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Laboratorio “Luci sulle Albe” – Ermanna Montanari e Marco Martinelli

“Io sono noi”

“Voi siete come asini, con orecchie grandi per ascoltare” . Ermanna Montanari

Noi, forti, testardi, instancabili animali da palcoscenico.

In un’incredibile unione collettiva, si sviluppa il laboratorio con Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino dal 23 al 25 novembre. Definito da loro stessi un teatro alchemico, il loro percorso artistico ha l’obiettivo di rendere capace ognuno di noi di guardarsi dentro attraverso l’arte del teatro, superando limiti e confini, guidati da quella innocente selvatichezza, di cui il dio Dioniso si fa portatore. Dedicato a quest’ultimo è ogni laboratorio, la sua presenza aleggia nell’aria con una potenza percepibile, nel tentativo, chissà, di guidare ogni persona persa in sé stessa, verso la strada migliore, partendo dal teatro delle origini.  Disposte in cerchio, più di quaranta persone formano un coro perfetto, il corifeo, Marco Martinelli è al centro del coro, davanti ai nostri occhi. Un teatro dalle connotazioni rituali, il timore e la pudicizia frenano i nostri istinti, il corifeo però, come fosse l’incarnazione di Dioniso stesso, ci libera e diveniamo d’improvviso satiri. Vige una sola regola, seguire tutto ciò che il corifeo fa e dice; è vietato pensare, bisogna agire e lasciarsi trasportare, come acqua dalla corrente. Mi sento intorno ad un focolare, le nostre anime bruciano, quelle che all’inizio erano piccole scintille, ora diventano fiamme alimentate dall’ossigeno dei nostri respiri. Le nostre voci riecheggiano in tutta la sala perdendosi l’una nell’altra e diventando una voce soltanto, quella del coro. Inizia il canto. 

     Tutte le cose sotto della luna,

     L’alta ricchezza, e’ regni della terra,

     Son sottoposti a voglia di Fortuna:

     Lei la porta apre de improviso e serra,

     E quando più par bianca, divien bruna;

     Ma più se mostra a caso della guerra

     Instabile, voltante e roïnosa,

     E più fallace che alcuna altra cosa;

Orlando innamorato (1483)

Libro primo

Canto decimosesto

Cantati in ottave, questi versi si trasformano in un inno solenne, l’aurea della fede travolge tutta la stanza, ognuno di noi ci crede, per la prima volta la mia persona si esaurisce in un’altra, non ci sono errori, giudizi, formalità. Siamo tutti umani fatti di docili e aggressivi istinti, controllati solo dall’immenso rispetto che nutriamo l’uno per l’altra. Sconfiggere le proprie paure è la prova più difficile che esista, ognuno di noi, in quel cerchio ha vinto sé stesso per rendere libero qualcun altro. << Vedete, voi quando siete a Teatro, dovete far in modo che il pubblico si senta in questo cerchio con voi, anche se fisicamente siete rivolti verso di loro>> con queste parole Marco Martinelli, ci insegna il segreto più profondo del Teatro delle Albe ovvero il gruppo, l’inclusione, la collettività << io sono noi>>, motto inciso a fuoco sulla pelle di qualsiasi persona abbia lavorato con loro.  Nella vita siamo individualmente attori di ogni nostra scelta, il palcoscenico diventa qualsiasi centimetro di terra calpestato da noi stessi, solo che , nella brama di essere riconosciuti come “migliori attori”, ci dimentichiamo che le costellazioni sono fatte di tante stelle che brillano insieme. Ermanna Montanari e Marco Martinelli, stelle polari e genitori di un teatro governato da una apollinea selvatichezza, ci hanno regalato con questo laboratorio il potere di governare noi stessi, nelle emozioni, negli istinti, nella carne e soprattutto nella voce. Ho cantato il mio nome e quello di tutti coloro che componevano il cerchio, la nostra identità urlata a gran voce poteva essere stonata o intonata, l’importante era che fosse gridata senza paura e con fierezza. Usciti da quelle quattro mura il cuore esplodeva per poi richiudersi in sé stesso, proteggendo tutta la bellezza di quel 23 novembre. Il giorno dopo, stuzzicati dalla curiosità e brulicanti di adrenalina, abbiamo svolto, tutti e quaranta i  “giochi” dettati dal corifeo: << ora, come vi sentite, dovete fare il verso di un animale ed un gesto per accompagnarlo>>, alcune risatine, talvolta di imbarazzo accompagnavano le performances, che tuttavia alternavano serenità e tensione, tutti eravamo coro, tutti eravamo corifei : <<tutte le voci che abbiamo fatto fino ad ora, vi appartengono, ogni vibrazione, suono e tonalità, si perchè voi non siete solo la vostra voce di conversazione, quella che usate tutti i giorni, voi, siete molto di più>>.  Noi siamo molto di più, di tutto ciò che c’è fuori e che ci costringe ad essere in qualche modo diversi dalla nostra vera natura, tra quelle mura siamo liberi da ogni coercizione, possiamo lasciarci travolgere da tutto ciò, che fino ad allora, siamo stati costretti a controllare. I versi, i canti, i balli e i movimenti sciolti, vengono improvvisamente sostituiti da parole, cade il silenzio, versi di poesia vengono letti ed assegnati ad anime affini, ognuno di noi si affanna, seppur con un po’ di timore, cercando di accaparrarsi la poesia che possa valorizzare la vibrazione e la profondità delle nostre corde vocali, ormai allenate, come i polpacci di un calciatore. Tutti hanno un posto, tutti hanno Voce ed ognuno di noi è la voce del compagno, i “giochi” svolti fino ad allora, iniziano ad unirsi come tessere di un puzzle, sotto l’occhio consapevole di Marco Martinelli. Così, disinvolti, divertiti e colmi di emozioni, diventiamo uno spettacolo, Lo spettacolo. Le nostre voci fanno tremare le mura, i nostri sguardi gelano chiunque ci guardi, le nostre carezze riscaldano chiunque ne venga a contatto, i nostri respiri, affaticati, non ci impediscono di ridere, perché siamo liberi, perché siamo felici, perché non siamo soli. Lacrime. Il 25 di novembre è l’ultimo giorno, incomincia lo spettacolo, conosco le poesie di tutti i miei compagni, perché la loro voce è la mia, il nostro corpo a servizio della nostra anima, commuove chi ci guarda. È forte lo so, le nostre voci insieme sono incredibili, sembrano poter muovere il mondo, i miei errori sono gli errori degli altri, dei miei compagni che non mi giudicano ma mi seguono e mi appoggiano rendendo tutto perfetto. Giorgia, Tommy, Alessio, Dario, Flora, Eugenio, Norman, Sia, Alessandra, Sofia, tutti voi, tutti gli altri, eravate solo dei volti che il 25 novembre sono diventati famiglia. Lo sguardo dolce e severo di Ermanna Montanari osservava e imparava per poi intervenire e mutare, come bachi, i bruchi in farfalle. Abbiamo imparato a volare e potremo farlo altre mille volte. Lo spettacolo finisce, con un ballo, una danza rituale che porti fortuna e protegga le nostre anime, inizia il Ballo di San Vito. 

