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THE MOUNTAIN – AGRUPACION SEÑOR SERRANO

“Buonasera, e benvenuti a The Mountain.” Si apre così l’ultimo lavoro della compagnia teatrale catalana Agrupación Señor Serrano, ospite al 26° Festival delle Colline Torinesi. Uno spettacolo teatrale a cavallo tra la performance multimediale e l’esperimento sociale, che dopo pochi istanti dall’inizio, dà il via al percorso che gli artisti propongono al pubblico: “Facciamo un esperimento”. Lo spettacolo si presenta come un viaggio alla scoperta dei meccanismi che definiscono vero o non vero un certo evento, una scalata sulla montagna della verità, alla cui vetta dovrebbe trovarsi la risposta che tutti cerchiamo. Ma è davvero questo il tema di fondo di The Mountain, il messaggio che la compagnia vuole portare al pubblico? Proviamo a dare una risposta procedendo per gradi.

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kingdom – agrupacion Señor serrano

Estamos bien!

Pablo Rosal prende il microfono, appoggiandosi ad una grande tavola. Lui e gli altri quattro uomini in scena, tutti dall’aria poco seria, a stento trattengono il riso. Sembrano trovarsi sotto ai riflettori quasi per caso, colti alla sprovvista. Eppure durante l’ingresso del pubblico in sala, quegli stralunati individui erano tranquillamente seduti sullo stesso tavolo, a proprio agio come nel salotto di casa, mentre osservavano la gente cercare il proprio posto.

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FDCT23 – Birdie

Melilla. Cittadina spagnola autonoma dal 1995 in territorio Africano, sulla costa orientale del Marocco. Cristiani spagnoli, musulmani, ebrei convivono senza scontri. Come amano passare il tempo libero gli abitanti? Praticando sport all’aperto. Fin qui tutto normale. La sua peculiarità? Una recinzione metallica molto alta che circonda la città, costruita per bloccare l’ingresso dei migranti che tentano di entrare. Ora non già poi così tanto normale. Piccolo paradiso elitario in cui non si è tutti uguali, dove un dio di pelle chiara ha deciso di tenere fuori dai confini di Schengen i cosiddetti Mori.

Stanno arrivando, stanno arrivando!

La compagnia catalana Agrupacion Senor Serrano mette in scena per il Festival Delle Colline Torinesi Birdie. Spettacolo non banale o comune sul tema dell’ immigrazione. Gli immigrati sono paragonati agli uccelli del film omonimo di Alfred Hitchcock: come essi fanno paura e stanno arrivando! Una Voice Over  fa da narratore, dividendo lo spettacolo in quattro atti e raccontando una tipica giornata di Melilla, una giornata come tutte le altre, e come al solito piena di contraddizioni. Quattro attori, due che usano una videocamera e una tavoletta elettronica da disegno, uno che li supporta al computer occupandosi degli spezzoni del film, della voce narrante e della proiezione della videocamera, la quarta attrice seduta immobile fino alla fine dello spettacolo, simboleggiando un migrante che sta seduto ore sulla recinzione e quando si sente pronto si desta e vola come un uccello. La videocamera filtra cartoline della città di Melilla, un campo da golf in miniatura e i veri protagonisti dello spettacolo, modellini di animali di ogni specie.

Gli uccelli ci vogliono ammazzare, mamma!

Basterebbe questa frase per descrivere lo spettacolo e quello che sta accadendo nella nostra società. Se negli anni novanta si è cominciato a chiudere le città, ad innalzare una barriera, non memori dell’altra barriera caduta pochi anni prima a Berlino, ora non si sono fatti passi avanti. Se da una parte la sensibilità, l’attenzione verso gli immigrati è aumentata anche in positivo, si cerca di aiutarli, dall’altra le persone li odiano sempre di più e ne hanno paura, un memento di questo i nuovi muri e i porti chiusi.

Non finiranno più queste migrazioni?

