Tutti gli articoli di Marta Cavalliere

Tre modi per non morire

Teatro Carignano, giovedì 7 novembre 2024.

Tre modi per non morire di Toni Servillo, testo di Giuseppe Montesano.
Quasi tutte le date sono esaurite da giorni e c’è ancora pubblico in fila al botteghino speranzoso di trovare un biglietto.

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Grande è l’attesa per un un attore molto amato, alte le aspettative per lo spettacolo: il pubblico appare visivamente emozionato.

La scena è molto essenziale. Ad occuparla sono solamente uno sfondo monocolore, un leggio e un microfono.
La voce profonda e intensa di Toni Servillo unite alla sua grandissima presenza scenica raccontano un testo che si appoggia ad alcuni grandi scrittori (Dante, Baudelaire e i classici greci), per proporre una riflessione sulla contemporaneità.

Ne emerge una critica a tutto tondo al capitalismo, all’era digitale, alla velocità, alla società del successo e della performatività, all’egoismo, alla disparità sociale, alla guerra e all’incapacità di accettare la noia.
Nonostante il talento di Servillo, data la quantità e varietà di elementi e argomenti, risulta talvolta difficile mantenere l’attenzione per tutti i novanta minuti dello spettacolo e comprendere il focus centrale dell’opera al di fuori di una critica generale all’epoca contemporanea.

Forte è l’ammirazione per scritti e valori antichi e questo è evidenziato dalle numerose citazioni letterarie di Baudelaire, Dante, del Vangelo e dei classici greci accostate tra loro.
Il riferimento alla cultura classica appare condivisa col pubblico e forse prevale il tentativo di catturare l’attenzione dello spettatore, rafforzando un punto di vista positivo e nostalgico nei confronti dell’antichità, contrapposto alla società moderna e contemporanea.

Il sottofondo musicale, a tratti grave e profondo, immerge in una dimensione quasi evangelica.
Quando il ritmo cambia e diventa invece più incalzante si riesce ad eludere in parte la staticità, dovuta anche al carattere monologico della lettura scenica.
La riflessione su corpo e mente, natura e interiorità umana viene legata al mito della caverna di Platone e lo spettacolo si chiude dapprima con un arringa sul significato e sul valore della poesia e in seguito con un elogio della conoscenza , capace di mostrare la grandezza dell’uomo in
contrapposizione alla sua piccolezza fisica nel paragone col Mondo.

Lo spettacolo si chiude con una stoccata finale: la tecnologia distrae l’uomo moderno dalla curiosità e lo allontana quindi dalla conoscenza.
In una visione decisamente distante da quella appartenente alle nuove generazioni, la tecnologia viene vista prevalentemente come elemento disturbante e causa della mancanza di cultura e valori morali e non, invece, come semplice mezzo di comunicazione.
L’avanzamento del tempo e i cambiamenti della società ad esso legati sono osservati con diffidenza e disincanto.
I tempi passati, l’assenza di tecnologia e la cultura letteraria di un tempo vengono elogiati e mostrati come parte di una società in grado di funzionare meglio.

L’individualismo della società contemporanea contrapposto alla collettività dei tempi antichi si mostra come indice di egocentrismo. Con tono sprezzante, ma in grado di trasmettere chiaramente
il concetto, Servillo ripete più volte le parole “Io, me ed io” che risuonano come rintocchi di una campana e cercano di risvegliare dal torpore dell’accettazione.

Emerge un punto di vista che trova consenso all’interno di una fascia di pubblico più adulto ed è un probabile monito alle nuove generazioni.

Lo spettacolo appare come una sorta di lezione di letteratura, che necessita di tempo e riflessioni profonde per essere accolta nel modo più corretto, andando oltre tutti i pregiudizi, gli stereotipi e le
idealizzazioni.

