C’era una volta Pinocchio

C’era una volta Carmelo Bene, poi Comencini e infine Latella. Antonio Latella e il suo Pinocchio, andato in scena dal 29/11 al 3/12 al Teatro Carignano, una produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa.
Ad accoglierci una scena completamente aperta, col fondo palco a vista e le casse in alto che fanno parte della scenografia, tipico di Latella. Oltre a questo, alcuni elementi che scopriremo più tardi l’utilizzo e un tavolo, sotto il quale si intravedono le gambe incrociate di un personaggio che mima con le mani tutto quello che succede prima di fare il suo ingresso in scena: il futuro Pinocchio, Christian La Rosa.
La storia la conosciamo tutti: il Burattino magico che diventa Bambino. Latella però  non ci mostra la versione che tutti da bambini abbiamo ascoltato. Piuttosto, lavora su Collodi e la sua vita, sulla perdita della sua bambina, sul dover far resuscitare Pinocchio per la stessa ragione capitata a Sir Arthur Conan Doyle con i suo Sherlock Holmes.

Un lavoro eccellente che vediamo sui personaggi interpretati da Anna Coppola, nelle parti della  Fata, di Mastro Ciliegia e del Tonno, tutti personaggi che Latella appunto lega insieme, considerando Ciliegia e il Tonno come “maschere” della “Fata”.  Infatti, sentiamo gridare dalla fata, che è lei ad aver dato quel pezzo di legno a Geppetto, ed è lo stesso Pinocchio a riconoscerla nella veste di Tonno. Un  lavoro espressivo di grande complessità che Coppola ha saputo affrontare magistralmente, passando molto velocemente da un vecchio a una bambina ad una mamma ad un tonno “filosofo” che da lezioni di vita.

Un Pinocchio dove il burattino diventa uomo e non bambino. Questo Pinocchio e questo Geppetto in realtà sono in  simbiosi,  tanto che spesso   i personaggi recitano  insieme o si scambiano le battute, proprio per esplicitare questo legame (Latella lo sottolinea anche mettendoli sempre in scena insieme). E’ un legame tra padre e figlio che tante volte può distruggere. Sappiamo che quello del rapporto padri/figli è un tema  caro a Latella, già declinato  nella sua versione di Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo,  dove è il figlio ad uccidere il padre per pietà. Qui, parallelamente, un Pinocchio adulto alla fine chiede al padre di ragionare e di non comportarsi da Bambino.

Ad attirare la mia attenzione è stato un elemento della scenografia: la “nevicata” di trucioli di legno che scende dall’alto per quasi tutto lo spettacolo. Latella ricrea l’ambiente  di una falegnameria e il caos creato dai trucioli che vengono lanciati dalla sega quando taglia il legno, ma allo stesso tempo tale nevicata crea un fortissimo senso di solitudine ed un freddo interiore, che paradossalmente è accostato a un elemento caldo come il legno.
Questa nevicata si interrompe solo in due momenti dello spettacolo. Il primo è una “stasi” metateatrale, quando Massimiliano Speziani, in quel momento nella parte di Mangiafuoco (l’attore  interpreta anche Geppetto, il Giudice e il padrone del Circo), parla del ruolo che hanno gli attori nella società odierna. Il secondo momento è quando Pinocchio si rende conto di essere non un  bambino, ma  una cosa, un oggetto.

Notevole è il lavoro scenico del protagonista Christian La Rosa.
Lo vediamo compiere uno sforzo gigantesco per tutto il primo tempo: non semplicemente un burattino, ma un condensato di mille stimoli e suggestioni diverse.  Un’energia davvero esplosiva che l’attore riesce a tenere per tutti i circa 90′ minuti della prima parte, gestendo un costume “difficile”:  protezioni per gomiti e ginocchia, ma soprattutto un tronco in resina legato al petto del peso di 2,50 kg,  che lo blocca nei movimenti e che ha reso necessario un allenamento particolare. Soprattutto per quel che concerne la respirazione, in questo caso non appoggiata sul diaframma, come ha raccontato La Rosa nell’incontro con gli studenti del corso di “Tecniche di regia teatrale” del DAMS. Ma anche la seconda parte  non è da meno sul piano energetico e creativo.  Lucignolo, per esempio, è un lato della personalità di Pinocchio, una sua ulteriore declinazione, che La Rosa realizza  cambiando voce.  Segnalo, infine, il momento particolarmente intenso quando Pinocchio  si avvia per la seconda volta verso la morte nelle sembianze di un ciuco.

Uno spettacolo potentissimo, carico di suggestioni letterarie e di dettagli  dell’originale collodiano:  dal voler camminare verso la morte citando la frase “Per me si va” che allude all’Inferno di Dante, detta da tutti gli interpreti, al giudice che ha muso e fattezze di scimmia.

Latella decide di sottolineare la fame costante in tutti i modi possibili,  arrivando addirittura a togliere l’unico momento della storia dove Pinocchio mangia. La fame  esploderà  con l’arrivo al paese dei balocchi.  Qui il regista decide di collocare un momento di totale “caos”, suo elemento caratteristico. Pinocchio inizia quindi a buttare fuori tutto l’odio e la rabbia che prova fino al culmine:  “Mi avete fatto lo stomaco e non il buco del culo!”.  Un’esplosione dovuta a troppi contrasti incarnati semplicemente da un burattino, o nel caso che ci fa intendere Latella, semplicemente da un bambino, che è costretto a vivere per un capriccio e che poi ne porterà i segni, pagando con la sua stessa vita, sacrificata ad accudire il padre e a diventare adulto, non godendosi l’infanzia da bambino vero.

Elisa Mina

Pinocchio
da Carlo Goldoni,
drammaturgia Antonio Latella, Federico Bellini, Linda Dalisi.
Regia  Antonio Latella.
Con Christian La Rosa – Pinocchio
Massimiliano Speziani – Geppetto, Mangiafuoco, Giudice, Pescatore verde, Padrone del Circo
Michele Andrei – Arlecchino, Gatto, Padrone del Carro
Anna Coppola – Fata, Mastro Ciliegia, Donnina, Tonno
Stefano Languini – Pulcinella, Volpe
Fabio Pasquini – Grillo
Matteo Pennese – Musico
Marta Pizzigallo – Colombina, Pulcino, Merlo, Ostessa, Grosso Colombo, Lumaca

Scene Giuseppe Stellato
Costumi Graziella Pepe
Luci Simone De Angelis
Musiche e suono Franco Visioli

Una produzione Piccolo Teatro Di Milano – Teatro D’Europa

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