Vecchi e giovani pizzicati, vecchi e giovani pizzicati

Dalla taranta, dalla taranta, dalla tarantolata

Cerchio che prude, cerchio che apre

Cerchio che spinge, cerchio che stringe

Cerchio che abbraccia e poi ti scaccia

Ho il ballo di San Vito e non mi passa

Ho il ballo di San Vito e non mi passa…

                   Vinicio Capossella

Non abbiamo il coraggio di salutarci, non può finire tutto questo, siamo artisticamente figli di professionisti nell’arte dell’anima, del teatro, siamo fratelli e sorelle poiché abbiamo avuto il privilegio di essere noi stessi. 

<<Ogni volta che entri in scena devi scavare il più possibile, per toccare l’anima del teatro>>  Ermanna Montanari

                                          Rossella Cutaia

progetto a cura di Armando PetriniMariapaola PieriniFederica Mazzocchi (Università di Torino, Dipartimento Studium, Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione, DAMS e CAM) 

in collaborazione con Albe / Ravenna TeatroFondazione Teatro Ragazzi e Giovani OnlusMuseo Nazionale del Cinema di Torino

comitato organizzatore: Fabio Acca (DFE), Leonardo Mancini (Studium), Federica Mazzocchi (DFE), Armando Petrini (Studium), Laura Piazza (Studium), Mariapaola Pierini (Studium), Elio Sacchi
(Studium), Matteo Tamborrino (Studium), Paola Zeni(Studium).

PASOLINACCI E PASOLINI – SERATA CONCLUSIVA DELLA RASSEGNA LUCI SULLE ALBE

C’è un paradosso che chi si accosta al teatro da studioso o da appassionato si trova ad affrontare. Da un lato il fatto teatrale è fragile: si potrebbe dire che muore, non già dopo il parto, ma durante, per mezzo del suo parto, e addirittura perché nasca è necessario il suo dissolversi. Non tollera una storicizzazione perché di sé non lascia che tracce labilissime, poche scie. Eppure, e qui arrivo al paradosso, gli artisti più interessanti sono quelli che non vivono il singolo lavoro come un unicum concluso in sé, che si dissolve, ma come un tassello di un mosaico molto grande che ingloba e si nutre di altri lavori teatrali, di letture, cinema arte e soprattutto esperienze di vita, così che ogni atto artistico logora sempre di più quel confine tra arte e vita, fino a farlo sparire. Anzi col proprio operato mettono l’accento a quella e di congiunzione che diventa copula.
Arte è vita.

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LUCI SULLE ALBE / TEATRO DELLE ALBE – MARTINELLI MONTANARI

La maieutica delle Albe – il dionisiaco degli «Asinelli zoppicanti»

Sono un idiota io?
Sono un cretino io?
Sono un asino io?
Sì, sono un asino
e non riesco
a non versare lacrime…

Da Siamo asini o pedanti? di Marco Martinelli, 1989.

«Cominciammo errando. Errare nel senso di cammino e di sbaglio».

Fin dalle prime epifanie teatrali, l’inciampo è Maestro nel cammino artistico di Ermanna Montanari e Marco Martinelli. Le Albe risalgono agli anni del loro incontro, un’alchimia che tutt’oggi vibra nel legame arte-vita che li unisce. L’ errare è quello di chi arde per la sapienza, degli «asinelli zoppiccanti» che abbracciano la sconfitta e germogliano dalle proprie ceneri: è la messa in vita – non la messa in scena – di un teatro eretico e inquieto in cui il fallimento è linfa per la ri-creazione. 

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Fedeli d’amore

Fedeli d’amore – Marco Martinelli/Ermanna Montanari

Al Teatro Astra è appena andato in scena Fedeli d’Amore, un “polittico in sette quadri” con la regia di Marco Martinelli e co-regia e interpretazione di Ermanna Montanari. Il polittico fa parte di un lavoro triennale dei due fondatori del Teatro delle Albe sul poeta de La Comedìa, che si concluderà nel 2021 con “Paradiso” – anno del settimo centenario della sua morte -.

In una fredda e nebbiosa alba ravennate del 1321, Dante Alighieri, in preda ad una febbre malarica, è assalito da visioni deliranti, sospeso fra la vita e la morte, fra l’inizio di una fine e una fine che non è una fine.

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