Marta Cavalliere

CREDITI: di Giuseppe Montesano
con Toni Servillo
luci Claudio De Pace
Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
si ringrazia Agenzia Teatri
fotografia – Masiar Pasquali

PAGINA – lo spazio dell’immaginazione

Festival delle Colline Torinesi. Fondazione Merz. 1 e 2 novembre 2024. Giovanni Ortoleva e Valentina Picello danno origine a Pagina, spettacolo in cui le parole del libro di Italo Calvino Il cavaliere inesistente si fanno vive e tangibili.

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Attraversando un percorso nell’arte povera delle opere di Mario Merz si giunge in una piccola stanza adibita ad area di spettacolo. La scenografia è minimalista ed essenziale, costituita da luci di scena e un palcoscenico costituito da due assi bianche inclinate che, creando una conca nel mezzo, assumono l’aspetto di un libro. Il vociare delle persone che scema man mano al diminuire dell’illuminazione immerge in una dimensione teatrale intima e raccolta. Buio e Silenzio. Sul palco appare una piccola luce che ricorda una lampada da lettura che illumina il palco-libro. Con essa appare una figura che si muove attraverso le pagine bianche: si tratta di Suor Teodora, personaggio impersonato da Valentina Picello. Suor Teodora con le sue prime parole dà voce a riflessioni che nascono davanti a una finestra immaginaria. “Cos’è che ti sveglia? Un rumore o un pensiero?” questo è il quesito di base attraverso il quale si sviluppa lo spettacolo. Il valore delle parole e del silenzio, la forza del pensiero e dell’immaginazione sono i punti focali di quest’opera. Nelle troppe parole che emergono da una scrittura ansiosa può esserci una perdita di significato, nel silenzio, invece, si dà spazio al pensiero, in grado di dare consistenza all’immaginazione e arrivare all’essenza di tutto. Allo stesso modo la durata dello spettacolo, trenta minuti, è ridotta, ma non per questo l’opera risulta meno significativa. La pagina bianca non è solo difficoltà a scrivere ma spazio per poter immaginare e creare. Quasi in una dimensione onirica, lo spettacolo mostra come il pensiero, l’immaginazione e il sogno possano avere effetti tangibili sulla realtà. L’attrice, dotata di ottima presenza scenica, è in grado di creare un legame empatico con lo spettatore che, proprio come il cavaliere inesistente di Calvino, esiste perché sente e compartecipa all’esperienza teatrale. Microcosmo e macrocosmo sono legati da una riflessione esistenziale. Il mondo tangibile e il mondo delle idee trovano una sintesi nella realtà e il cavaliere inesistente “essendo tutto non è niente”, è in grado di essere e non essere nello stesso momento, di esistere pur essendo intangibile. Ambiente suggestivo e coinvolgente, attrice capace di trasmettere tutto anche senza dire niente. Un’aderenza al personaggio e all’autore capaci di rendere giustizia a un libro talvolta incompreso e sottovalutato rispetto agli altri capolavori di Calvino. Lo spettacolo è stato un piacevole viaggio introspettivo apparentemente leggero ma denso di significato.

Marta Cavalliere e Gabriele Da Campo,


di Giovanni Ortoleva e Riccardo Baudino

regia Giovanni Ortoleva

liberamente ispirato a “Il cavaliere inesistente” di Italo Calvino

con Valentina Picello

musiche Pietro Guarracino

movimenti a cura di Anna Manella

luci Davide Bellavia

produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse di Genova

fotografie Andrea Macchia

CENCI. RINASCIMENTO CONTEMPORANEO – PICCOLA COMPAGNIA DELLA MAGNOLIA

CENCI- rinascimento contemporaneo, tra passioni e crudeltà

Torino, 15 ottobre 24, ore 19:30. Teatro Gobetti – Festival delle Colline Torinesi: Cenci, rinascimento contemporaneo
Suoni stridenti, un motivetto rinascimentale risuona nel teatro.
Il racconto si avvia come eco e ricordo proveniente da una tomba.
Maschere fisiche e metaforiche danno inizio alla rappresentazione cupa e tragicomica ambientata a Villa Panfili nella Roma di fine Cinquecento.
Un’aria inquietante attraversa la platea, il gelo di una storia brutale sembra fermare il tempo e tenere tutti in sospeso.

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