatrice e Proctor un brav’uomo senza colpe che andava a morire per un giusto ideale.

Nel complesso, questo progetto presenta molti elementi ricorrenti delle opere che Filippo Dini ha diretto negli ultimi anni. La sedia a rotelle e il microfono, presenti nel Così è (se vi pare) del 2018; l’impiccagione e l’adulterio, ripresi da Ghiaccio del 2022. Come se il regista avesse un filo conduttore personale che lega ogni singolo progetto artistico che crea. Ma del resto questo è molto comune nel mondo dell’arte, dietro ogni singola storia c’è un bagaglio culturale che la precede e la compone per creare un grande intreccio che ci permette di analizzare al meglio i singoli artisti. Di grande importanza, infine, è analizzare come si è aperta la Stagione dello stabile di Torino di quest’anno. Infatti, a fianco de Il Crogiuolo, al Teatro Gobetti ha debuttato lo spettacolo Dulan la Sposa con la regia di Valerio Binasco. Questi lavori sembrano essere connessi tra loro, perché toccano i temi dell’adulterio, del razzismo e del femminicidio. Quest’ultimo tema è, forse, il più degno di nota se si guarda il panorama contemporaneo, e se si pensa che in entrambi i casi vengono ammazzate due ragazze di colore. Che sia stato fatto volutamente o meno, questo è un segno di denuncia per qualcosa che non deve essere più ammesso nella nostra società, ma che purtroppo avviene ancora. Sono state donne ad accusare e a fare morire altre donne, nel testo di Miller, e ora, ai nostri giorni, un potere femminile sta cercando di nuovo di privare altre donne della loro femminilità e dei loro diritti sui loro corpi, per cui, come ci insegna Il Crogiuolo, l’importante è parlarne, leggere di questi argomenti, discutere, lottare, in modo tale da non permettere che altri facciano quello che molti hanno già fatto e di non passare la vita nel peccato e nell’infelicità nella casa del sole nascente. (da House of the rising sun)

Erica Argiolu

di Arthur Miller

traduzione Masolino d’Amico

con (ordine alfabetico) Virginia Campolucci, Gloria Carovana, Pierluigi Corallo, Gennaro Di Biase, Andrea Di Casa, Filippo Dini, Didì Garbaccio Bogin, Paolo Giangrasso, Fatou Malsert, Manuela Mandracchia, Nicola Pannelli, Fulvio Pepe, Valentina Spaletta Tavella, Caterina Tieghi, Aleph Viola

regia Filippo Dini

scene Nicolas Bovey

costumi Alessio Rosati

luci Pasquale Mari

musiche Aleph Viola

collaborazione coreografica Caterina Basso

aiuto regia Carlo Orlando

assistente scene Francesca Sgariboldi

assistente costumi Veronica Pattuelli

Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

Teatro Stabile di Bolzano

Teatro di Napoli – Teatro Nazionale

In accordo con Arcadia & Ricono Ltd

per gentile concessione di ICM partners c/o ICM Partners c/o Concord

Theatricals Corporation

con il sostegno di Fondazione CRT

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