C’è una forte sensazione che le persone stiano diventando sempre di più individualiste, trincerate dietro a scuse banali e spesso false. Un misto di egoismo e disprezzo del prossimo che chiede solo aiuto. Probabilmente non si ci accorge sbadatamente, o non si piò capire che questa gentaglia che viene dal mare e non solo, ha sofferto l’inimmaginabile. Vedono al nostra terra come un paradiso, e sentendoci padroni di questo paradiso ne chiudiamo i cancelli, innalziamo barriere. Lo sbaglio razzista, oltre che nel diniego di un aiuto, sta nel non capire una possibilità di un arricchimento culturale oltre che demografico.

Inoltre, lo spettacolo ci vuole mostrare che siamo tutti uguali, un popolo migratore come gli uccelli. Dall’alba dei tempi fino ad oggi, animali e uomini hanno viaggiato per trovare un posto dove poter vivere bene, secondo i propri fabbisogni e piaceri. Un movimento continuo, di città in città per lavoro, sport, vacanze etc.

La voce narrante ci dice che a Melilla vive un fotografo e come ogni mattina va in città a fare fotografie. Fotografa un campo da golf in cui due persone stanno giocando, sullo sfondo la recinzione con uomini a cavalcioni, dei migranti e poco più in là un poliziotto. Una foto all’apparenza normale,  può avere diversi piani di lettura, se osservata correttamente. I punti di vista dei personaggi formano la sezione aurea dell’immagine, mostrandone la sua perfezione. La voce narrante inoltre ci dice cosa pensano le persone in quest’immagine, creando dei divertenti e curiosi soliloqui.

Giochi di luce colorata e fumo ci immergono in un mondo altro, un’atmosfera da creazione del mondo, poi avvallata da video di una pallina da golf che muovendosi velocemente si scuote  producendo vita o prefigurazione dello sballottamento degli esseri viventi nella loro migrazione eterna. Una lunga fila di modellini di animali, ripresi dalla videocamera, attraversano le diverse ere e stravolgimenti climatici, in cammino verso un futuro lontano che è il nostro presente: questa lunga migrazione terminerà con un mucchio di animali che si arrampica sulla barriera di Melilla. Quegli animali simboleggiano il viaggio dei migranti, il viaggio degli uomini. Un uccello dall’alto guarda cosa accade nella barriera e non capisce. Finalmente il migrante si desta e prende il volo.

Uno spettacolo molto riuscito, che ci presenta un tema molto caldo, in una luce tutta nuova, ma non per questo inefficace. Inoltre ci mostra l’insensatezza di avere paura e bloccare dei migranti, perché tutti noi siamo migranti. Hitchcock diceva  che gli uccelli del suo film non esistono ma sono solo proiezioni della paura di Melania Daniels. Come quegli uccelli sono innocui anche i migranti lo sono, ma qualche persona cala in loro paure e frustrazioni proprie derivate da altre situazioni. Capro espiatorio di una società sempre più globalizzata.

Al “prima gli italiani”, “american first”, ai nazionalismi, populismi  e tante altre forme di disinformazione raccapriccianti, dovremmo contrapporre il “prima la vita”, perché la vita e la terra sono di tutti e il diritto a stare in paradiso, se si può chiamare così, spetta anche ai popoli di altre nazionalità.

Emanuele Biganzoli

 

di Agrupación Señor Serrano
regia Agrupación Señor Serrano

ideazione Àlex Serrano, Pau Palacios e Ferran Dordal
performance Ferran Dordal, Vicenç Viaplana e David Muñiz
voce Simone Milsdochter
project manager Barbara Bloin
light design e programmazione video Alberto Barberá
colonna sonora Roger Costa Vendrell
creazioni video Vicenç Viaplana
modellini Saray Ledesma e Nuria Manzano
costumi Nuria Manzano
assistente di produzione Marta Baran
consulente scientifico Irene Lapuente / La Mandarina de Newton
consulente progettuale Víctor Molina
consulente legale Cristina Soler
management Art Republic
distribuzione in Italia Ilaria Mancia

in collaborazione con Piemonte dal Vivo